Lo spessore di un capello 




Claire Berest


Traduttore: Roberto Boi

Editore: Neri Pozza

Genere: Noir

Pagine: 240

Anno edizione: 2024

Sinossi. Una coppia perfetta, Étienne e Vive. Solida di una solidità costruita in dieci anni di convivenza. Come tutte le coppie, Étienne e Vive hanno i loro rituali: i vernissage a cui viene invitata Vive, i concerti di Étienne il martedì, le vacanze insieme in Italia, ogni agosto. Una vita sociale piena, a cui Vive partecipa con entusiasmo e che Étienne in parte subisce. I problemi di soldi, gli occasionali litigi, le riappacificazioni. Étienne e Vive si compensano: Étienne, un correttore di bozze un po’ rigido, preciso al limite della paranoia, appassionato di musica e di Verlaine, nasconde la propria frustrazione lavorativa sotto una patina di serietà. Vive, invece, fotografa per diletto, è solare, creativa, piena di interessi. Étienne e Vive si amano. Fino a quando non si amano più. Fino a quando piccole cose ordinarie non assumono nuovi significati: un taglio di capelli passato inosservato diventa un dettaglio senza importanza per Étienne, una ferita per Vive. Un concerto mancato è una liberazione per Vive, un’indicibile offesa per Étienne. Le vacanze in Italia, un indistruttibile patto d’amore per Étienne, una costrizione insensata per Vive. Ed ecco che il rancore che covava sotto le abitudini si accende fino a diventare una vampa incontrollabile, che precipita Étienne verso l’abisso di trentasette colpi di coltello. A separare la banalità del quotidiano dall’assurdità della tragedia, ci dice Claire Berest, è qualcosa di imprevisto, sottile quanto lo spessore di un capello.

 Recensione di Renata Enzo

Perché questo titolo? L’autrice ce lo rivela in esergo, con la citazione firmata dallo psicologo Daniel Zagury:

Ciò che fa scattare il passaggio all’atto criminale ha spesso lo spessore di un capello”. 

Lo spessore di un capello esplora il meccanismo che fa scattare in un uomo il passaggio all’atto criminale.

Étienne e Vive sono una bella coppia e vivono insieme da un po’ di anni, condividendo una vita sociale culturalmente raffinata; del resto, per entrambi potrebbe valere la definizione professionale di “operatori culturali”: lui correttore di bozze (anzi, “quasi” editor) e lei impiegata in una associazione di promozione dell’arte, artista lei stessa, appassionata di fotografia. 

Tutto sembra andare bene, ma già la fine del primo capoverso ci rivela che

tre giorni più tardi, nella notte tra giovedì e venerdì, Étienne avrebbe ucciso sua moglie”. 

Il romanzo segue, con attenzione minuziosa, lo sviluppo nella mente di Étienne della follia omicida: da dove sono uscite le 37 coltellate che hanno ferito a morte Vive?

Pagina dopo pagina, riga dopo riga, entriamo sempre più profondamente nella testa dell’assassino: siamo dentro di lui, condividiamo i suoi riti quotidiani: il lavoro, le meschinità dei colleghi, le serate con Vive (mai noiose: vernissage, concerti, cene), i suoi progetti segreti.

Proviamo il suo stesso rincrescimento quando viene deriso per il suo lavoro:

troppo rigido, troppo meticoloso, troppo…”.

Sentiamo crescere il suo imbarazzo mentre guarda Vive sulla pista da ballo dimenarsi

“all’unisono con corpi sconosciuti”.

È possibile l’empatia con l’omicida?È possibile sentire la sua rabbia silenziosa crescere e trasformarsi nel male assoluto?

Nella letteratura, sì. Ce lo dimostrano i grandi maestri del noir, primo tra tutti Simenon, verso cui questo romanzo ha un debito narrativo e stilistico; se non ci credete, leggete La porta o Lettera al mio giudice. 

Ciò che è affascinante ne Lo spessore di un capello è che, nel condurci nella mente dell’assassino, l’autrice ci guida con leggerezza ed eleganza attraverso il racconto dei tre giorni che precedono il gesto di straordinaria follia, lasciando a noi capire quale sia l’elemento sottile come un capello che attiverà il meccanismo omicida.

Alla luce dei fatti che riempiono tristemente le cronache di questi ultimi anni, va detto che questo non è il romanzo di un “omicidio” ma la narrazione letteraria scrupolosa di un “femminicidio”. Il punto di vista sulla vittima è quello del maschio omicida.

I gesti che Vive compie, anche con le migliori intenzioni, si rivelano offensivi agli occhi del marito: “il vestito nero, attillato ma pudico, classico ma con piccole ricercatezze, perfetto per le mondanità «professionali»”, scelto da Vive per la festa della casa editrice, si rivela una scelta offensiva agli occhi di Étienne, perché è già stato indossato l’anno scorso.

Étienne vorrebbe che lei facesse quello che lui ha in mente, come se lei potesse ragionare con la testa di lui, o come se lei fosse una sua estensione, una sua proprietà.

Ogni comportamento della donna è inteso come provocazione e tradimento:

Vive lo aveva pugnalato” arriva a pensare Étienne. Sappiamo, già dall’inizio, che le cose sono andate diversamente e che sarà Vive a cadere per le ferite inferte dal suo uomo, così come Nicoleta, Annarita, Lucia, Francesca, Manuela e tutte le altre donne che riempiono la lista dei femminicidi di quest’estate. 

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Claire Berest


pubblica il suo primo romanzo, Mikado, a 27 anni. Seguiranno altri due romanzi, tra cui L’Orchestre vide et Bellevue (Stock, 2016), e due saggi: La Lutte des classes, pourquoi j’ai démissionné de l’Éducation nationale e Enfants perdus. Nel 2017, ha scritto Gabriële, che ha avuto grande successo.

A cura di Renata Enzo

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