Youthless




 FIORI DI STRADA


Autori: Massimo Carlotto, Patrizia Rinaldi, Alessandra Acciai, Pasquale Ruju, Massimo Torre

Editore: HarperCollins Italia

Genere: Thriller/noir

Pagine: 320

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Veneto, una cascina tra le verdi colline coltivate a prosecco ospita un gruppo di ragazze. Sono tutte minorenni e in fuga. Dalla famiglia, dalla polizia, da se stesse. Anna ha sedici anni ed è incinta, e assieme a sua sorella Claudia nasconde un terribile segreto. Domitilla è una bellissima diciassettenne dal cognome nobile che non l’ha salvata, anzi: la ragazza dipende dall’eroina e dalla chimica che riesce a trovare. Léa è una ragazza francese che sta per compiere diciotto anni, attivista dei centri sociali, ricercata per aver ferito un poliziotto durante scontri di piazza. Rachida è una giovane senegalese. Cerca la madre e una vita più sopportabile, lontano dal sistema di valori inaccettabile del suo clan. Teresa è una sedicenne calabrese dallo sguardo feroce: figlia di ’ndrangheta, scappa dalla propria famiglia che le ha ucciso la madre. Infine c’è Stella: di lei non si sa quasi nulla, appena arrivata è scomparsa. Viene trovata morta e le ragazze nel panico decidono di cambiare zona. Ma prima che possano farlo irrompono nella cascina due poliziotti, il sovrintendente Cristoforo Marino e il vicecommissario Giustina Rebellin, che le catturano. Riescono a liberarsi, ma a caro prezzo. Inizia la loro Odissea, un viaggio che le porta lontano dal passato verso un futuro che sembra impossibile da raggiungere, dal Veneto verso la Calabria, inseguite da Giustina, implacabile, perversa e crudele, mentre il superiore di lei, il commissario capo Valerio Pavan, comincia a capire che le zone d’ombra della vicenda sono molte. Scritto a dieci mani da cinque grandi scrittori, “Youthless. Fiori di strada” è un noir che tiene il lettore incollato alla pagina, e, al tempo stesso, un grande romanzo sull’amore, il dolore, l’amicizia, la speranza, popolato da straordinari personaggi femminili, fatti della materia di cui si compongono gli incubi e i sogni. 


Youthless

A cura di Edoardo Guerrini


 Recensione di Edoardo Guerrini

Questo romanzo scritto a dieci mani da alcuni tra i maggiori autori italiani del genere thriller noir, è stato per me fin da subito una lettura mozzafiato, di quelle poche che mi hanno portato veramente a divorarlo, nel giro di pochissimi giorni. La storia inizia subito con un delitto: una ragazza, Teresa, che si muove silenziosa in un bosco nei dintorni di Vittorio Veneto, presto scopre che lo strano silenzio, dovuto a umane presenze, è legato a una torma di persone in divisa, poliziotti che attorniano il cadavere di una ragazza.

Presto scopriamo che Teresa conosceva la vittima, Stella, di cui è stato ritrovato il cadavere nudo e presumibilmente oggetto di feroci sevizie. Gli autori seguono costantemente una regola basilare: mostrano senza dire nulla, senza mai essere presenti come voci se non attraverso le voci di ciascun personaggio, e senza mai commentare, lasciando che il lettore si faccia una sua idea ben precisa di dove stia il Male e dove stia il Bene.

Fin dal prologo iniziale, in cui parla Domitilla, e poi accompagnati da Teresa che ci porta in una cascina abbandonata dove lei vive con altre ragazze, incontriamo le altre protagoniste: le due gemelle sedicenni, Anna e Claudia, la prima delle quali è incinta e la seconda si è presa il ruolo di proteggerla con tutta sé stessa; Léa, giovane francese in fuga dal suo paese per aver ferito un poliziotto durante una manifestazione; Rachida, giovane senegalese che non parla, ma forse in effetti non è muta; Domitilla è una tossica di straordinaria bellezza, che si procura le dosi vendendosi; e infine Teresa, forse la più tosta del gruppo (o forse alla pari con Léa), una calabrese che sta fuggendo da storie di famiglia di ‘ndrangheta davvero tremende.

Ma oltre alle sei e alla settima, Stella, che già ha perso la vita, si scopre che c’era stata anche un’ottava ragazza con loro, Titti, anche lei vittima di un misterioso omicida perverso.  Qualcuno ci ha preso di mira, dice Teresa, dobbiamo andarcene da qui. Ma prima che arrivi il mattino, irrompono nella cascina in piena notte due poliziotti, Giustina Rebellin e Cristoforo Marino, le catturano e le portano via. Di lì a poco inizia una serie di sfortunati eventi, causati, come nell’omonimo film, da una mente malata, diabolica. Le ragazze iniziano un viaggio lunghissimo per sfuggire al male, o forse, per meglio dire, continuano il loro viaggio che già le aveva condotte a sfuggire a un’enorme serie di mali, il più delle volte legati a pessimi retaggi familiari oppure sociali. Di queste ragazze, anche se quasi tutte già ricercate per una serie di reati, e poi tutte coinvolte in un fatto di sangue, è evidente la condizione di vittime. E qui sta la clamorosa scoperta di questo romanzo, che ci spinge a guardarci allo specchio e scoprirci spettatori ignari, il più delle volte omissivi se non addirittura commissivi, di un sistema malato che porta intere generazioni di minori a perdersi in vicende che li rendono in apparenza colpevoli, in realtà vittime.

Mentre il commissario capo Valerio Pavan, esercitando con acutezza e rigore il suo mestiere cerca di dipanare i fili di questo aggrovigliato caso, il viaggio, che inizia a somigliare a un’Anabasi, porta la truppa delle sei a cercare come ultima meta un luogo come l’Africa, dove una società vista come originaria, antica, incorrotta potrebbe accoglierle e proteggerle dal male; ma per arrivarci devono prima attraversare tutto lo Stivale, passando dalla Romagna alle Marche, poi portandosi sulla sponda tirrenica attraverso la Campania e fino alla Calabria, in un inseguimento continuo dove sono braccate, inseguite, e durante il quale fioccano altre vittime. Intanto i mass media ci mettono ulteriormente di fronte alla nostra ipocrisia, da benpensanti che vedono le ragazze come una banda di tossiche, sbandate che devono finire in galera buttando via la chiave, anche se una giornalista di una radio locale, Susanna Zanetti, incarna un raggio di speranza nel cercare con rigore e professionalità la verità.

Ogni tanto, spezzando la narrazione in terza persona che segue le vicende su più punti di vista, alcuni capitoli in corsivo danno voce, a turno, a ognuna delle ragazze che parla in prima persona.
Ed ecco uno dei passaggi che più mi hanno commosso, facendomi uscire un piccolo singhiozzo, in cui parla Anna, la sedicenne che porta in grembo un figlio:

Forse glielo potevo dire il fatto dei meno male. E così gliel’ho detto. Sai, Rachida, io mi lamento, ma certe volte non ci credo tanto al lamento che sto facendo. Sì, ho paura di perdere il figlio, questo sì, ma se ho paura di perderlo significa che lo voglio. Che sono contenta. E meno male che riesco ancora a essere contenta. La mia lingua si era sciolta, forse perché avevo bevuto l’acqua calda. Perciò ho continuato. Io sono stupida, lo so. Ma meno male, almeno non sto sempre lì a incazzarmi. E poi meno male che non sto più a casa. Io amo molto mia sorella, e pure lei era a casa con me, ma questo era pesante: quando succede il terrore ti fa male per due, se ami molto. Tu ami qualcuno? Mia madre, mi ha risposto. Ecco, allora mi puoi capire: se ti succede qualcosa di male, stai male per te e per lei. Infatti io la prima volta che è successa una cosa molto brutta, a Claudia non gliel’ho detto. Ho fatto finta che stavo come al solito. Per non farle scoprire i miei pensieri, mi sono convinta di molti meno male. Meno male che cammino, per esempio, che ho due piedi. Meno male che capisco le bestie. Meno male che ho una sorella. Meno male che mi piace mangiare. Domitilla si prende le pasticche, io mi arrangio con le cose belle. Sono stupida, te l’ho detto. Forse sei la più intelligente di tutte.

Perché le sei protagoniste, mentre fuggono, crescono. La giovinezza vera e propria è stata loro portata via con la violenza, ma intanto loro crescono, cresce la loro amicizia, l’amore di ognuna per l’altra, l’amore che le conduce a diventare una vera e propria falange a testuggine per respingere l’assalto del nemico. E ci riescono, anche se il finale, lasciato aperto e un pochino sospeso, mi ha lasciato leggermente deluso. A meno che non arrivi una seconda puntata, che aspetterei con ansia.

Nel brano che ho trascritto, anche se non ne sono sicurissimo, mi pare di riconoscere la mano di Patrizia Rinaldi, che è anche l’unica delle cinque firme che conosco personalmente oltre che da lettore appassionato.

Certo mi resta la curiosità di sapere come sia nato questo appassionante progetto editoriale, come sia stato portato avanti unendo i contributi di cinque grandi firme, ai quali faccio comunque i miei più sentiti ringraziamenti.

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GLI AUTORI


ALESSANDRA ACCIAI – È nata a Roma e cresciuta a Firenze, ha lavorato in teatro, cinema e televisione. Come produttrice ha portato sullo schermo, fra le altre cose, Pecora Nera e Viva la sposa di Ascanio Celestini, ‘È stato il figlio’ e ‘La buca’ di Daniele Ciprì, Passione di John Turturro e Ferrante Fever di Giacomo Durzi. 

MASSIMO CARLOTTO – Nato a Padova nel 1956, ha pubblicato una trentina di romanzi. Scrive anche per il teatro, il cinema, la televisione e il fumetto. 

PATRIZIA RINALDI – Laureata in Filosofia, vive e lavora a Napoli. Partecipa dal 2009 a progetti letterari presso l’Istituto Penale Minorile di Nisida. I suoi libri sono stati tradotti in vari Paesi. Da Blanca (e/o, 2016), il primo di cinque romanzi con protagonista la detective ipovedente Bianca Occhiuzzi, è stata tratta l’omonima serie prodotta da Lux Vide e trasmessa da Rai 1 e Netflix. Nel 2016 ha vinto il Premio Andersen Miglior Scrittore, il maggiore riconoscimento italiano di letteratura per ragazzi. 

PASQUALE RUJU – Nasce a Nuoro nel 1962. Nel 1995 entra a far parte dello staff degli autori di Dylan Dog, diventando ben presto una delle firme principali della testata. Ha scritto e scrive anche albi di Nathan Never, Martin Mystère, Dampyr e Tex. Ha vinto numerosi premi, tra cui il Premio Cartoomics-If 2004 e il premio Anafi 2021 per la sceneggiatura. Nel 2016 ha pubblicato il suo primo romanzo ‘Un caso come gli altri’ (e/o, finalista al Premio Scerbanenco), cui hanno fatto seguito, ancora per e/o, Nero di mare, ‘Stagione di cenere e Il codice della vendetta’ (2021, finalista al Premio Scerbanenco). 

MASSIMO TORRE – È nato a Napoli nel 1958. Vive e lavora a Roma come soggettista, sceneggiatore e head writer di fillm e serie televisive di successo. Ha pubblicato tre romanzi noir per e/o: ‘Chi ha paura di Pulcinella?’, ‘Uccidete Pulcinella’ e ‘La giustizia di Pulcinella’, e, per Giulio Perrone Editore, il romanzo ‘La Dora dei miei sogni’.