Tragedia in casa Coe




Tragedia in casa Coe. The Kennel Murder Case, 1933

Recensione di Marina Morassut


Autore: S.S. Van Dine (alias Willard Huntington Wright)

Traduzione: Paola Artioli

Editore: Rusconi Libri SpA

Genere: Giallo

Pagine: 222

Anno di pubblicazione: 2019

 

 

 

 

 

 

 

Sinossi. In casa Coe è in corso una terribile tragedia: Archer, collezionista d’arte orientale, viene trovato morto nella propria stanza ermeticamente chiusa dall’interno. Non ci sono dubbi: si tratta di suicidio. Eppure non pochi, tra conoscenti, amici e servitù, nutrono dubbi in proposito. C’è qualcosa di strano, ma per fortuna Philo Vance è amico dei Coe.

 

Recensione

Sarebbe semplice e al contempo meraviglioso chiamare a raccolta i fans di Sherlock Holmes e di Mrs. Marple per far loro conoscere questo classico autore del Giallo deduttivo, posto che data la sua grande fama, non abbiano già letto tutto ciò che in Italia di suo sia stato tradotto, soprattutto i romanzi con protagonista il magnifico detective dilettante Philo Vance.

Tanto per circoscrivere epoca e genere usato, siamo negli anni tra il 1926 ed il 1939 e questo autore ha, almeno nei suoi primi romanzi gialli, preferito far uso del giallo deduttivo, quello cioè basato sulla risoluzione degli enigmi con l’uso della logica, anche se nel prosieguo della sua opera letteraria non ha disdegnato neppure l’uso della pura azione, seguendo le orme di Dashiell Hammett (pur dichiarando tutto il suo disprezzo per questo autore, che aveva osato scrivere una recensione sfavorevole nel 1925 sul suo primo romanzo “La strana morte del Sig. Benson”).

E dunque ecco che l’autore  Willard Huntington Wright, alias S.S. Van Dine, si diletta a creare un nuovo investigatore dilettante, Philo Vance, esteta, intellettuale, aristocratico e snob cultore dell’arte, che si farà accompagnare nelle sue avventure da una serie di personaggi, primo fra tutti dal fantomatico S.S Van Dine stesso, compagno di Vance dai tempi dell’Università ad Harvard, che diventerà suo avvocato e agente finanziario personale, oltre che amico e confidente e che si premurerà di raccontare tutte le avventure occorse a Vance.

La trama di questo sesto romanzo con protagonista Philo Vance è un classico del genere e Ve ne daremo solo un piccolo assaggio, per farVi rendere conto chi ci troviamo davanti: siamo in autunno e il procuratore distrettuale Markham, amico di Philo ed uno dei protagonisti della serie, si ferma a casa di quest’ultimo prima di raggiungere l’abitazione del famoso collezionista di ceramiche cinesi Archer Coe che sembra essersi suicidato, dopo essersi chiuso a chiave nella sua camera da letto. Markham, sapendo che Vance conosceva Coe e condivide la sua profonda passione per l’arte, ha pensato di chiedergli assistenza nell’indagine, come oramai succede spesso.

Nonostante le apparenze, tanto il personale alle dipendenze dei Coe, quanto polizia e sicuramente Philo Vance, non credono all’ipotesi del suicidio, per quanto possa essere la spiegazione senz’altro più semplice.

E cosa c’è di più classico e più complicato di un teorico suicida che stringe in pugno una rivoltella e ha un proiettile piantato in testa, con il colpo sparato quando l’uomo era morto da ore?

Tanto più che il medico legale Dott. Doremus, altro protagonista già conosciuto nella serie di Philo Vance, quando arriva ed esamina velocemente il cadavere, accerta che è stato pugnalato alla schiena. Per non parlare del fatto che un preziosissimo vaso cinese, i cui frammenti macchiati di sangue si trovano lì dove avrebbe dovuto esserci il manufatto – intero – fanno pensare che la scena del suicidio / omicidio sia da ricercarsi nella biblioteca, e non nella stanza chiusa dall’interno, dove è stato trovato il cadavere.

E soprattutto: cosa c’entra e perché in una delle stanze dell’abitazione viene ritrovata una piccola terrier scozzese in fin di vita, considerando che i fratelli Coe odiavano i cani e non ne avevano in casa?

I sospettati non possono che essere degli habituè di casa, se non gli abitanti stessi.

Compresi il fratello di Archer  Coe, la nipote Hilda, il Sig. Wrede collezionista dilettante e fidanzato di Hilda, il Sig. Grassi del Museo delle Antichità Orientali di Milano… Per non parlare del cuoco, tale Liang Tsung Wei, che appare subito molto sospetto.

Insomma, un caso molto difficile per il detective dilettante Philo Vance, che dovrà mettere in campo tutte le sue conoscenze d’arte, canine e di deduzione, per arrivare a comprendere chi – e soprattutto come – ha architettato questo ingegnoso omicidio. E dovrà farlo il più velocemente possibile, per fermare  la scia di sangue che continuerà a macchiare i tappeti di questa lussuosa dimora.

A noi lettori amanti dei gialli più classici non resta che bearci di questa ulteriore possibilità di romanzi da leggere, perché una cosa è certa: con Philo Vance, il suo ideatore pensa ad un lettore che possa “gareggiare” con uno sfidante (l’autore), che segue metodi razionali e che abbia tutti gli elementi a disposizione per arrivare egli stesso alla risoluzione dei casi. Di più.

“Siamo negli anni in cui il fordismo isteriliva le intelligenze nella catena di montaggio dei tempi moderni e l’aristocratico Vance ricordava ai suoi simili che il lume dell’intelletto, se esercitato secondo la sua più nobile natura, è superiore, nella ricerca del “vero”.

E dunque, signori e signore: il Giallo è servito!

 

A cura di Marina Morassut

libroperamico.blogspot.it

 

 

 

S.S. Van Dine


pseudonimo di Willard Huntington Wright (Charlottesville, 15 ottobre 1887 – New York, 11 aprile 1939), è stato uno scrittore e critico d’arte statunitense, noto autore di gialli. Wright iniziò giovanissimo ad occuparsi di critica letteraria, specializzandosi poi come esperto di arte e avviando collaborazioni con giornali e riviste. Nel 1912 fu nominato editor del periodico letterario The Smart Set, grazie a cui divenne dapprima conoscente e poi intimo amico di importanti figure. È del 1916 “The Man of Promise”, il suo primo e unico romanzo non a carattere poliziesco: il libro ottenne buone critiche, ma non ricevette quel successo nel quale lo stesso Van Dine confidava. Costretto a robuste terapie mediche per gravi problemi di salute e vessato da fortissimi problemi economici, Wright decise di approfondire il genere letterario poliziesco fin quando non si sentì in grado di potervisi cimentare a sua volta, progettando di scrivere una trilogia da cui trarre i guadagni necessari a riprendere l’attività di studioso. In realtà in anni recenti si è scoperto, come indica la biografia di Loughery, trattarsi di una pesante dipendenza da droghe di ogni genere, delle quali era sempre stato indefesso sperimentatore. Scelse lo pseudonimo “S.S. Van Dine”, S.S. era l’abbreviazione di Smart Set, il nome della sua vecchia rivista, mentre “Van Dine” rappresentava un omaggio al pittore Antoon van Dyck col quale Wright aveva una certa somiglianza di tratti, e creò così il personaggio di Philo Vance: esteta, intellettuale, studioso di psicologia, cultore d’arte e molto altro, Vance è un personaggio strettamente legato al concetto nietzschiano del “Superuomo”. Il successo di vendita dei primi cinque romanzi a nome Van Dine fu tale da consentire alla casa editrice Scribner’s di superare indenne la grave crisi economica del 1929. Wright divenne ricchissimo per la prima volta in vita sua e finì per adottare uno stile di vita non molto dissimile da quello del suo ormai celeberrimo personaggio. I suoi tormenti interiori, associati a un pessimo carattere e alla consapevolezza di non poter più tornare a occuparsi dei suoi prediletti studi di arte e letteratura perché il mercato continuava a richiedere romanzi e sceneggiature a nome Van Dine, lo spinsero ben presto a tuffarsi di nuovo nella droga e nell’alcol. Minato nello spirito e nel fisico Wright scomparve nel 1939 per problemi di cuore e circolazione, lasciando gli avanzi di un enorme patrimonio che aveva via via largamente intaccato, una preziosissima raccolta di opere d’arte e un ben avviato allevamento di terrier scozzesi. A Wright si devono inoltre le famose “Venti regole per scrivere romanzi polizieschi” (Twenty Rules for Writing Detective Stories) che intendevano stilare una casistica del genere a beneficio di autori e lettori, “The World’s Great Detective Stories”, una corposa antologia la cui lunga prefazione costituisce ancora oggi un testo fondamentale, seppure datato, nella storia della critica del giallo. Da Philo Vance, suo personaggio più famoso, la RAI ha tratto nel 1974 una miniserie televisiva intitolata appunto Philo Vance e interpretata da Giorgio Albertazzi. Mentre negli Stati Uniti d’America l’interprete dei films con protagonista Philo Vance sarà soprattutto William Powell.

 

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