VINCITORE PREMIO CAMPIELLO 2020
Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio
Recensione di Francesco Morra
Autore: Remo Rapino
Editore: Minimum Fax
Genere: Narrativa
Pagine: 265
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Liborio Bonfiglio è una cocciamatte, il pazzo che tutti scherniscono e che si aggira strambo e irregolare sui lastroni di basalto di un paese che non viene mai nominato. Eppure nella sua voce sgarbugliata il Novecento torna a sfilare davanti ai nostri occhi con il ritmo travolgente e festoso di una processione con banda musicale al seguito. Perché tutto in Liborio si fa racconto, parola, capriola e ricordo: la scuola, l’apprendistato in una barberia, le case chiuse, la guerra e la Resistenza, il lavoro in fabbrica, il sindacato, il manicomio, la solitudine della vecchiaia. A popolare la sua memoria una galleria di personaggi indimenticabili: il maestro Romeo Cianfarra, donn’Assunta la maitressa, l’amore di gioventù Teresa Giordani, gli amici operai della Ducati, il dottore Alvise Mattolini, Teté e la Sordicchia… Dal 1926, anno in cui viene al mondo, al 2010, anno in cui si appresta a uscire di scena, Liborio celebrerà, in una cronaca esilarante e malinconica di fallimenti e rivincite, il carnevale di questo secolo, i suoi segni neri, ma anche tutta la sua follia e il suo coraggio.
Recensione
Tutti mi chiamavano Cocciamatte, anche se non ci ero matto totale per davvero.
Remo Rapino ci regala un personaggio stupendo, Liborio Bonfiglio. Questo romanzo è il racconto in prima persona della sua vita. Il protagonista scrive le sue memorie narrandoci di sé indi dell’Italia dal 1926 al 2010.
Il Liborio è apostrofato dalla società in cui vive come un pazzo. Individuo visto con sospetto e messo ai margini. Dalla seconda guerra mondiale alla caduta delle torri gemelle. La storia del mondo si intreccia a quella del cocciamatte. Lui la decodifica secondo le sue credenze. Solitudine, candore e dignità sprigionano da queste pagine. Giovane emigrante si sposta al nord per lavorare essendo rimasto solo al mondo in un paese senza alcuna prospettiva. Vive giorno per giorno accontentandosi e cercando di guadagnarsi il pane onestamente. Commette errori e viene condannato e ricoverato in manicomio. Lì riesce a costruirsi un quotidiano che lo riappacifica con il circostante e con una sua interiorità sfilacciata e perturbata. Poi torna nel suo paese dopo anni e spaesato e fuori posto. Vive per tutta la sua esistenza come limite il relazionarsi con gli altri e da questi è in molti casi sbeffeggiato e respinto. Lui non si lamenta mai accetta e tira avanti.
La vita pure di mancanze é fatta.
Mirabile è l’utilizzo di una lingua frammista al dialetto con costrutti che fanno emergere una personalità semplice, fragile che arranca con le parole ma che arriva nel profondo del lettore grazie al cuore che permea in ogni parola colpendo il lettore.
Così campavo di ricordi e me li facevo bastare e avanzare.
Il raccontare e il ricordo di molte cadute e quasi nessun evento positivo rasserena e nobilita l’esistenza di Bonfiglio. Lo eleva ad esempio e cardine nella storia del mondo. La sua semplicità si fa saggezza e riesce a veicolare concetti quali l’insensatezza della vita e la forza dirompente e rivoluzionaria dell’accettarsi.
Il glossario alla fine del libro agevola la lettura per alcuni lemmi ma in molti casi si riesce a farne a meno anzi inviterei ad non usarlo per continuare la meravigliosa immersione quasi in apnea del racconto.
Pregevoli in esergo di ogni capitolo le breve citazioni che guidano e anticipano in poche battute ciò descritto nelle pagine.
Un romanzo che commuove, emoziona e fa riflettere. Un profondo senso di umanità emana e avvince senza scampo. Nessuna retorica o addomesticamento. Liborio Bonfiglio si inserisce tra i personaggi archetipici della letteratura italiana. Un libro da inserire nei programmi scolastici che fa del ricordo arma per educare. Sì l’italiano approssimativo insegna e porta a ragionare. Trovare volumi di tal pregio è la gioia di ogni lettore. Questo libro è un capolavoro da tenere caro nelle nostre anime.
Tutti i ricordi della via mia ci faccio scrivere sulla lapide, dopo che un giorno prima o poi farò l’ultimo volo di rondine.
A cura di Francesco Morra
Remo Rapino
nato nel 1951, è stato insegnante di filosofia nei licei. Vive a Lanciano. Ha pubblicato i racconti Esercizi di ribellione (Carabba 2012) e alcune raccolte di poesia, tra cui La profezia di Kavafis (Mobydick 2003) e Le biciclette alle case di ringhiera (Tabula Fati 2017).