Al servizio di Sua Santità vol. 1
Recensione di Marianna Di Felice
Autore: Luca Vanoli
Editore: Amazon Media
Genere: Giallo storico
Pagine: 359
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. Stato Pontificio, Anno Domini 1655. Sul piccolo feudo di Monterotondo, a breve distanza da Roma, regnano felicemente da undici anni i marchesi Tebaldi. Offuscato da tanta prosperità, giace, dimenticato nel ricordo dei più, un oscuro anatema, scagliato al tempo della loro ascesa. Ma, quando la morte inizia a serpeggiare sinistra tra i membri della famiglia, un cupo terrore si diffonde in tutto Monterotondo: il popolo, inquieto, teme di essere travolto dalla sventura dei signori… A Roma, intanto, il conclave ha eletto un nuovo papa: Alessandro VII. Non potendo permettere che l’inizio del regno sia segnato da delitti irrisolti, la Curia decide così di inviare a indagare in incognito Tullio Corbet, un avvocato francese con doti investigative fuori dal comune, pronto a sacrificare tutto alla causa della giustizia, affiancato da Padre Seàn, un rigido gesuita di origini irlandesi. Giunti a Monterotondo, i due uomini non tarderanno a essere travolti dagli eventi criminosi: i membri della famiglia Tebaldi, seppur chiusi in una fortezza di reticenza, mostreranno di avere più di uno scheletro nell’armadio. E in un turbinio di delitti sanguinosi, amori proibiti e segreti inconfessabili, i due investigatori proveranno a scoprire quali trame oscure si celano dietro la scia di morte che la maledizione sembra lasciare, inesorabile, dietro di sé…
Recensione
Mettete un lettore che adora i romanzi storici che siano gialli, neri o di altro colore, mettete anche una nuova penna che sembra uno scrittore esperto, avrete come risultato una lettura decisamente gradevole, che vi catturerà con le sue trame ben costruite e vi stupirà non poco dacché lo scrittore è al suo primo libro, quindi agli albori della scrittura. Appena aprirete il romanzo sarete catapultati in una Roma della metà del Seicento.
I fatti si svolgeranno vicino alla Capitale, a Monterotondo per la precisione, dove si erge un palazzo nobiliare abitato dalla famiglia Barberini, passato poi alla famiglia Tebaldi grazie alle trame ordite alle loro spalle. Papa Urbano VIII Barberini non c’era più da un po’e Innocenzo X era appena morto.
Ma morto un Papa se na fa un altro, quindi perché tanta importanza e soprattutto paura per la morte di Innocenzo?
Perché così inizia la maledizione dei Barberini.
Un anatema lanciato da chi ha subito l’onta di essere spodestato dal proprio palazzo e dalla propria terra grazie all’inganno. Un borghese che ottiene un titolo nobiliare da un Papa che odiava la famiglia Barberini, un borghese diventato poi marchese che guarda solo alla ricchezza e al prestigio della propria famiglia senza tenere in conto nessun altro, nemmeno la felicità dei propri figli. Anzi, forse considera solo un figlio in particolare.
La gente di Monterotondo teme di subire le conseguenze di questa maledizione viste le due morti annunciate e un simbolo significativo che evoca nelle menti di tutti la famiglia che ha dovuto lasciare il proprio palazzo, i Barberini. In questo stato di pace precaria del borgo, il Santo Padre decide di farsi aiutare nelle indagini da un certo Tullio Corbet, un francese cacciato dalla sua madrepatria dal Mazzarino e un avvocato col fiuto di un bravo investigatore e col piglio da avvocato esperto. Corbet aveva studiato duramente e aveva avuto un’adolescenza non proprio facile.
Fu notato a Roma quando prese la difesa di un maniscalco accusato per omicidio, per Corbet era intuibile che l’uomo fosse un capro espiatorio per coprire un membro di un’importante famiglia romana, i Borghese.
Esponendo a tutti la soluzione del caso attirò le ire della famiglia e i suoi sicari, il Santo Padre intervenne in tempo usandolo per scoprire l’artefice dei delitti a Monterotondo. Affiancato da Padre Sean un gesuita irlandese cocciuto e inflessibile, Corbet lasciò da parte un po’ del suo egocentrismo per ascoltare qualche consiglio, ma non tutti purtroppo!
Naturalmente Corbet sarebbe andato in missione segreta dai Tebaldi dicendo di essere un conte. Troppi erano i segreti, i misteri, i nascondigli e Corbet doveva partire dall’inizio, dal filo conduttore che avrebbe svelato molti comportamenti e situazioni messe a tacere durante gli anni.
Il suo egocentrismo diventò minuscolo davanti alla grande boria esibita da Tebaldo frutto di invidia e avidità, il suo sapere diventò esiguo davanti alla grande cultura di Federico, si ridestò un po’ davanti alla presunzione di Anna la moglie del marchese che, al contrario, era fin troppo buono e per non mettere in disaccordo tutti cercava di assecondarli, sbagliando. Ma i suoi occhi furono rapiti dalla bellezza di Marianna. Tutti, o quasi, nascondevano un segreto! E l’intuito di Corbet fu messo a dura prova dal groviglio di falsità che regnava in quel palazzo, nel paese e nel vicino convento.
Proprio le suore del convento di San Giuseppe e la tomba rappresentata da una statua e da un’iscrizione nascosta dall’erba celavano un grande segreto. La maledizione imperversava e non risparmiava vittime, non c’erano vincitori, ma solo vinti e affranti come Corbet e Padre Sean.
Quando la nebbia dalla mente dell’avvocato si diradò era troppo tardi…o forse no?
Forse si poteva ricostruire qualcosa. Si pensava ad una maledizione mossa dall’invidia, dalla rabbia, dalla vendetta ed invece la causa di tutto il male era l’amore! Ma come può l’amore fare male?
Un romanzo ben costruito che appassiona pagina dopo pagina, dal quale il lettore non riesce a staccarsi e se lo fa è a malincuore.
Un romanzo che incuriosisce e che spinge la lettura fino alla fine tutta d’un fiato grazie alla scrittura scorrevole e mai tediosa. Un romanzo da leggere assolutamente davanti al quale il lettore si stupirà non appena si immergerà in una storia costruita in modo accurato, elegante, suggestivo e travolgente.
Quindi…buona lettura!
INTERVISTA
Visto il tuo gusto letterario per il giallo rigoroso e scientifico ti puoi identificare nel personaggio di Tullio Corbet che indaga in modo minuzioso e non lascia nulla al caso?
L’avvocato francese Corbet ha dei tratti in cui mi riconosco: ha la giusta dose di un sano senso pratico, con cui affronta le sue indagini, salvo poi diventare granitico nella difesa dei suoi principi, incardinati su un altissimo senso della Giustizia, in nome del quale non esita a compiere gesti di insubordinazione all’Autorità Suprema. Un altro aspetto della sua personalità che apprezzo è la grande determinazione con cui affronta le indagini, che spesso rasenta l’ostinazione. Pecca un po’ di orgoglio e di testardaggine, e anche questo è un tratto che lo accomuna a me.
Qual è il tuo personaggio preferito tra quelli creati nel romanzo storico?
Devo dire che sono affezionato a molti dei personaggi del mio romanzo: ciascuno di loro ha almeno una caratteristica, positiva o negativa, per cui essere apprezzato o quantomeno analizzato dal lettore. Di quasi tutti si prova a tratteggiare la personalità, ma ho scelto di farlo senza ricorrere all’introspezione – con l’eccezione di Corbet, in modo che possa essere il lettore a costruirsi la sua idea su ognuno di loro, senza troppa influenza esterna. Esattamente come succede nella vita reale. Io sono affezionato a più di uno dei personaggi: un affetto particolare va alla figura di Padre Sean, di cui parlo in altre domande di questa intervista, perciò non mi dilungo oltre, ma rispetto la grande umanità del marchese Andrea Tebaldi di Monterotondo, ammiro la personalità volitiva della moglie Anna, trovo affascinante lo spirito indipendente e ribelle di Sorella Angela e la saggezza composta e silenziosa di Madre Chiara. Non solo, anche mi sanno colpire l’ambizione smodata del vecchio marchese Attilio e di suo figlio Tebaldo, disposti a tutto pur di innalzare il loro casato (o forse, loro stessi) verso gloria, oneri e ricchezze sempre maggiori. Concludo dicendo che, senza cadere nello spoiler, il mio personaggio preferito rimane quello del colpevole, per le sue vicende personali, per il coraggio dimostrato nell’affrontare le sfide che la vita riserva.
Hai creato un romanzo corposo, altamente descrittivo, coinvolgente e assolutamente piacevole per caso?
No, tutt’altro. La trama è frutto del lavoro di anni: la prima bozza completa risale alla fine del 2014, conteneva meno eventi, ma era più decisamente più corposa. Da lì è iniziato un lungo percorso di revisione, rilettura, fatto di pareri di amici, parenti ed esperti, talvolta anche molto negativi, che tuttavia mi hanno sempre stimolato a migliorare un po’ la storia, fino a giungere al risultato finale. Molto più corto di quello iniziale (quasi 100 pagine A4 in meno), e più ricco di eventi.
Forse tutti i libri letti hanno fatto si che la tua testa elaborasse, senza che te ne accorgessi, un romanzo decisamente affascinante ed hanno guidato la penna nello scrivere la storia che finalmente è stata pubblicata. Secondo te quanto conta la lettura nel creare poi un proprio romanzo o racconto?
Sicuramente leggere altri conta moltissimo: sin da piccolo ho amato i gialli di Agatha Christie, conosco tutte le avventure di Poirot e Miss Marple. Questi gialli mi hanno generato la voglia di provare a imitare il genio inarrivabile della Signora del Giallo, quella sua dote straordinaria di concepire un meccanismo giallo perfetto. L’altra mia grande passione sono i romanzi storici e le biografie dei grandi personaggi che hanno fatto la storia. A scuola Storia era la mia materia preferita, ma all’università mi sono orientato verso altro. Scrivere una romanzo storico era quindi un modo per ‘mantenere vivi i rapporti’ con Lei, di parlare di Storia raccontando le vicende di personaggi che vivono in un’altra epoca, il Secolo di Ferro. E, certo, la lettura di altri romanzi storici mi ha aiutato molto: tra questi il preferito è I Pilastri della Terra. E penso che ‘Una Manciata di Cenere’, in qualche modo, voglia rappresentare la sintesi di queste mie grandi passioni. Quanto l’esperimento sia riuscito, non sta a me dirlo: ‘ai posteri l’ardua sentenza’.
Padre Sean è un giusto intermezzo tra Corbet e gli altri personaggi, come hai pensato a un gesuita irlandese? Spero ci sia anche nei prossimi libri.
Il personaggio di Padre Sean ha una storia articolata: fino a tre mesi dalla pubblicazione, si chiamava Padre John, ed era di origine inglese. L’idea era quella di parlare della Rivoluzione Inglese, la guerra civile che negli anni ’40 aveva sconvolto l’Inghilterra, portando alla rovina della Monarchia e alla decapitazione del Re. Volevo creare il personaggio di un esule, sfuggito alla persecuzione religiosa dei puritani di Cromwell contro i cattolici realisti. Tuttavia, più approfondivo le ricerche in quela direzione, più mi accorgevo che in Inghilterra non c’era stata una persecuzione tanto feroce contro i fedeli alla Chiesa di Roma e quindi la storia di Padre John non mi aveva mai convinto del tutto. Poi, nel Capodanno 2019-2020, sono stato ‘folgorato sulla via di Dublino’: io e la mia fidanzata abbiamo trascorso qualche giorno in Irlanda e lì ho appreso delle vicende della Confederazione Cattolica Irlandese, il tentativo dell’Irlanda di raggiungere un’indipendenza politica, soffocato nel sangue dalle truppe inglesi di Cromwell. E lì ho preso la decisione di riscrivere il suo personaggio, facendo esprimere per sua bocca il grido di dolore di una terra e di un popolo ormai oppressi da una tirannia sanguinaria, che sarebbe durata fino al ‘900. Riguardo all’ordine religioso, era praticamente una scelta obbligata: i gesuiti erano di gran lunga l’ordine più in vista a quel tempo, i ‘soldati del Papa’, fondati a protezione della Chiesa travolta dalla Riforma Protestante. E, di certo, un esule scampato dalla persecuzione religiosa dei protestanti, che a causa loro aveva perduto tutto, non avrebbe potuto che scegliere l’ordine di Sant’Ignazio di Doyola. Sono molto contento del risultato finale; in tanti apprezzano questa figura burbera, un po’ pedante ma in fondo di cuore! Padre Sean sarà ancora al fianco di Corbet nella loro prossima avventura, ambientata questa volta sulle rive del lago di Bolsena a Capodimonte (Viterbo), sempre pronto a ricordare al suo amico e compagno di ‘non fare sciocchezze’.
A cosa ti sei ispirato per creare gli altri personaggi e la storia della maledizione?
Parto dalla fine: la storia della maledizione trae origine da un fatto storico realmente accaduto, poi il romanzo si inventa una evoluzione diversa dei fatti ma poi il finale si ricongiunge con la realtà…L’idewa nasce quasi per caso, mentre leggevo dei guai che avevano travolto il casato dei Barberini in seguito alla morte di papa Urbano VIII, il suo membro più illustre. Ho quindi iniziato a fantasticare sul loro simbolo araldico, le api, e a pensare a una maledizione, che potesse essere rievocata proprio dalla presenza di fitti sciami d’api sulle scene dei delitti. E così è nata la storia del notaio Attilio Tebaldi, che, a causa della sua smodata ambizione, sostituisce col tradimento il suo casato a quello dei Barberini, senza sapere che sta condannando se stesso e la sua famiglia ai peggiori patimenti… Per gli altri personaggi, ho cercato di ricreare quella che era la realtà del tempo, dove nobiltà e clero erano padroni ovunque, specialmente in una società ristagnante, come era lo Stato Pontificio del XVII secolo. Ho provato a tratteggiare la quotidianità di un piccolo borgo di campagna, provando a immaginare come le donne riuscissero a ricavarsi un loro ‘spazio vitale, a dispetto del maschilismo imperante di quei tempi. In particolare, penso di aver realizzato una storia abbastanza bilanciata tra personaggi maschili e femminili, senza aver relegato questi ultimi al ruolo di ‘comparsa’.
Grazie.
Complimenti per il romanzo!
Ti ringrazio molto, Marianna! Spero che avrai voglia di leggere anche il secondo episodio!
Marianna Di Felice
Un caro saluto,
Luca Vanoli
A cura di Marianna Di Felice
marisullealidellafantasia.blogspot.it
Luca Vanoli
nasce a Biella nel 1989. Sui banchi di scuola si appassiona da subito alle materie scientifiche, per cui si sente più portato, anche se tra i suoi passatempi preferiti fa sempre parte lalettura. I libri preferiti sono i gialli, dove una mente analitica e attenta ai particolari può dilettarsi a sciogliere la matassa che l’autore del romanzo ha ordito, e i saggi storici. Alle scuole superiori sviluppa inoltre uno spiccato interesse per la storia in generale, in particolare la storia dei Papi e della Chiesa.Tuttavia, venuto il momento di scegliere a quale università iscriversi, la scelta è più razionale che passionale, opta per Ingegneria Gestionale al Politecnico di Torino. La scrittura diventa quindi un modo per dedicarsi nel tempo libero alle passioni, che sono state in parte sacrificate nella sua sceltauniversitaria: il giallo rigoroso e scientifico, dove ogni fatto alla fine deve trovare una spiegazione logica e razionale, senza il beneficio del soprannaturale, ma soprattutto la Storia. Nei primi mesi del 2009, inizia a scrivere le prime pagine di La maledizione dei Barberini, concependo la trama quasi per caso. I primi mesi di scrittura sono quasi frenetici: è talmente appassionante lo sviluppo della storia che si alza al mattino alle 5 e scrive fino alle 8 quando deve uscire per andare all’università. In pochi mesi completa la prima, corposa bozza. Segue un lungo, lunghissimo periodo di revisione ‘matta edisperatissima’, durante il quale il romanzo subisce innumerevoli modifiche, tra cui il cambio del titolo, e finalmente ‘Una manciata di cenere’ vede la luce nel marzo 2020, in piena pandemia COVID-19.Nonostante l’intensa revisione, Luca riesce comunque a dare sfogo alla sua creatività, scrivendo il secondo romanzo della serie, dal titolo Il Quarto e il quinto, oggi in revisione, e concependo le trame per altre storie.
Acquista su Amazon.it: