NON È UN PAESE PER VECCHI





(di Federica Gaspari)


Chi legge il libro e chi guarda il film “ascolta” due storie diverse?

Federica cerca di rispondere a questa domanda per noi.
NON È UN PAESE PER VECCHI

(“Non è un paese per vecchi” Cormac McCarthy – 2005, pubblicato in Italia da Einaudi)

(“Non è un paese per vecchi” di Joel e Ethan Coen, con Tommy Lee Jones, Javier Bardem, Josh Brolin, Woody Harrelson, Kelly Macdonald, Garret Dillahunt e Barry Corbin – USA 2007)

 

 

 

Carta stampata e pellicola: due linguaggi estremamente diversi che tuttavia sanno essere incredibilmente affascinanti attraverso le loro peculiarità. Emozioni e riflessioni uniche scaturiscono dall’incontro tra i due mezzi narrativi e, mai come in questo caso, fanno letteralmente scintille.

Le strade di un illustre premio Pulitzer per la narrativa e di due tra i migliori narratori di Hollywood si incrociano nel desolato deserto texano cornice e protagonista della storia di Non è un paese per vecchi, thriller dalle moderne e cupe tinte western.

Risale al 2005 la prima pubblicazione del romanzo di Cormac McCarthy, rispettata e riservata penna statunitense capace di imprimere con l’inchiostro le complesse mutazioni – morali e non – della società. Un libro dalle molteplici sfumature decisamente complesso da rielaborare per un adattamento per il grande schermo. La sfida, tuttavia, è stata accettata e brillantemente superata dal consolidato duo dei fratelli Coen che hanno affrontato l’ambiziosa operazione in veste di registi, sceneggiatori e produttori.


DAL LIBRO AL FILM

Uno scenario desolato, un territorio abbandonato a se stesso, è il palcoscenico delle vite e avventure di un gruppo di personaggi singolari che tratteggiano uno scenario crudo e terribile degli anni Settanta a stelle e strisce. La storia segue, infatti, le vicende che vedono protagonista Llewelyn Moss, un reduce della guerra in Vietnam che si ritrova coinvolto in una violenta spirale di eventi. Durante la sua abituale battuta di caccia, l’uomo si ritrova sulla scena di un crimine, un regolamento di conti a base di soldi e droga finito male. Tra le evidenti tracce di violenza, individua una valigia contenente diversi milioni di dollari in contanti, e se ne impossessa.
Sulle tracce del denaro sporco, però, vi è anche il sanguinario e disumano killer Chigurh, disposto a tutto pur di portare a termine la sua missione.

 

I personaggi di questa insolita storia capace di attraversare con maestria più generi, riescono a catturare sin da subito l’attenzione, sia nella loro forma cartacea che nell’incarnazione cinematografica. Sul polveroso confine tra Texas e Messico i fratelli Coen schierano un talentuoso cast di attori di primo livello che interpreta al meglio le sfaccettate figure immaginate da McCarthy nel libro. I due registi e sceneggiatori statunitensi riescono ad arricchire ulteriormente personaggi complessi attraverso piccoli ma efficaci dettagli.

 

L’intera storia viene vista attraverso gli occhi dello sceriffo Ed Tom Bell (Tommy Lee Jones) che indaga sulla scia sanguinosa lasciata da Chigurh. Attraverso le sue parole e i suoi atteggiamenti emergono le sue riflessioni sullo scorrere del tempo, sui cambiamenti della società e dei valori, tematiche principali che nel romanzo vengono evidenziate dalle riflessioni in prima persona del personaggio.

 

 

 

 

 

 

 

Stanchezza, sconforto ed errori si intrecciano e si concretizzano nella desolazione dell’ambientazione e nelle spietate e folli azioni di Moss e Chigurh. Josh Brolin, in ottima forma, interpreta Moss, dando vita a un uomo consumato dai suoi desideri e dal suo passato che, impossessandosi della valigia, mette deliberatamente in pericolo la sua vita e quella delle persone a lui care.

Il vero centro dell’attenzione rimane però il magnetico killer, che ha il volto di uno strepitoso Javier Bardem, giustamente premiato con un Oscar per la sua performance. E’ privo di scrupoli, assurdamente spaventoso e lucidamente folle: il tocco in più, il lampo di genio dei Coen e dell’attore spagnolo risiede nella scelta di portare il personaggio al suo estremo, rimanendo maestosamente in bilico tra assurdo e crudele.

Come già ampiamente suggerito in precedenza, l’ambientazione gioca un ruolo fondamentale nella messa in scena di questo dramma. Le location desertiche, alternate ad angusti e sporchi locali chiusi, evidenziano la crisi di ideali dell’ambiente e degli esseri che lo abitano. La riflessione scaturita dal romanzo trova forma attraverso i paradossi dei personaggi, le contrapposizioni tra i credo di Bell e le azioni dell’impassibile Chigurh e i giochi di luce e colori delle ambientazioni supportate dalla valida e salda fotografia del fedele Roger Deakins.

 

Lo stile lineare di McCarthy, fortemente segnato da asciutti dialoghi privi di qualsiasi vezzo linguistico, trova un valido alter ego nella concreta sceneggiatura dei Coen che, non raramente, ricalca fedelmente gli scambi di battute tra i personaggi.

Con il passaggio sul grande schermo la storia non perde il suo fascino sinistro, anche se, inevitabilmente, perde alcune delle sue sfumature di interpretazione più che di significato.

Un libro e una pellicola indubbiamente capaci di innescare riflessioni rare che, da sole, valgono la lettura e la visione.

 di Federica Gaspari