Recensione di Marianna Di Felice
Autore: Vincent Almendros
Editore: Enrico Damiani
Traduzione: Mauro Cazzolla
Genere: Noir
Pagine: 110
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Quando Laurent Malèvre torna dopo molti anni al cupo paese natale – un “buco dimenticato, in mezzo al nulla” – trova ad accoglierlo un passato in frantumi, che non può o non vuole affrontare. Un padre morto giovane, una madre funesta, uno zio, il cognato-compagno, malato terminale, una cugina rancorosa incarnano un mondo sgradevole e stagnante. Aleggia su questo umido scorcio di campagna francese, intorno a segreti irrivelabili, un male sottile e diffuso, che contamina le cose dal di dentro, così come le mosche ronzano tra le pieghe di una realtà sull’orlo della decomposizione. Ma anche il protagonista oscilla fra detto e non detto, a cominciare dall’amica Claire, che presenta a tutti come Constance, la moglie incinta. Con il montare della suspence, tra il fondale limaccioso del lago e il labirinto del bosco, scopriremo che il vero segreto non è là dove lo stavamo cercando, e che nessuno è salvo.
Recensione
Una casa che rivede gente dopo tanto tempo, che apre i suoi occhi alla luce esterna permettendole di entrare all’interno dopo troppo tempo, anche l’aria entra e si mischia all’odore di naftalina e umido che ormai aveva impregnato muri, porte e ricordi. Entrano anche le mosche e girano in una danza senza fine tra le stanze e le finestre quasi come sentissero odore di morte.
Laurent deve vedere di nuovo sua madre e deve fare di nuovo i conti con il suo passato perché sua cugina si sposa e naturalmente è stato invitato: per questo è tornato alla borgata, nella casa che aveva abbandonato da bambino in mezzo alla campagna francese. Tra di loro si creano silenzi e vuoti e si insinua il fastidio di certezze taciute.
In quel posto grigio le cicatrici risvegliano il loro dolore e la pioviggine le incolla ancor di più nella mente. Le pagine del libro son permeate da atmosfere lente e plumbee. I personaggi sono creati ad arte e hanno dei toni più o meno cupi, solo Claire porta del colore, ma anche lei si rabbuierà verso la fine.
L’animo di Laurent è come il tempo grigio che sembra stabile sul paese di Saint Fourneau; è come l’acqua verde del lago che nasconde sotto di essa la melma che intrappola e diventa subito scura se il cielo si rannuvola. Il suo essere è come la borgata, sola nel mezzo della campagna dove vivono solo due persone perché ormai sono morti tutti e dove non scende mai nessuno dal paese.
Alcuni personaggi parlano velatamente anche se dentro hanno domande derivanti dalla curiosità o dalla rabbia, altri personaggi invece parlano poco. Il lettore si trova davanti a segreti e silenzi che gli fanno sentire la pesantezza umorale dei personaggi, ma che allo stesso tempo fanno capire molte cose. Chi legge sente che è successo qualcosa e che potrebbe esserci altro che proviene dal passato grazie a ciò che i personaggi ricordano. Ma Laurent non vuole ricordare perché il ricordo potrebbe svelare la verità, il ricordo fa male e lui cerca di ricacciarlo indietro.
La fine del libro lascia l’amaro in bocca, perché forse il lettore aveva ideato altri finali, forse vedeva una luce nel buio e non si aspettava la dura realtà. Il lettore spera che il racconto che il protagonista intraprende possa andare avanti, ma poi riflettendo bene non ne vede la necessità. Perché proseguire?
Ci sarebbero le solite cose da dire perché alla fine tutto diventa palese anche le conseguenze senza che queste vengano descritte. Invece la fine ideata dall’autore è decisamente cupa, è diversa da molti altri finali e forse non piacerà a molti proprio per la sua diversità, ma è carica di un’atmosfera noir da togliere il fiato.
Le scene clou vengono immaginate dal lettore perché il libro è carico di mistero e quest’ultimo fa lavorare bene l’immaginazione. In poche pagine decisamente ermetiche, l’autore riesce a tenere in sospeso il lettore dall’inizio alla fine.
Buona lettura!
A cura di Marianna Di Felice
marisullealidellafantasia.blogspot.it
Vincent Almendros
Vincent Almendros ha studiato lettere all’Università di Avignone prima di iniziare a scrivere poesie e prosa. Mandò il suo primo romanzo completo, Ma chère Lise , a Jean-Philippe Toussaint per un suo consiglio. Toussaint lo apprezzò e presentò l’autore a Irène Lindon, che lo portò alla sua pubblicazione nel 2011. Nel 2015, il suo secondo romanzo Un été , molto apprezzato dalla critica, ha ricevuto il premio Françoise Sagan nello stesso anno.
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