EMANUELA ORLANDI INTRIGO INTERNAZIONALE




ILARIO MARTELLA


Editore: Ponte alle Grazie

Genere: Saggio

Pagine: 192

Anno edizione: 2024

Sinossi. Il mistero più doloroso della storia italiana trova finalmente una spiegazione. A quarant’anni dalla sparizione di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, non esiste una «verità» riconosciuta. Ilario Martella, incaricato all’epoca di indagare sull’attentato a papa Giovanni Paolo II del 1981 e, in prima battuta, sulle sparizioni di Emanuela e Mirella del 1983, inequivocabilmente legate ai fatti di piazza San Pietro, si propone oggi di ripercorrere la vicenda dal principio. Smontate tutte le false piste spuntate in epoche più recenti, giunge all’unica soluzione possibile: i due casi fanno parte di un unico disegno criminale, di una gigantesca e articolata operazione di distrazione di massa compiuta da uno dei servizi segreti più efficienti e famigerati della Guerra fredda: la Stasi tedesca. Armato di una ricca documentazione, divenuta lentamente accessibile solo dopo la caduta della cortina di ferro, l’autore ricostruisce i dettagli di un’operazione spionistica di altissimo livello, nata per sviare l’attenzione pubblica dalle indagini che, partendo dall’attentato al Papa, avevano aperto la celebre «pista bulgara». Lo stesso Giovanni Paolo II, in visita alla sua famiglia, definì il rapimento di Emanuela «un intrigo internazionale»: dopo quarant’anni, questo libro finalmente ricostruisce perché.

A cura di Kate Ducci

La storia di Emanuela Orlandi e della sua misteriosa sparizione è talmente famosa da essere conosciuta persino da chi non era ancora nato, o era troppo giovane per seguire la cronaca, all’epoca della sua scomparsa.

Tale fama, nonostante Emanuela fosse una normalissima adolescente, con abitudini e passioni comuni a tutte le ragazze della sua età, non è dovuta  solo alla determinazione con cui i familiari non si sono mai arresi nella ricerca di una verità che sembra tuttora inafferrabile, ma anche al mistero che è sorto intorno alla sua scomparsa, da imputarsi alle origini vaticane della giovane, ma anche a una concomitanza di eventi storici talmente importanti, da far domandare (senza risposta certa) se Emanuela sia  davvero incolpevole e inconsapevole parte di un progetto più ampio, o un elemento di distrazione e manipolazione della realtà, volto a depistare e ingannare chi si stava occupando delle indagini da un punto di vista legale e giornalistico.

Ilario Martella, che della vicenda conosce ogni aspetto, in quanto sostituto Procuratore della Repubblica di Roma dal 1973 al 1978 e Giudice istruttore presso il Tribunale di Roma dal 1978 al 1990, ha curato l’inchiesta giudiziaria relativa al tentato omicidio del Santo Padre e di tutti i tentativi, più o meno riusciti, di collegare quel tragico evento alla sparizione di una giovane ragazza vaticana.

Emanuela Orlandi aveva quindici anni. Era una ragazza comune, che andava a scuola e frequentava gli amici nel tempo libero, che prendeva lezioni di musica ed era molto affezionata a una famiglia che la ricambiava e accudiva.

Mercoledì 22 giugno 1983, Emanuela uscì di casa tra le 16.00 e le 16.30 per recarsi presso la scuola di musica in piazza Sant’Apollinare. Essendo in ritardo, chiese al fratello Pietro di accompagnarla, ma quest’ultimo non fu in grado di aiutarla per un precedente impegno, cosa che indusse Emanuela a uscire di casa arrabbiata, sbattendo la porta. Questa fu purtroppo l’ultima volta in cui Pietro la vide.

Emanuela, successivamente, prese l’autobus 64 in piazza della Città Leonina, scese in Corso Vittorio Emanuele II, percorse il Corso del Rinascimento, venne fermata da un uomo che la intrattenne a parlare e arrivò alla lezione di musica con dieci minuti di ritardo.

Le lezioni terminarono alle 18.50, ma Emanuela chiese di uscire dieci minuti in anticipo, minuti che impiegò telefonando a casa (rispose la sorella Federica) dicendo che prima di arrivare a scuola un uomo l’aveva fermata per proporle un lavoro ben pagato per Avon, da svolgersi durante una sfilata di moda. La sorella le sconsigliò di accettare e le chiese di tornare a casa per parlarne con i genitori.

Emanuela raggiunse la fermata dell’autobus con due amiche, alle quali parlò della proposta di lavoro e alle quali disse di essere indecisa se tornare subito a casa o se attendere chi le aveva fatto la proposta, per dirgli che avrebbe prima chiesto il permesso ai genitori.

Emanuela non salì sull’autobus preso dalle amiche, in quanto troppo affollato, e da quel momento si persero le sue tracce per sempre.

Da quel momento, in un crescendo imprevedibile, il caso divenne uno dei più famosi casi irrisolti della storia della nostra nazione, con implicazioni che coinvolsero i piani alti del Vaticano e i vertici del terrorismo internazionale, spingendo persino il Santo Padre a fare ripetuti appelli per la liberazione di una ragazza che, apparentemente, con il massimo esponente della Chiesa cattolica aveva in comune solo lo Stato di residenza.

Il caso fu oggetto di due inchieste giudiziarie, tra il 1983 e il 1997 e tra il 2008 e il 2015, entrambe archiviate senza fornire alla famiglia di Emanuela le risposte di cui sono ancora oggi alla ricerca.

Emanuela, nonostante le tante piste seguite, nonostante si sia avuta l’impressione di essere sempre a un passo dalla sua liberazione o della tragica restituzione del suo cadavere, è attualmente scomparsa nel nulla.

Del suo caso si sono occupati magistrati, giornalisti, trasmissioni televisive e la sua eco non si è spenta nonostante i decenni di distanza, anche grazie all’encomiabile e coraggioso impegno dei familiari di Emanuela, il fratello Pietro prima di tutti, che non si è mai arreso all’idea di abbandonare la ricerca di giustizia e verità.

Ma cosa accadde davvero a Emanuela e cosa c’era di veritiero nelle piste che furono seguite dagli inquirenti nei giorni e decenni successivi alla sua scomparsa?

Il caso (ma non è dato sapere davvero se di caso si sia trattato) volle che a nel mese antecedente alla scomparsa di Emanuela (a maggio dello stesso anno) scomparve nel nulla un’altra adolescente, Mirella Gregori, coetanea di Emanuela e, come lei, ragazza semplicissima, abitudinaria, che non si sarebbe mai allontanata volontariamente dalla propria abitazione senza lasciare traccia e senza farvi ritorno.

La scomparsa di Mirella sollevò però poco scalpore e i familiari, disperati e abbandonati dalle Istituzioni, si trovarono da soli a sollecitare indagini e verità, a interrogarsi sulle sorti di una figlia amata e attesa, mentre gli inquirenti sembravano voler chiudere la questione come un allontanamento volontario, uno dei tanti.

Solo quando Emanuela scomparve nel nulla, così come la giovane coetanea che l’aveva preceduta, le due inchieste vennero collegate e fu avanzato il pericoloso sospetto che entrambe le sparizioni fossero da imputarsi a uno stesso autore, per uno stesso scopo.

È importante sottolineare, però, quanto questo collegamento non fu effettuato dagli inquirenti a seguito di una loro intuizione e che persino le misteriose sparizioni di altre adolescenti nei periodi antecedenti alla scomparsa di Mirealla ed Emanuela non sollevarono interrogativi in chi doveva occuparsi della vicenda e trovare risposte.

Il 25 giugno, dopo una serie di telefonate a opera di mitomani, la famiglia Orlandi una ricevette da parte di un giovane che si identificò come Pierluigi, il quale riferì di aver incontrato Emanuela e fornì alcune informazioni all’apparenza assai attendibili. Da quel momento, alla famiglia Orlandi, ignara di quanto sarebbe accaduto di lì a poco, fu consigliato di registrare ogni telefonata in entrata.

Successivamente, le innumerevoli telefonate ricevute dagli Orlandi ebbero come presunti protagonisti personaggi che collegarono la propria identità ad associazioni di terrorismo internazionale, di matrice turca, e che pretesero la liberazione dell’attentatore del Santo Padre, fornendo in cambio il rilascio della cittadina vaticana Emanuela Orlandi.

Riassumere e ricostruire tutte le telefonate ricevute e le piste aperte (alcune abbandonate), che si susseguirono nel corso degli anni, sarebbe impossibile e toglierebbe merito all’encomiabile lavoro di Ilario Martella, che invece lo fa con dovizia di particolari e che ci aiuta a orientarci in un intricato percorso, che sembrava più volto ad allontanare dalla verità chi ne era alla disperata ricerca che a raggiungerla.

È importante però sottolineare che, da un certo momento in poi, i telefonisti che si avvicendarono dichiararono di essere i responsabili sia della sparizione di Emanuela che di quella di Mirella, di trattenere le ragazze e di essere disposti a restituirle alle loro famiglie solo a seguito di contrattazioni che coinvolsero il Papa così come il Presidente della Repubblica Pertini.

Ilario Martella, che all’epoca si occupò dell’attentato al Santo Padre, ma non direttamente della sparizione delle due ragazze, ripercorre con innegabile competenza e capacità investigativa tutti gli eventi che sono intercorsi da quel momento fino ad arrivare all’epoca attuale.

E, viste le ovvie qualità, lo fa senza allontanarsi mai dai fatti, senza lasciarsi andare a supposizioni o sensazionalismi che toglierebbero valore alla verità, unico elemento da lui ricercato e ricostruito.

Le sue indagini hanno origine dal momento successivo alla caduta del muro di Berlino e dai documenti desecretati che hanno consentito di venire a conoscenza di fatti e informazioni impossibili da ottenere all’epoca della sparizione delle due ragazze.

È importante sottolineare quanto questa indagine sia appunto fondata su documenti certi, non su testimonianze verosimili, su fatti incontestabili e verità che possiamo assolutamente definire tali.

Ma cosa contenevano quei documenti e a quale verità ci permettono di approdare?

Riferirlo o riassumerlo non solo renderebbe un’idea approssimativa e non completa della soluzione a cui Ilario Martella è pervenuto, ma toglierebbe anche il giusto riconoscimento a lui che la ha elaborata e al suo ammirevole e preciso valore di ricerca, nel quale spiega con attenzione cosa abbia sviato gli inquirenti allora e cosa permetta adesso di  formulare ipotesi talmente veritiere da lasciare poco spazio a dubbi e perplessità.

Una lettura che sgomenta e indigna, che fa apparire le due giovani ragazze come pedine casuali e  sacrificabili in un disegno più ampio, volto semplicemente a scaricare responsabilità evidenti e allontanare scomodi sospetti sui cui risvolti l’autore fornisce spiegazioni inattaccabili agli occhi di chi legge la sua attenta disamina, la sua abile ricostruzione dei fatti.

Una lettura necessaria e utile non solo a chi si è sempre chiesto cosa si accaduto a Emanuela, ma anche a chi vuole comprendere a fondo un periodo storico internazionale delicato, talmente delicato da far ritenere legittima ogni arma utilizzata per impedire di stravolgere equilibri precari.

Emanuela Orlandi e la sua sparizione sono stati senza dubbio, e Ilario Martella ce lo dimostra, un intrigo internazionale, che ha sacrificato due giovani vite a un progetto più ampio, che ha coinvolto personaggi in vista e insospettabili e spinto millantatori e personaggi misteriosi a cercare provvisoria visibilità sulle spalle di due famiglie che stavano soffrendo del più grave dei dolori: la perdita di una persona amata, senza poter avere in cambio risposte, senza una tomba su cui piangere, senza un colpevole e una verità. Tutte cose che, purtroppo, forse non arriveranno mai.

Quando affronto casi di cronaca che hanno come protagoniste persone scomparse nel nulla, ci tengo sempre a sottolineare con convinzione questo aspetto. Perché ciascuno di noi ha subito una perdita, talvolta anche prematura e inaccettabile, ma chi la ha subita senza avere una risposta, una verità, un colpevole di qualcosa che non sa nemmeno identificare, soffre di un’eterna attesa. Attesa di poter piangere una perdita definitiva, di sapere la verità o, in un angolo remoto del proprio cuore, di un ritorno e di una riconciliazione. E credo non esista crudeltà più grande di lasciare una famiglia in balia, a vita, di questa ultima illusione.

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Ilario Martella


Ilario Martella (Corsano, 1934). Magistrato dal 1965, sostituto procuratore della Repubblica di Roma dal 1973 al 1978 e giudice istruttore presso il Tribunale di Roma dal 1978 al 1990, si è occupato, tra l’altro, di terrorismo, criminalità organizzata, sequestri di persona e reati contro la pubblica amministrazione. Come pm ha trattato lo «scandalo Lockheed» e, come giudice istruttore, l’attentato a Giovanni Paolo II. Ha svolto poi funzioni di magistrato della Corte di Cassazione.