Recensione di Stefania Ceteroni
Autore: Pierfrancesco Poggi
Editore: Solferino
Genere: giallo
Pagine: 245 pagine
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. «È una brutta storia. E proprio perciò la voglio raccontare.» Così si apre il sipario su una vicenda che ha la più magica delle cornici, un teatro celebre in tutto il mondo, e il più brutale degli inizi, l’assassinio di una giovane donna. Siamo nell’ottobre del 1979 e alla Fenice di Venezia va in scena – o meglio dovrebbe andare in scena – Il misantropo di Molière, ma Marcellina Feltre, l’attrice che interpreta Celimene, viene trovata strangolata nel suo camerino. A indagare, assieme al suo braccio destro Bartolomeo Cadorna, è il commissario di origini siciliane Eriberto Passalacqua. Che sospetta di tutti: dall’irascibile regista Teffner al canuto primattore Romolo Lanfranchi e dalla chiacchierata Pentesilea Marcenaro alla costumista Odette, che ha appena subito un grave trauma per la perdita del figlio. Mentre tra un interrogatorio e l’altro fervono le prove, dal momento che lutto o non lutto lo spettacolo deve continuare, l’affascinante commissario si trova coinvolto dal nuovo caso più di quanto immaginasse. Forse perché non aveva mai visto un cadavere di tale impudica bellezza né un ambiente così suggestivo, forse perché il susseguirsi di misteriosi incidenti e rivelazioni incrociate dietro le quinte non gli dà tregua. O forse a tormentarlo è il ricordo di Silvia, la sua compagna morta pochi mesi prima? Di certo c’è che avere come indiziati un gruppo di attori non è affatto comodo: mentono tutti, ciascuno interpretando la propria parte in commedia. Raccontato e ricostruito grazie all’esperienza di prima mano di Pierfrancesco Poggi, il mondo del teatro emerge come il vero coprotagonista di un giallo a un tempo impeccabile e travolgente. In cui l’unico ruolo non segnato sulla locandina è il più importante: quello dell’assassino.
Recensione
Il teatro La Fenice di Venezia è il grande protagonista del giallo narrato in Molière con il morto. Perché se è vero come è vero che la vicenda si snoda attorno al ritrovamento del cadavere di Marcellina Feltre, l’attrice che avrebbe dovuto interpretare Celimene ne Il misantropo di Molière sotto ai riflettori del prestigioso teatro veneziano, è anche vero che è l’ambiente del teatro a rubare la scena al giallo. Questa, almeno, l’impressione che ho avuto io e non mi è dispiaciuta affatto.
Ad indagare attorno alla morte della giovane e bella attrice è il commissario Eriberto Passalacqua che, assieme al suo collaboratore Bartolomeo Cadorna, si rende conto fin da subito che l’indagine è destinata a procedere a rilento: si trova ad indagare nel mondo del teatro ed ha a che fare, per lo più, con attori viene da se che saranno tutti molto bravi ad interpretare la parte di chi non sa niente di quanto accaduto.
E in effetti è proprio così: il commissario passa in rassegna più volte, uno per uno, coloro che erano all’interno del teatro e che avrebbero potuto stringere le mani attorno al collo della poveretta.
Dai loro racconti emergono elementi che dipingono un quadro ricco di dettagli su chi fosse la vittima, quale fosse il suo carattere, la sua indole e le sue abitudini ma poco dicono in merito a chi potrebbe essere il colpevole. Attori, costumisti, sarte, fonici, regista, aiuto regista e tutti gli altri vengono rivoltati come dei calzini, sentiti più volte per avere, però, l’impressione di essere sempre ad un punto morto.
In questo contesto si inserisce anche un’altra morte, quella del figlio di una delle persone che erano a teatro quell’8 ottobre 1979 quando venne rinvenuto il cadavere dell’attrice. Non un omicidio, stavolta, ma una tragedia che si somma alla tragedia e che rende la situazione ancora più tesa.
Ho apprezzato lo stile dell’autore che riesce anche a strappare più di un sorriso grazie a dei personaggi che appaiono molto verosimili, con quei dialetti così particolari, che si intrecciano su un canovaccio alternativo a quello dello spettacolo: il canovaccio della vita. Alcuni sono davvero molto molto simpatici. E poi c’è il commissario: all’inizio mi è sembrata una persona che passasse in secondo piano rispetto a quel mondo così magico come può essere quello del teatro. Piano piano, però, si svela e si mostra con tutta la sofferenza che una dolorosa perdita può provocare: una vicenda personale che emerge con discrezione e delicatezza completando l’immagine di quell’uomo che non si presenta affatto come un supereroe ma come un uomo pronto a fare la sua parte, con i suoi mezzi, per risalire alla verità. Piano piano, per lui, si svela anche un legame particolare con il mondo del teatro e tutto ciò lo rende molto umano, mai sopra le righe.
Io ammetto di essere stata affascinata più dal mondo del teatro che dall’indagine che, comunque, ha una svolta particolare sul finale… Affascinante l’idea di dare voce ad un testimone che resta misterioso fino alla fine e che è, com’è facile immaginare, uno di coloro che mente alla perfezione, da bravo attore di teatro.
Si legge tra le righe la competenza dell’autore, affatto nuovo al mondo del teatro, e questo attribuisce alla storia quel tocco in più che me l’ha resa gradevole ed interessante. Inoltre, Poggi dimostra che per rendere un giallo interessante ci sono tante vie che non sono necessariamente quella dei dettagli macabri, dei fiumi di sangue e così via discorrendo.
A cura di Stefania Ceteroni
https://libri-stefania.blogspot.com
Pierfrancesco Poggi
Pierfrancesco Poggi è attore di teatro, cinema e televisione, musicista e cantautore, autore radiofonico. Della serie gialla che ha come protagonista il commissario Passalacqua sono usciti per Solferino anche La banda di Tamburello (2018) e L’assassinio dell’ingegner Adone (2019).
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