Spy story love story




Recensione di Mara Cioffi

Autore: Nicolai Lilin

Editore: Einaudi

Pagine: 248

Genere: Thriller

Anno Pubblicazione: 2016

 

 

 

 

Quando ha commesso il suo primo omicidio Alësa era solo un bambino al quale la vita aveva già tolto tutto. Da quel giorno non si è pili fermato, e nel suo occhio è comparsa una macchia nera dentro la quale precipita poco a poco la realtà. Ha l’attitudine del cacciatore, vive solo, viaggia leggero, non scappa davanti a nulla. L’unica fuga che si concede sono le pagine dei grandi romanzi, il luogo in cui immaginare cosa si prova a essere davvero umani. Da anni lavora come killer al servizio di Rakov, adesso però vorrebbe dire basta, essere finalmente libero. Ma è proprio Rakov a fissare il prezzo di quella libertà: commettere un altro omicidio – l’ultimo -, a Milano. Una missione che sembrerebbe da principianti, e che invece lo costringerà a mettere in discussione tutte le sue regole: quelle del codice criminale e quelle che lui stesso si è imposto, coltivando una solitudine perfetta. Ad affiancarlo in quell’ultima missione ci sarà Ivan, per volere di Rakov. Un ragazzo che ha la faccia pulita, i modi impacciati, un talento naturale per fargli perdere le staffe e un’inscalfibile determinazione a conquistarsi la sua fiducia. Peccato che Alësa non si fidi di nessuno, nemmeno di se stesso.

 

 

Questo è stato il primo libro che ho letto di Nicolai Lilin, quindi, no, non ho letto Educazione siberiana e spero di farlo in un futuro non molto lontano, perché sono sempre rimasta affascinata dalla trama e mi incuriosisce anche il fatto che ne abbiano tratto un film, perciò, sì, darò una possibilità anche al suo primo lavoro.

Non sapevo esattamente cosa aspettarmi da questo romanzo, perché, diciamocelo, siamo tutti attratti da personalità conturbanti, misteriose, istintive e quindi quasi animalesche, ma siamo ancora di più attratti dall’idea che personaggi simili trovino una redenzione, riescano a espiare le loro colpe e a diventare un po’ più normali.
Questo è quello che una lettrice come me, che ama un personaggio come Hannibal Lecter, si aspettava da questo assassino che ha paura dei suoi sentimenti, del suo essere, in tutto e per tutto, un uomo e non un robot programmato per uccidere.

Inizialmente, le mie aspettative sono state deluse, perché il libro non scorreva bene come avrei immaginato, non c’erano grandi colpi di scena e le azioni degne di nota erano solo, appunto, degne di nota e basta, quasi un accessorio per il raggiungimento della fine del romanzo e nulla di più.

Forse mi ci è voluto più tempo del previsto per comprendere bene i personaggi di Lilin: Alësa che non vuole più lavorare come assassino pagato, che si culla nell’idea che i sentimenti non servano, ma allo stesso tempo sprofonda sempre di più in un buco nero che cambia le sue prospettive, le altera, gli lascia lo spazio per intraprendere un’azione di cui potrebbe andare fiero a conti fatti, ma contemporaneamente gli fa capire di aver commesso molti errori; Ivan, un giovane soldato che viene affiancato a Alësa per compiere l’ultima missione della sua carriera, destinato a imparare il più possibile di quel mestiere proprio da colui che ne è un maestro.

Con lui credo di essermi immedesimata molto di più, perché in fondo è il classico ragazzo a posto, che non penseresti mai possa compiere azioni malvagie, eppure, nascosto sotto il viso pulito e i vestiti in ordine, c’è un segreto più grande di lui, un qualcosa che chiede di essere vendicato, demoni troppo potenti da affrontare da solo; Rakov, il cattivo della situazione, quello da eliminare, il boss diventato politico che tronfio continua a esercitare il suo potere proprio nelle più alte sfere dello Stato russo, intoccabile e temuto.

Il romanzo si svolge a Milano e nonostante la città non venga raccontata, non venga descritta nei minimi particolari, sembra lo stesso di averla sotto gli occhi e per me che non l’ho mai vista, è stato davvero un valore aggiunto al romanzo, perché adoro vivere nel libro e lasciarmi trasportare nei luoghi dell’azione.
Trovo che lo stile di Lilin sia eccezionale per un autore di origine russa che scrive in italiano; curato anche nei minimi dettagli, a tratti aspro, a tratti violento, a volte persino ilare e quasi da film horror, questo libro è un piccolo gioiello per gli amanti del genere e anche per chi vuole uscire dai soliti schemi del thriller/giallo.
Lilin è sicuramente un autore da tenere d’occhio.

 

Nicolai Lilin


è uno scrittore russo, di origine siberiana, nato nel 1980 a Bender, in Transnistria (stato indipendente riconosciuto oggi come Repubblica Moldava, ma all’epoca facente parte dell’Unione Sovietica). Scrive in lingua italiana. Lilin è il suo pseudonimo, scelto in omaggio alla madre dell’autore, Lilia. In russo infatti Lilin significa “di Lilia”. Il suo vero nome, così come riportato all’anagrafe italiana, è Nicolai Verjbitkii.
 

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