Recensione di Stefania Ceteroni
Autore: Katerina Poladjan
Editore: Sem
Genere: narrativa contemporanea
Pagine: 224
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Helene, una giovane restauratrice di libri tedesca, atterra a Erevan per restaurare antichi manoscritti e imparare le tecniche della legatoria armena. Le viene affidato un evangeliario del Diciottesimo secolo, passato di mano in mano fino ad arrivare, nel 1915, a una famiglia sulla costa del Mar Nero. Gli ultimi proprietari sono stati Anahid e Hrant, e quel libro è l’unica cosa che rimane ai due fratelli in fuga dal genocidio armeno. Helene, un secolo dopo, lavora minuziosamente al complicato restauro con bisturi, ago e filo; il processo è completato da procedimenti quasi alchemici di estrazione del colore. Sul bordo di una pagina trova una scritta scarabocchiata: Hrant non vuole svegliarsi. Incuriosita, approfondisce gli enigmi del vecchio libro nell’Armenia di oggi, ritrovandosi immersa ed emotivamente coinvolta in una storia di esilio, perdita e dolore, che si ripercuote tuttora, generazioni più tardi. Così decide di partire per un viaggio verso la costa del Mar Nero, fino all’altra parte dell’Ararat, per arrivare in fondo alla realtà. Un romanzo con due finali, uno tragico e uno positivo, divisi equamente tra realtà e finzione. Katerina Poladjan riflette sull’enorme tragedia del genocidio armeno con un linguaggio poetico e spigoloso, ricordando come ogni libro sia una “patria portatile”, qualcosa da proteggere e difendere.
Recensione
La restauratrice di libri non è stato un libro di semplice lettura, per me. Innanzitutto per via dei nomi che ho fatto fatica a memorizzare ed anche per lo stile narrativo usato dall’autrice oltre che dalla storia narrata. Non è un libro che si legge giusto per distrarsi, per riempire il tempo. Va letto con attenzione, questa è l’impressione che ho avuto io, anche per via del tema di cui parla: il genocidio armeno.
Helene Mazavian non si è mai preoccupata più di tanto del suo passato e non avrebbe mai immaginato che il suo nuovo lavoro, a Erevan – capitale dell’Armenia – avrebbe portato con se molto di più di un’attività di restauro. Durante il suo lavoro si imbatte in una frase molto particolare:
«Hrant non si sveglia, aiutami, fallo svegliare» .
Una frase che le rimane impressa e che avvia, per il lettore, una nuova narrazione, su un diverso piano temporale. Si arriva al 1915 con una storia che riporta alla memoria coloro che hanno posseduto per ultimi quel prezioso oggetto: Hrant e Anahid sono due fratelli – lei è la maggiore dei due e se ne sente responsabile – che si trovano ad affrontare la fuga verso la costa dopo che i soldati turchi hanno ucciso i loro genitori.
Soli, smarriti, con un futuro oscuro davanti, i due ragazzini sembrano emergere dalle pagine dal libro con tutta la sofferenza che la loro situazione comporta. La loro è la storia di un popolo…
E mentre l’autrice racconta la loro storia, torna a raccontare di Helene che si trova quasi a vivere una vita parallela in quel posto che non le appartiene ma che non le è poi così estraneo come ha sempre pensato. Grazie ad una foto che sua madre le ha messo tra le mani, con dei nomi, un luogo ed una data sul retro, la ragazza si metterà sulle tracce di antenati d’Armenia.
Inizialmente con una certa indifferenza poi sempre più presa, Helene si troverà a fare una ricerca appassionata anche per capire la storia di quei due bambini in fuga oltre che per risalire alle sue origini.
Nella sua ricerca la giovane donna porterà a galla ricordi dimenticati, situazioni negate, quasi sepolte e legate al genocidio armeno che, fino a quel momento, le era quasi indifferente.
Le difficoltà che ho incontrato sono probabilmente dovute alla scarsa conoscenza, da parte mia, delle vicende narrate ed anche di quella cultura a me lontana. Lo stile dell’autrice non semplifica le cose: a tratti frettoloso, freddo, come se desse molto per scontato. In altri punti, invece, ho trovato tra le righe tanto dolore e sono quelle le parti che mi hanno toccata maggiormente.
Più che la storia di Helene – della quale ho fatto fatica a comprendere appieno la personalità – ho seguito con maggiore interesse la storia di Hrant e Anahid. Ho sofferto con loro, sono entrata in confidenza con un pezzo di storia che mi sfuggiva. Ed è stato violento, doloroso… triste.
Non è un libro per tutti, sono sincera. Per chi ha sete di conoscenza e non si lascia abbattere da uno stile particolare è più che consigliato. Per chi si aspetta un romanzo di semplice intrattenimento, che scivola via in poche ore, meglio di no.
A cura di Stefania Ceteroni
https://libri-stefania.blogspot.com
Katerina Poladjan
è nata a Mosca, è cresciuta a Roma e Vienna e vive in Germania. Ha scritto i romanzi In una notte, altrove e Forse Marsiglia, oltre al diario di viaggio letterario Dietro la Siberia. È stata nominata per il premio Alfred Döblin e per il premio europeo di letteratura e il German Book Prize 2019.
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