I cani del Pasvik




 I CANI DEL PASVIK

di Olivier Truc

Marsilio 2023

Silvia Manzio Traduttore)

Noir, pag.400

Sinossi. Sulla costa del mare di Barents, lungo la linea che separa la Norvegia dalla Russia, due mondi si osservano e si spiano a vicenda. In mezzo c’è il Pasvik: attraverso confini che gli uomini hanno continuamente spostato, il fiume percorre distese infinite di tundra e taiga che un tempo appartenevano solo al popolo sami. Dalla Lapponia norvegese dove è cresciuto, anche il pastore Piera Kyrö sogna di poter portare un giorno le renne nei pascoli di famiglia al di là del fiume, proprio come facevano i suoi avi quando la frontiera ancora non esisteva. Un giorno però succede davvero: inspiegabilmente, il suo branco si spinge in territorio russo, rendendo necessario l’intervento della polizia delle renne per scongiurare le conseguenze nefaste di un incidente diplomatico. E il sogno di Piera rischia di diventare una maledizione. È stata colpa dei cani? O c’è qualcuno a cui conviene alimentare la tensione? All’improvviso, le renne di Piera sembrano destare l’interesse di troppe persone, da un lato e dall’altro del valico. Trafficanti e investitori privi di scrupoli, politici con e senza ideali, forse anche un uomo misteriosamente scomparso da tempo: sono in molti a voler cambiare le regole di un accordo che ad alcuni offre e ad altri toglie risorse. L’indagine dell’ispettore Klemet Nango riaprirà vecchie ferite che per anni hanno lacerato regioni logorate da una lunga serie di guerre, dove linee di confine arbitrarie hanno separato le popolazioni indigene, privandole della loro terra.


Recensione di Salvatore Argiolas

Col tempo i confini del noir si sono dilatati inglobando territori, etnie, geografie molto lontani dal suo nucleo originario , ubicato nelle città e nelle periferie urbane visto che il temine “noir” nasce in ambito cinematografico per designare le pellicole hollywoodiane di argomento criminale che riscuotevano grande successo sugli schermi.

Il noir è uno stato d’animo, un atmosfera, un modo di vedere il mondo e non è definito dal numero di morti come del resto scrisse Marcel Duhamel, creatore della Serie Noir, il vangelo del genere che nel presentare la sua collana avvertì: “Che il lettore non prevenuto stia attento: questi volumi non possono essere messi in tutte le mani. In essi l’immoralità affianca i buoni sentimenti. Lo spirito è raramente conformista: i poliziotti sono talvolta altrettanto corrotti dei delinquenti; il simpatico detective non risolve sempre il problema. E qualche volta non c’è né il problema né il detective.

Ma allora?

Allora restano l’azione, l’angoscia, la violenza, i pestaggi e i massacri, gli stati d’animo che si traducono in gesti”.

Olivier Truc, francese come Duhamel, è consapevole di ciò e basa i suoi noir etnici sull’accurata descrizione di un mondo “altro”, quello dei Sami che abita da tempi immemorabili la parte immemorabile della penisola scandinava e sulla scia di altri autori come Tony Hillermann che esplora l’ambiente Navajo o per l’esattezza Dinè, Peter Høeg, che in “Il senso di Smilla per la neve” ci fa conoscere la realtà degli inuit groenlandesi e Ian Manook e il suo investigatore mongolo Yeruldelgger, rende manifesta l’angoscia di questa etnie in bilico tra tradizione e modernità, minacciate dall’inarrestabile progresso che non capiscono e non vogliono capire.

I cani del Pasvik”, quarto episodio della serie dell’ispettore Klemet Nango della polizia delle renne norvegese parte con l’inchiesta sullo sconfinamento in Russia di un branco di renne appartenenti al pastore sami Piera Kyrö che ha sempre cullato il sogno di portare i suoi animali nei pascoli dove in passato stazionava la sua famiglia.

Un terzo della zona di frontiera tra la Russia e la Norvegia, la parte centrale, era occupato dalla riserve naturale del Pasvik. Una striscia di quaranta chilometri di lunghezza per un massimo di cinque di larghezza che si estendeva tra la strada e il confine.”

Seguendo Klemet Nango e i suoi colleghi alle prese con un caso dove non ci sono delitti e i colpevoli sono i cani randagi e le vittime sono cervidi ci immergiamo in un ambiente particolarissimo e dove l’aspetto antropologico è di grande interesse portano in luce la condizione di sofferenza dell’etnia sami, dispersa tra nazioni diverse come Svezia, Norvegia, Finlandia e Russia visceralmente legata alle proprie radici malgrado le tante traversie sopportate nel corso del secolo scorso a causa delle guerre e del succedersi delle modificazioni territoriali che hanno creato ferite difficilmente cicatrizzabili nell’animo di questi uomini abituati a non avere frontiere e vivere la dura e glaciale tundra senza documenti e soprattutto senza padroni.

Olivier Truc da giornalista conosce perfettamente gli argomenti che tratta romanzandoli, creando una struttura narrativa che fluisce facendo perno soprattutto sul bisogno di identità di un popolo provato dall’invasiva presenza di profittatori e speculatori delle notevoli risorse naturali di un ambiente di grande bellezza:

Erano soli al mondo, circondati da un paesaggio maestoso, montagne basse che disegnavano onde a perdita d’occhio, valli che sembravano non aver mai visto un uomo. Oleg gridò levando la bottiglia al cielo, che rispose con la sua tavolozza di rosa aranciati attraversata da spettacolari striature azzurrognole.”.

La comprensibile nostalgia di Piera Kyrö per il periodo in cui nessuna frontiera divideva il popolo sami e i pascoli erano liberi viene strumentalizzata per una complessa speculazione ai danni di diverse amministrazioni con complicità a diversi livelli.

La trama del romanzo di Truc non è molto complicata, anche se accelera sul finale ma il grande merito de “I cani del Pasvik” è quello di mettere in luce un tema tanto interessante quanto sconosciuto e che approfondisce come e meglio di un testo di antropologia culturale:

Ricordava ancora i libri dell’Istituto di biologia razziale fondato nel 1922. Volumi pieni di illustrazioni, svedesi buoni ed ebrei cattivi, svedesi buoni e lapponi cattivi, svedesi buoni e zingari cattivi, con colonne zeppe di misurazioni di ogni angolo del cranio, misure buone e misure cattive.”

Nessuno studente voleva essere spedito nel Grande Nord, figurarsi nella polizia delle renne. Per la semplice ragione, come aveva scoperto più tardi, che alla stragrande maggioranza dei norvegesi non importava un bel niente né delle renne né dei sami”

Crescendo, Piera aveva imparato che il fiume Pasvik nasce dal lago Inari, ma in cuor suo sapeva che Mamo aveva ragione. “Tuo nonno aveva dodici anni. I comunisti arrivarono una mattina, a bordo di camion, parecchi camion. Hanno radunato solo gli uomini. Dicevano che gli uomini avevano troppe renne, che erano kulaki, nemici del popolo. E hanno preso i suoi fratelli…”

A chi pensa solo ad arricchirsi viene contrapposto chi viene conquistato dagli occhi di un cucciolo di renna e decide si lottare per salvarlo dal macello oppure chi dedica la sua vita a scavare nella taiga per disseppellire i numerosissimi morti durante la Seconda Guerra Mondiale, senza distinzione di nazionalità e di schieramenti e così facendo Olivier Truc mette in rilievo il contrastante animo umano dove vizi e virtù possono convivere e, senza emettere giudizi, fotografa il comportamento dei personaggi a contatto con un mondo che si modifica, anche per i cambiamenti climatici, e che spinge ogni uomo a fare i conti con la propria indole.

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Olivier Truc


Olivier Truc: 1964, giornalista francese, è da molti anni il corrispondente da Stoccolma di Le Monde. Documentarista e romanziere, con la sua serie sulla polizia delle renne, pubblicata in 17 paesi, ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali.