Recensione di Loredana Cescutti
Autore: Angelo Mezzettieri
Editore: Bookabook
Genere: Thriller
Pagine: 48 p., R
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Zoran di lavoro fa il sicario. La sua vita sempre in movimento lo ha portato a Montecarlo, in un hotel di lusso, col compito di uccidere un famoso editore italiano. Ma quando Zoran entra nella suite della sua vittima, la trova vuota. Sulla scrivania c’è un manoscritto, La lobotomia. Nell’attesa dell’arrivo dell’editore, Zoran decide di leggerlo ma, racconto dopo racconto, qualcosa si muove nell’animo del sicario. È come se ogni storia parlasse di lui, rivelandogli una parte intima e oscura di sé. Una lettura travolgente invertirà le prospettive, rivelando al lettore lo spioncino da cui vedere dentro sé stesso, direttamente dal foro violento della propria disperazione.
Recensione
“… sentiva di avere un buco in testa. Nessun foro d’entrata, qualcosa nata da lui stesso, scissa dall’essenza del suo male. Aveva paura. Paura di tutto.”
Leggo la fine e dico: “Caspita.”
Come mi sento subito dopo il finale? Interdetta.
Ulteriore domanda: “L’autore mi ha imbrogliata?” Assolutamente, sì! Alla grande.
Voi non sapete cosa vuol dire iniziare un libro, farsi varie idee, porsi più di qualche domanda, proseguire la lettura per la curiosità di capire dove andrà a parare l’autore e poi, in un attimo, tutto cade, tutto si esaurisce… e, il finale finisce per finirti e lasciarti di stucco.
Un ritmo cadenzato da cambi di scena continui.
Tante storie accomunate solamente da quel filo sottile, tenuto in piedi dal protagonista che attraverso i suoi ricordi si racconta a noi, riflettendo sul senso della vita.
Una lettura veloce, come lo è la storia in sé, che in poche pagine, racchiude però temi importanti che costringono il lettore a riflettere a fondo, anche dentro di sé per riuscire a trovare un senso e uno sprono alla vita che stiamo vivendo.
Principi, priorità e la capacità di mettersi in discussione, sono sicuramente i temi di fondo una storia dove il male, apparirà quasi come il contorno di qualcosa di ben più profondo, che non potrà lasciarvi indifferenti.
Un libro da affrontare sicuramente, soprattutto se sarete disposti a lasciarvi condurre per mano, fino alla fine, qualsiasi essa sia.
“… attratto da un libro di racconti come se fosse il roveto ardente da cui attingere calore. Si volto a spiare la camera, era sempre lei, inamidata, in ordine. Realtà e finzione…”
Buona lettura!
INTERVISTA
Prima di iniziare, ti ringrazio per avermi fatto avere una copia digitale del libro e, mi complimento per come sei riuscito a prendermi in giro. Il finale è un colpo ad effetto, e tutto ciò che viene prima è costruito ad arte, in modo da distrarre completamente l’attenzione da ciò che è importante.
Ciao Loredana, grazie per le belle parole. Sinceramente ti dico: è mia libera intenzione prendere in giro i lettori (scherzo).
Come ti è venuta l’idea di costruire una storia del genere, che in poche pagine ha assunto le sembianze del thriller ma, si è trasformata anche in uno stimolo alla riflessione su ciò che stiamo vivendo?
Il mio processo di scrittura nasce naturale. Concepisco un’idea, la covo, la lascio fermentare qualche tempo, e poi la butto giù di getto. Ho scritto Un buco in testa in pochi mesi. Prima i racconti. Poi li ho collegati tra loro attraverso la storia di Zoran. Il personaggio rappresenta la superficialità della società odierna. Tutti che vogliono apparire sui social per poi ritrovarsi nell’imo dei respinti, tristissimi, come le novelle che propongo. Ho deciso di dare un look noir thriller al libro per abbracciare una fascia più larga di lettori. A fine lettura ci si rende conto che il romanzo è qualcosa di più di una fiction da pistolettate. Ho concentrato tanta tristezza di mondo in poche pagine, poiché quando scrivo, mi lascio trascinare da sentimenti autentici, come rabbia.
Io non amo il genere distopico ma, il tuo racconto “Dentro l’apocalisse” è riuscito a coinvolgermi in modo totalizzante ed è incredibile, credimi. Il tema è profondo ed è uno degli argomenti che, al punto in cui siamo arrivati ora, dovrebbe diventare di interesse di tutti. È anche quello a cui hai dedicato in assoluto più pagine. Come mai questa parentesi estesa all’interno di un thriller?
Come Zoran che ha bisogno di essere scosso dal suo torpore, ognuno di noi dovrebbe aprire gli occhi e capire di dover reagire oggi per non finire in un mondo simile a quello descritto nel quinto capitolo. È vero che esagero con la distopia spingendo al limite le conseguenze, ma da adesso a 100 anni se mi chiedi cosa vedo ti dirò: il racconto non è poi così inverosimile. Anche il fatto di non autocensurarmi e edulcorare i termini è voluto. Le persone per scuoterle devi disturbarle.
In generale, nel tuo romanzo breve si parla di molti temi difficili ma, sei riuscito ad affrontarli senza risultare pesante e anzi, di questo ti ringrazio. Quanto conta la vita di tutti i giorni nella scrittura?
La vita di tutti i giorni nella scrittura è tutto. Io voglio parlare di respinti, esclusi, emarginati, tossici, alcolizzati, di abbandonati a sé stessi. La gente si porta dietro milioni di storie interessanti, bisogna saper osservare e aver la grazia di raccontarle.
Quando leggevo, ho avuto l’impressione che, ad ogni capitolo, fosse una mano diversa a scrivere e questo, è un complimento. Come riesci a straniarti in modo così “disinvolto”, di volta in volta, nel tentativo di assumere le sembianze di chi stai raccontando?
Grazie del complimento. Mi immedesimo al 100 per 100 nel personaggio. Divento lui. E me lo porto dietro per conoscerlo fino in fondo. Infine, penso che saper scrivere implichi la fusione di tre elementi essenziali: ispirazione, talento e storie da raccontare. Se possiedi queste 3 cose puoi scrivere libri e raggiungere qualcosa, altrimenti no.
Grazie per la tua disponibilità e in bocca al lupo.
Cescutti Loredana
Ma grazie a te infinitamente di tutto
Love! Angelo
Angelo Mezzettieri
nato a Sassari nel 1992, passa infanzia e adolescenza in provincia. Appassionato di letteratura, trova nei libri gli strumenti per calarsi nei meandri dell’animo umano. Ha vissuto e lavorato in Italia, Olanda e Regno Unito, dove ha svolto una dozzina di differenti mestieri e cambiato altrettanti posti di lavoro, confrontandosi così con l’umanità più disparata. Un buco in testa è il suo romanzo d’esordio.
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