Recensione di Stefania Ceteroni
Autore: Annalisa Arcoleo
Editore: Augh!
Genere: narrativa contemporanea
Pagine: 150
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. 1966. Nel clima di festa natalizio, una donna muore di freddo nell’indifferenza generale, lasciando un biglietto con cui si premura di preservare l’identità del bambino che stringe in grembo: “Il suo nome è Alex”. Il piccolo viene accolto in un orfanotrofio, dove vive le prime esperienze di vita assieme ad altri coetanei, sotto lo sguardo amorevole di Nadia, la direttrice, e le sue assistenti. Ma per Alex il mondo esterno rimane un’incognita, una vera e propria fobia che gli impedisce di ipotizzare il proprio futuro lontano dall’istituto. Quando la legge impone la chiusura degli orfanotrofi, inoltre, per lui si profila un grande stravolgimento e un dubbio: come preservare l’amicizia speciale che lo lega a Sarah, il suo faro nei giorni bui di solitudine? Come può mantenere la promessa che le ha fatto? Le paure, le scelte e la necessità di dover crescere mantenendo la propria integrità in una società che poggia sulle evanescenti fondamenta dell’indifferenza sono le tematiche che plasmeranno il destino del protagonista.
Recensione
Appena ho finito di leggere il libro “Il mio nome è Alex” sono rimasta per qualche minuto in silenzio, sola con i miei pensieri, per cercare la mia chiave di lettura alla storia appena conclusa.
E credo di averla trovata: secondo il mio parere quella di Alex è una storia che si avvicina molto alla favola moderna per via dell’accentuazione di alcune situazioni che, nella normalità, stonerebbero. In una favola no.
E non lo dico in senso dispregiativo.
Ho voluto interpretare la vita di Alex, il suo viaggio dalla nascita alla senilità, come una favola da raccontare per trasmettere concetti importanti come quelli della solitudine, dell’abbandono, dell’amore, della mancanza, della lontananza, della speranza. Concetti molto sfruttati nella letteratura moderna ma proposti, in questo caso, in modo originale se la mia chiave di lettura è quella giusta.
Tutto ha inizio nel Natale del 1996 quando la mamma di Alex muore su un marciapiede, tra l’indifferenza di tutti coloro che sono troppo presi dagli ultimi acquisti e dalla frenesia del momento. Quella donna protegge fino alla fine, con il suo corpo, suo figlio. Un figlio piccolissimo se si considera che più avanti, nel 2026, si dirà che Alex ha trent’anni. Lo sottolineo perché si fa molto leva sui ricordi del piccolo Alex, ricordi della sua mamma: ma se era in fasce come può avere da grande ricordi così nitidi? Questo, almeno, nella vita normale. Secondo la mia chiave di lettura, però, tutto è possibile.
E’ possibile che Alex senta su di se quel senso di abbandono che la sua vicenda personale gli ha appiccicato addosso e riesca a trasformarlo in attenzione per gli altri.
E’ possibile che Alex avverta ancora il calore del corpo di sua madre e riesca a trasformarlo in affetto per le persone con le quali entra in contatto.
E’ possibile che Alex abbia la sensazione di sentire gli odori che lo avvolgevano in quella via, tra le braccia della madre morente e riesca a farne viatico per la propria esistenza.
La storia di Alex è una storia di mancanze ma è anche la storia di chi riesce trasformare tali mancanze in pienezza per gli altri. Riesce a riempire la vita degli altri già da piccolino, all’interno dell’orfanotrofio quando, un Natale dopo l’altro, si sente sempre più legato ai suoi compagni di sventura. A Luca, il pasticcione, ad Emanuele il furbetto del gruppo, a Mattia che è sempre arrabbiato con tutti ma anche a Michele, il ragazzino di colore che non riesce a capire cosa ci sia di diverso in lui rispetto agli altri. Alex è particolarmente legato a Giuseppe: ha l’asma, difende sempre i più deboli pur avendo una gran paura solo nel farsi notare. Ed è legato a Sarah: è una ragazzina con la maturità di piccola donna, uno spirito allegro e gioioso, sempre pronta ad infondere coraggio con il brillio dei suoi occhi.
Il ragazzino riesce a raggiungere il suo equilibrio all’interno di quella struttura che considera, a tutti gli effetti, la sua famiglia. Ma sarà ancora a Natale, nel Natale del 2006, che arriva la notizia che l’orfanotrofio alla fine dell’anno dovrà chiudere i battenti.
Sarà quello il momento del distacco, per quei ragazzini, tanto che Alex si troverà solo ad affrontare una vita nuova. E una nuova mancanza, una nuova assenza: quella di Sarah. Li lega una promessa che, però, non sarà facile mantenere.
Da qui il salto verso Alex trentenne: ha trovato una sua dimensione ma, se dovessi giudicare la sua esistenza pensando a lui come ad una persona in una storia reale dire che non è un giovane realizzato, non ha una vita al di fuori della struttura in cui si trova, non esce da quelle quattro mura proprio come da bambino non era mai uscito dall’orfanotrofio. Non si può vivere così, direi. Come si può pensare di non avere mai bisogno di un dottore, non dover frequentare una scuola, di non uscire mai da quel cancello, di non dover mai fare un documento in un ufficio pubblico, niente di niente? Impensabile!
Ma nella storia fantastica di Alex allora sì che è possibile perché tutto ciò rappresenta ancora il retaggio di ciò che il mondo gli ha tolto. Tutto ciò che è fuori dalle mura della sua comfort zone gli ha tolto sua madre e rappresenta, anche ora che è grande, la sua paura più grande.
Da Alex trentenne si fa ancora un salto in avanti e si scopre ancora qualche cosa di lui e che ha ancora il sapore della favola.
Questa è la mia interpretazione della storia che l’autrice ha proposto sintetizzando in poche pagine un ampio arco di tempo.
Letta così ha un senso. Se fossi stata più realista allora, probabilmente, il mio giudizio sarebbe stato un altro ma mi va bene così.
Ah, dimenticavo, il titolo mi è piaciuto davvero tanto!
A cura di Stefania Ceteroni
https://libri-stefania.blogspot.com
Annalisa Arcoleo
Annalisa Arcoleo è nata a Palermo nel 1989. Dopo il diploma, si è trasferita a Roma per frequentare l’Accademia di Cinema e Televisione di Cinecittà, ottenendo una specializzazione, come film-maker, in regia e sceneggiatura. Ha partecipato alla realizzazione del documentario M’ssiù Mulè – La vita di Charles Moulin di Enrica Orlando, alla produzione delle serie tv Anima Nera e Task Force, e al cortometraggio Último beso en Roma diretto da Carla Vadell. Nel 2012 ha seguito il corso di formazione “Rai Lab”, organizzato dalla rai. Giornalista, collabora con la testata “World Bride Magazine” dal 2015 e scrive sul blog “Il Salotto del Gatto Libraio”, dove si occupa di recensioni cinematografiche. Con Augh! Edizioni ha pubblicato Runk – Una vita in trenta giorni (2017) e Il viaggio di Runk (2018).
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