Una morte perfetta




Recensione di Loredana Cescutti


Autore: Angela Marsons

Traduzione: Erica Farsetti e Clara Nubile

Editore: Newton Compton

Serie: Kim Stone #4

Genere: Thriller

Pagine: 384 p., R

Anno di pubblicazione: 2018

Sinossi. Il laboratorio di Westerley non è un posto per i deboli di cuore. Si tratta di una struttura che studia i cadaveri in decomposizione. Ma quando la detective Kim Stone e la sua squadra scoprono proprio lì il corpo ancora caldo di una giovane donna, diventa chiaro che un assassino ha trovato il posto perfetto per coprire i suoi delitti. Quanti dei corpi arrivati al laboratorio sono sue vittime? Mentre i sospetti di Kim si fanno inquietanti, una seconda ragazza viene aggredita e rinvenuta in fin di vita con la bocca riempita di terra. Non c’è più alcun dubbio: c’è un serial killer che va fermato il prima possibile, o altre persone saranno uccise. Ma chi sarà la prossima vittima? Appena Tracy Frost, giornalista della zona, scompare improvvisamente, le ricerche si fanno frenetiche. Kim sa bene che la vita della donna è in grave pericolo e intende setacciarne il passato per trovare la chiave che la condurrà all’assassino. Riuscirà a decifrare i segreti di una mente contorta e spietata, pronta a uccidere ancora?

Recensione

Mamma…”.

Ti girasti. La tua faccia era impenetrabile, ma nascosta da qualche parte c’era la promessa di un sorriso.

Quello era il mio momento, la mia opportunità di rimettere apposto le cose. Se solo avessi detto la cosa giusta.

Mamma, gioca con me.

E, infine, sorridesti.

Ma adesso non sei più qui con me, vero, mamma? Ma ci sono le altre mie amiche.

Devo andare ora.

La mia migliore amica mi sta aspettando.

L’ambientazione di questo quarto libro è sicuramente molto pittoresca e originale: immaginate di addentrarvi in un luogo isolato, immerso nel verde, con alberi, prati immensi, tanto spazio a disposizione fuori e dentro le mura.

Magari anche uccellini cinguettanti e farfalle che svolazzano di fiore in fiore. Potrebbe essere un sogno! Un’oasi di pace non pubblicizzata, tutta a vostra disposizione. Libertà, spazio, privacy.

Sarebbe bello, ed effettivamente esiste, ma non è stato destinata a nessuno di noi (fortunatamente!) e, sicuramente, non è un posto da sogno!

Ho ritenuto utile fare questa premessa, perché tutto avrà inizio proprio in questo luogo che appare “da favola”, durante una visita guidata a fini lavorativi, che Kim Stone farà assieme ai colleghi all’“Istituto di ricerca specializzato in antropologia forense e discipline correlate”, ma più comunemente conosciuto come “Fattoria dei corpi”. Un luogo dove si fanno ricerche provando a replicare tutti gli scenari possibili nella conservazione e decomposizione dei corpi sottoponendoli a varie situazioni (insetti, atmosfera, terra, acqua, umido, sole…) al fine di raccogliere dati scientifici che successivamente potranno essere d’aiuto anche alla polizia nella risoluzione di indagini vecchie e nuove.

Proprio in queste circostanze, durante il tour attraverso un “cimitero in parte al chiuso e in parte a cielo aperto” la detective-ispettore Stone scoprirà un corpo.

Ma cosa dovrebbe esserci di strano nel rinvenire un corpo in un posto simile?

Invece sarà proprio tale scoperta a far partire l’indagine, poiché gli “ospiti” della struttura hanno tutti una loro zona assegnata, un loro ruolo a fini scientifici ben preciso e anche un nome fittizio necessario per identificarli e, tutto sommato, anche per riconoscergli il rispetto dovuto.

Il cadavere scoperto, invece, non centra nulla con la fattoria e dal modo in cui si presenterà agli occhi dei poliziotti, apparirà da subito chiara la natura violenta del crimine subito dalla vittima.

Sarà un’indagine complicata poiché, anche dopo aver identificato la ragazza morta, mancherà un movente plausibile per un gesto tanto efferato e, come se non bastasse, pochi giorni dopo anche un’altra donna verrà ritrovata nelle medesime condizioni.

A differenza della prima, per puro miracolo potrebbe ancora salvarsi,anche se le possibilità appariranno remote e non ci sarà la certezza di come potrebbe risvegliarsi.

L’unico fatto che inizierà ad apparire chiaro sarà che il/la killer havoglia di giocare con le sue vittime.

Data la natura così brutale del crimine e dato l’estremo bisogno di qualsiasi aiuto possibile per fermare questo orrore quanto prima, viene reclutato anche il dottor Daniel Bate che per ragioni di studio si trovava già in zona. Un bravissimo osteoarcheologo che in passato aveva collaborato per un altro caso con la polizia e con Kim, e soprattutto una figura che già in passato aveva dimostrato una forte attrazione per la detective.

Per Kim Stone dedicarsi anima e corpo al lavoro senza legarsi affettivamente a nessuno rimarrà l’unico modo per restare al sicuro e per non soffrire più, come già accaduto più volte in passato, sin da quando era bambina. Non avvicinarsi a qualcuno per non rischiare l’abbandono, a maggior ragione in questo periodo dell’anno in cui un anniversario importante si sta facendo avanti riportando a galla ricordi belli e brutti.

L’unico essere al quale si è avvicinata e dal quale separarsi ora le provocherebbe comunque un grande dolore è Barney, il cane che ormai vive con lei da un po di tempo, incontrato durante un’indagine (anch’esso con un passato di sofferenze) e che è diventato il perno della sua esistenza. Un legame oramai indissolubile per due anime ferite che assieme si completano e si consolano.

Il ritmo del libro apparirà da subito molto veloce; ormai chi conosce Kim sa quanto si prodighi per arrivare alla soluzione di un caso, sia per dare giustizia alle vittime che, a maggior ragione, per salvare coloro che hanno anche solo una possibilità di sopravvivere.

Il nome del soggetto ignoto in realtà si scoprirà un po prima di giungere alla conclusione del libro, peccato che però saperlo non servirà a nulla. Addirittura per buona parte della storia non saremo in grado di conoscerne nemmeno il genere: ci chiederemo spessose sia un maschio o una femmina data l’ambivalenza di indizi.

Posso però garantirvi che la storia sarà cruda, brutale e dolorosa, tanto da lasciarvi sgomenti e increduli. Angela Marsons è riuscita ancora una volta ad affrontare argomenti difficili come il disagio familiare in modo schietto, tagliente, senza abbellimenti. Sicuramente non è un libro di facile lettura, sia per il tema trattatoche per l’ambientazione così sapientemente e minuziosamente descritta in tutti i suoi aspetti. La familiarità che ho acquisito con i personaggi principali e lo stile narrativo dell’autrice, però, mi hanno reso la lettura scorrevole e coinvolgente dalla prima all’ultima pagina.

I momenti camerateschi fra colleghi, le parentesi di quotidianità dei vari attori coinvolti forniranno quell’attimo di calma, prima di farci immergere di nuovo nelle brutture della natura umana.

Si conferma la sensibilità dell’autrice nel dare una voce, attraverso Kim Stone, a “tutte” le vittime della storia da lei scritta, in particolare alle anime incolpevoli ma in un certo qual modo, pur senza giustificarne gli atti negativi compiuti dopo, anche a coloro che “cattivi” lo sono diventati a causa di avvenimenti negativi nel loro passato.

Per concludere posso solo dirvi di prepararvi: il finale sarà comunque una vera e propria sorpresa.

Se posso esprimere la mia opinione, il titolo del libro nella traduzione italiana (originariamente “Play Dead) appare fuorviante rispetto a ciò che dovremmo aspettarci da questa storia.

Giunti a questo punto, io ho voglia di giocare un po’, spero anche voi.

Uno a te e uno a me!” “Uno a te e uno a me!” “Uno a te e uno a me!

Buona lettura.

Angela Marsons


Angela Marsons: ha debuttato nel thriller con Urla nel silenzio arrivando a vendere un milione e mezzo di copie nel mondo. Angela vive nella Black Country, in Inghilterra, la stessa regione in cui sono ambientati i suoi thriller.

 

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