Recensione di Loredana Cescutti
Autore: Petros Markaris
Traduttore: Grazia Loria
Editore: Bompiani
Serie: Kostas Charitos #1
Genere: Giallo
Pagine: 343 p., R
Anno di pubblicazione: 2001
SINOSSI. Il commissario Kostas Charitos legge solo dizionari. Lotta quotidianamente contro i bancomat. È sposato, la figlia se ne è andata di casa, e per la moglie la televisione è l’unica consolazione. Odia i giornalisti, soprattutto la bella Chiarina Karaghiorghi, che si fa beffe di lui a ogni conferenza stampa. E vive ad Atene, una metropoli sospesa tra Oriente e Occidente, passato e presente, così simile e così diversa da una grande città italiana. Una metropoli che è teatro di una serie di delitti sanguinosi, in cui si incrociano immigrati clandestini ed ex spie dell’Europa dell’Est, trafficanti d’organi e cronisti troppo curiosi. E Charitos deve dire addio alla sua pigra routine. Ultime della notte, pubblicato con grande successo in Grecia, Francia e Germania, segna la nascita di un personaggio indimenticabile, un poliziotto cinico umano, scontroso e disarmato, alla ricerca di una verità nascosta in un mondo sempre più inafferrabile.
Recensione
Voi siete il fondo. Io ho toccato il fondo e ci siamo incontrati.”
Con curiosità mi sono apprestata ad affrontare un nuovo autore greco e a fare la conoscenza di un personaggio che mi è diventato subito amico nonostante la sua vita familiare e lavorativa complicata, probabilmente proprio per la sua semplicità e praticità nell’affrontare le cose.
Diciamocelo, probabilmente è proprio il suo essere “umano” e non perfetto che lo fa sentire così vicino a noi.
Il commissario Kostas Charitos, in servizio ad Atene, rientra in quelle figure talmente vere che riescono a coinvolgerti guidandoti pagina dopo pagina, mettendoti a parte delle sue avventure, trasmettendoti le inquietudini che lo accompagnano, i suoi dubbi, le sue incertezze, la sua quotidianità fatta di piccole cose.
Sto parlando di un poliziotto che lavora da tanti anni, ormai apparentemente annoiato e stanco da ciò che fa, che nonostante tutto non riesce a lasciar correre, se una cosa non gli torna non ce la fa a chiudere gli occhi. L’istinto e l’acume investigativo che sono parte di lui lo costringono a proseguire e a guardare oltre, scavando tra i fatti e le prove fino a giungere alla verità.
Ha una passione sfrenata per i dizionari, anzi, legge solo quelli, ne ha una bella collezione e si muove con la su Mirafiori per tutta la città e anche oltre.
Sul lavoro lotta costantemente con il suo capo e con la politica che è onnipresente. Il collaboratore più stretto col quale trascorre più tempo sul lavoro si chiama Thanasis. Poiché Charitos è un uomo di poche parole mentre il collega è un ragazzo poco ambizioso che tende a rimanere nelle retrovie e a non fare nulla che debba essere svolto fuori dall’ufficio come ad esempio stare in prima linea, le loro conversazioni diventano profondi scambi mentali accompagnati da intensi giochi di sguardi.
«Sono un povero stronzo,» mi dice. Non con le parole, con lo sguardo. Da dietro la mia scrivania, lo guardo esattamente negli occhi, né più in alto, né più in basso. Perché io sono il suo superiore e posso guardarlo negli occhi, mentre lui non può. «Lo so che sei un povero stronzo,» gli dico. Senza che una parola esca dalla mia bocca, sempre solo con lo sguardo.
Ma i suoi guai non finiscono lì.
Il suo matrimonio è sicuramente in una fase di stanca: la moglie Adriana passa le giornate a casa a pulire e a guardare la televisione. La comunicazione è ridotta all’osso e quando c’è ne scaturiscono dei battibecchi memorabili anche per sciocchezze che a me hanno strappato delle sonore risate, ma che sono anche lo specchio di come l’abitudine forse li abbia annoiati e allontanati emotivamente.
L’unico punto di unione forte è la figlia Katerina che adesso abita a Salonicco per studiare: entrambi le vogliono un bene dell’anima.
Ma passiamo alla storia.
L’assassinio di una giovane coppia di albanesi smuove l’opinione pubblica. I giornalisti d’assalto che come sempre cercano di estorcere il maggior numero di informazioni possibili alla polizia diventano da subito una presenza ingombrante a cominciare da Chiarina Karaghiorghi.
Charitos non la sopporta, non ha mai capito perché ma con lui è sempre stata aggressiva e provocatoria e per non smentirsi, anche in quest’occasione, nel tentativo di avere qualche informazione in più sull’indagine, tra un battibecco e l’altro lo lascia mettendogli una pulce nell’orecchio: «Sapete per caso se la coppia aveva dei bambini?»
Da qui l’indagine precipita e le cose si complicano poiché la tanto temuta giornalista viene trovata uccisa all’interno degli studi televisivi dove lavorava.
Ma chi e perché voleva vederla morta? A chi dava fastidio?
Kostas Charitos rischierà il posto di lavoro durante quest’indagine, poiché sia la stampa che il ministero non apprezzeranno la sua fin troppo zelante capacità di scovare qualsiasi traccia, anche scomoda, per arrivare alla verità.
Si leggerà di traffici di bambini, di ricatti, di corruzione. Quando però il commissario riuscirà a chiudere l’indagine e scopriremo il colpevole, rimarremo di sasso. Purtroppo non posso addentrarmi oltre nella spiegazione, rischierei di rovinarvi la conclusione di questo libro.
Un finale che ci regala disillusioni, ci costringe ad aprire gli occhi sbattendoci in faccia la realtà, fatta di sogni che vorremmo vedere concretizzati, ma che non ci sono concessi. Altresì ci mette di fronte ai doni che la vita ci offre, ma anche ci mostra in modo quasi spietato come l’egoismo dell’uomo abbia il potere di strapparceli dalle mani, trasformandoci in qualcuno o qualcosa che mai avremmo pensato fosse possibile diventare.
L’abilità che riconosco a Markaris, inoltre, è quella di essere riuscito a utilizzare uno stile nella scrittura che, nonostante gli argomenti trattati, non ti fa pensare neanche per un attimo di abbandonare il libro perché troppo oppressivo e pesante.
Sono molto felice di essermi imbattuta in questo commissario brontolone ma dal fiuto di un cacciatore navigato!
Buona lettura!
Petros Markaris
Petros Markaris: è nato a Istanbul nel 1937 da padre armeno e da madre greca. Facendo parte della minoranza armena per parte di padre, per molti anni non ebbe alcuna cittadinanza; nel 1974 prese la cittadinanza greca, dopo che vi si fu stabilito nel 1964 ad Atene.
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