Un bidone di guai




 

Recensione di Marina Morassut


Autore: Donald E. Westlake

Traduzione: Laura Grimaldi

Editore: Mondadori

Genere: narrativa gialla

Pagine:  195

Anno di pubblicazione: 2013

Sinossi. Fred Fitch non è un fesso qualsiasi. Fred Fitch è il re dei fessi, vittima predestinata di truffatori e imbroglioni pronti ad approfittarsi della sua disarmante buona fede. Perciò, quando un ingenuo credulone come lui eredita un mucchio di soldi da uno zio che nemmeno sapeva di avere, la situazione non può che essere esplosiva e tanta manna dal cielo può rivelarsi una fonte di guai molto seri. Soprattutto se questo misterioso zio è morto assassinato, la sua ultima amante è un’ex spogliarellista e qualcuno ha tutta l’intenzione di fare la pelle anche al povero Fred, prigioniero di un’intricatissima rete di inganni nella quale un destino beffardo sembra condannarlo a dibattersi all’infinito.

Recensione

“ Bidone significa fregatura. Un bidonista è uno che dà una fregatura. Una specie di gratta. Insomma, un bidonista è uno che racconta una bugia convincente, con il risultato che gli si danno dei quattrini”.                  

E nonostante queste siano proprio parole di Fred Fitch, di cui all’inizio del romanzo si serve per spiegare ai suoi due originali coinquilini che sono stati fregati tutti e tre, e proprio a casa loro, Fred si fa buggerare ben tre volte in quella stessa mattinata. Non ha importanza da chi, nella New York che ci viene descritta da Westlake: imbonitori, falsari, finti venditori di lotterie o pesche di beneficienza di quartiere, truffatori vari, venditori di fumo e chi più ne ha più ne metta.

Perché tutto sommato Fred Finch è un uomo di principio: anche se oramai sa che molto probabilmente sta cadendo vittima dell’ennesima truffa, non può fare a meno di cascarci, perché se ne accorge sempre e solo quando è troppo tardi. Talmente tante volte è stato vittima di truffe che l’agente di polizia della Squadra B che investiga sulle truffe, tale Reilly, è oramai diventato suo amico.

Ma Westlake, con la graffiante ironia che contraddistingue i suoi romanzi gialli e noir, sta per far precipitare Fred nella madre di tutte le truffe: Matthew Grierson, un prozio di cui non ha mai sentito parlare, lo lascia erede di ben trecentosettantamila dollari!

Divertente, come molte altre scene all’interno del romanzo e in particolar modo in questo episodio in cui, una volta tanto, Fred Finch presume che l’avvocato che l’ha convocato per una fantomatica eredità sia un bidonista e quindi va dalui chiedendo a Reilly di farsi trovare lì in veste ufficiale, per prevenire una truffa, una volta tanto e finalmente arrestare almeno uno dei tanti imbonitori che lo tormentano quotidianamente.

Fred arriva in ritardo a causa dell’ennesimo bidone di cui è vittima e quando giunge nello studio dell’arrabbiatissimo avvocato, che nel frattempo pullula di poliziotti, fa nascere un parapiglia spettacolare, facendo per di più inferocire anche l’amico poliziotto, che non riesce a credere alla stupida ottusità dell’amico che non è mai in grado didistinguere la realtà dalla finzione delle truffe.

E’ difficile in un primo momento pensare di essere immersi nella lettura di un giallo, perché per un terzo del volume il lettore è costantemente alle prese con situazioni ridicole, cui fa fatica ad approcciarsi senza ridere. Per di più Fred Finch ci narra le sue peripezie in prima persona, rendendo il tutto ancor più comico e godibile, in quanto ci rende anche partecipi dei suoi pensieri.

Ma ad un certo punto il registro cambia e ci si ritrova immersi in un vero rompicapo. Chi ha ucciso lo zio, tra l’altro anticipandone la morte, che sarebbe avvenuta, a detta del suo medico, a breve? E: possibile che suo zio avesse avuto una vita tanto avventurosa e irta di pericoli?, quando in famiglia si era fatto la nomea di buono a nulla e ubriacone?

Da dove gli sono piovuti i soldi di cui sembra potesse disporre?

E la bravura come giocatore di carte?

Ed ora il ricco Fred di chi può fidarsi, tra le improvvise e nuove conoscenze, tra la dolce Karen Smith, amica intima del poliziotto Reilly, e la provocante Gertie Divine, soprannominata “Corpo Pagano”?                            E ancora, cosa nasconde il dottore del prozio, che sembra voglia ucciderlo, in una delle più esilaranti scene che si possano mai leggere? E: potrà credere Fred a quanto gli racconterà il socio dello zio, il professor Kilroy?

A questa e a tutta una serie di altre domande dovrà trovare risposta il re dei fessi, Fred Finch, e anche velocemente, perché c’è qualcuno che lo segue continuamente e che cerca di ucciderlo.

Forse per l’eredità così inaspettatamente ricevuta?

Oppure perché sta rocambolescamente cercando di scoprire chi ha ucciso suo zio?

La cifra che contraddistingue la scrittura del maestro Westlake è sicuramente l’ironia, inframmezzata dal puro divertimento che però è bene ricordare, non è mai fine a è stesso, perché ci offre la possibilità di riflettere su ciò che è realmente una persona e la società con la quale si rapporta, ragionando così sull’ambiguità e l’incertezza dei rapporti umani e la forza di carattere necessaria per poter cambiare le proprie debolezze per fare di noi stessi una persona diversa.

Sempre incisive sono le descrizioni degli ambienti in cui si muovono i personaggi e le caratterizzazioni degli stessi. E se la trama non è originale per lo spunto di partenza di un’eredità inaspettata o per l’idea  di far assurgere ad eroe un uomo comune, di più, uno sfigatissimo personaggio, lo è sicuramente il modo in cui Westlake sceglie di farlo riscattare, proprio quando il pericolo incombe e non ci si aspetterebbe nulla da lui.

Una vera commedia degli errori in cui la suspense monta lentamente fino a portarci a correre insieme a Fred Finch per vendere cara la pelle e capire di chi ci si può fidare e soprattutto chi ha ucciso e sarà pronto ad uccidere ancora.

Perché come conclude lo stesso Finch, “c’è un’unica cosa buona che i bidoni possono offrire: un buon finale”.

E noi insieme a Finch e alle sue donne correremo a rotta di collo verso la soluzione, inaspettata e non per questo poco credibile, visto che a servircela è il Grand Master Donald Edwin Edmund Westlake.


A cura di Marina Morassut

libroperamico.blogspot.it

 

Donald Edwin Edmund Westlake


(New York, 12 luglio 1933 – San Tacho, 31 dicembre 2008) è stato uno scrittore e sceneggiatore statunitense. È considerato uno dei più grandi giallisti di tutti i tempi, maestro insuperato dell’introduzione dell’humour nelle trame poliziesche. Ha pubblicato molti libri con diversi pseudonimi, tra questi i principali sono Richard Stark, Tucker Coe, Samuel Holt, Morgan J Cunningham, Curt Clark (in romanzi di fantascienza), Timothy J. Culver, Alan Marshall, Edwin West e Judson Jack Carmichael. Nel corso della sua carriera lo scrittore ha avuto molti riconoscimenti tra cui la nomination all’Oscar per la sceneggiatura del film Rischiose abitudini (The Grifters), tratto da un romanzo di Jim Thompson. Westlake è uno dei due scrittori ad aver vinto tre volte l’Edgar Award in tre differenti categorie: la prima volta nel 1968 per il romanzo Un bidone di guai (God Save The Mark) del 1967, la seconda volta nel 1990 con Too Many Crooks premiato come migliore racconto, la terza volta nel 1991 per la migliore sceneggiatura (The Grifters). Nel 1993 ha ricevuto il titolo di Grand Master, massimo riconoscimento assegnato dall’associazione Mystery Writers of America. Nel 2004 ha ricevuto il premio Shamus alla carriera.

 

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