Alessandro Beriachetto
Editore: Golem
Genere: Thriller
Pagine: 264
Anno edizione: 2024
Sinossi. Mec è un commissario di sessantacinque anni che ha perso la voglia di vivere, ma ha un dono che non può ignorare: capire le persone, soprattutto la mente dei criminali. Per questo è richiesto sull’ennesima scena del delitto, questa volta affiancato da Vincenzo D’Amato, giovane vice ispettore ansioso di dimostrare il suo valore. L’assassino è meticoloso e seriale, sceglie con cura le sue vittime e le uniche tracce che lascia sembrano essere strani morsi sui cadaveri. Quando una paziente catatonica di una casa di cura psichiatrica sembra avere collegamenti con gli omicidi, Marti, un’operatrice sociosanitaria, inizia un’indagine parallela per scoprire la verità sul misterioso assassino.
Recensione di Marco Lambertini
Torino, in un buio e glaciale novembre diventa il territorio di caccia di un omicida seriale, inizia così “La paura del buio”, con un prologo affilato come una lama tagliente e che da’ subito un ritmo sincopato che resta poi per tutta la storia.
Anche se all’apparenza potrebbe essere facile per un esordiente iniziare con una storia di serial killer, credo invece sia una bella “trappola” in cui è altrettanto facile cadere con qualcosa di rimasticato e già letto. Trappola in cui Alessandro Beriachetto non cade, anzi ne resta ben lontano.
Infatti la trama si snoda veloce alternando azione ed introspezione e i personaggi sono tutti molto ben descritti e non si dimenticano.
Il Commissario Moretti, Mec per i colleghi, sembra all’inizio il classico poliziotto con un dolore alle spalle che si ritrova quasi per forza ad indagare sui delitti che si susseguono sempre più efferati, invece piano piano cresce di spessore e diventa il fulcro su cui gira tutto il libro.
Vincenzo D’Amato il giovane ispettore che vuole fare carriera nell’ antimafia in onore del padre poliziotto ucciso mentre indagava sul crimine organizzato, non è la classica “spalla” per il vecchio Commissario, ma un vero bulldozer che impara presto, anche se inizialmente scettico nei confronti di Mec e dei suoi profili criminali.
Martina, operatrice sanitaria alle prese con un marito violento, che per caso capisce che una sua paziente, catatonica da tempo, vedendo le immagini del mostro in Tv reagisce in modo violento e potrebbe sapere chi sia il mostro. Martina allora inizia una indagine personale pericolosa solitaria ma che la porterà ad un passo dalla soluzione del mistero
E sopra e in mezzo a loro il “mostro” che è il motore di tutto quello che accade e muove tutti i fili come “NoOne Kevin Spacey” in Seven.
Tutti loro sono accumunati dal dolore e dalla paura e attraverso questi sentimenti i due investigatori e Martina riescono però ad agire e a capire che quei sentimenti sono anche nell’anima del serial killer e ne muovono le terrificanti azioni.
L’indagine si dipana lungo strade che sembrano portare ad un finale e poi inaspettatamente vira verso altri lidi sempre attraverso percorsi logici e realistici, per ritornare poi, in un drammatico finale dove tutto è iniziato.
Non solo “La paura del buio” non cade nella trappola del già scritto, ma l’autore riesce anche a trovare nuovi percorsi narrativi e mischia i generi dando vita ad un racconto intenso, crudo e molto efficace.
Beriachetto “sfida” il lettore con molte citazioni di film, serie tv e libri, alcune facili ed immediate e altre da vero innamorato, che a me hanno dato molto piacere e comunque rendono ancora più soddisfacente la lettura.
Davvero un esordio coi fiocchi e tutto da leggere, Alessandro Beriachetto dimostra di essere già all’altezza dei grandi del Thriller italiano.
INTERVISTA
La paura del buio mi ha particolarmente colpito perché pur essendo un esordio ha lo spessore e la consistenza di uno scrittore navigato, forse dovuto all’amore dichiarato esplicitamente per il thriller in tutti i suoi generi.
Buongiorno Alessandro, leggendo La paura del buio emerge il suo amore per serie Tv, cinema e narrativa thriller o mistery, le chiedo se è nata prima la storia del libro oppure è stato proprio quell’amore a farle creare personaggi e trama?
Sicuramente la passione per questi generi è stata determinante per la storia che ho scritto. Tutti i libri che ho letto, nonché i film e le serie TV, hanno creato un terreno molto fertile sul quale far crescere la storia che avevo in mente. In particolare, il film Seven che mi ha influenzato maggiormente nella stesura del romanzo, sia per la creazione della trama che nei rapporti tra i personaggi (forse più di quanto voglia ammettere). Per questo, a chi è piaciuto il film molto probabilmente piacerà anche il mio libro.
Tuttavia, anche Giorgio Faletti ha giocato un ruolo fondamentale. Non avrei mai scritto questo libro se alcuni anni fa non avessi terminato la rilettura del suo Io uccido. Appena finita l’ultima pagina, ancora sotto l’effetto di quel finale pazzesco, decisi che anche io avrei scritto un libro del genere. Mi ci sono voluti sette anni (fatti di studio, esercizi, rifiuti, molte mazzate e rare piccole soddisfazioni) e anche se il mio libro è molto inferiore al suo, sono comunque contento di essere riuscito a scriverlo.
In ogni caso, la storia che volevo raccontare è quella di tre persone molto diverse tra loro che cercano un’occasione di riscatto personale, un’opportunità per risollevarsi e riprendere in mano la propria vita. Questo, tuttavia, gli costerà molto caro perché dovranno affrontare i loro traumi interiori, i propri dolori, le frustrazioni, ovvero tutto ciò che è rimasto irrisolto del loro passato e che hanno relegato nella parte più buia della loro mente. È da qui che è nato il concetto di “paura del buio” che per me è tutto quello che scegliamo di non affrontare perché ci spaventa o è troppo doloroso, perciò preferiamo rinchiuderlo in una zona oscura dentro di noi. Però, fortunatamente per i protagonisti, c’è il cattivo che, come ha detto un certo Donato Carrisi, è il motore della storia thriller. Sarà proprio l’obbiettivo comune di fermarlo a tutti i costi che unirà questi tre personaggi, così diversi tra loro, nonché a lottare anche per la propria vita.
Il romanzo miscela i generi thriller, gran parte della storia è legata alla caccia al “mostro”, ma una sottotrama importante, attraverso un personaggio, è legata alla criminalità organizzata; ritiene possibile in un prossimo libro mescolare ancora di più questi due generi narrativi?
Penso che anche nel prossimo ci sarà una mescolanza di generi e di tematiche. Il bello del thriller è anche il fatto che i temi che si possono prendere in considerazione sono di più che in altri generi letterari. Oltre a temi tragici, si possono mettere anche elementi tipici delle relazioni amorose, comici, grotteschi, di critica sociale. Ecco, secondo me, una delle funzioni di questo genere è anche di tipo “sociale”, ovvero mostrare e far prendere coscienza dei problemi della nostra società (che sia la criminalità, la prostituzione minorile, la tossicodipendenza, l’emarginazione di chi è affetto da disturbi mentali, la violenza domestica, ecc.). La criminalità organizzata da noi in Italia è sicuramente uno dei maggiori problemi che ci affliggono e molti autori nostrani del genere se ne sono occupati in modo molto efficace (primo tra tutti Saviano). Quindi non escludo che torni questo tema anche nel prossimo libro.
Qualcuno o tutti i personaggi presenti nel libro torneranno in nuovo libro oppure preferisce raccontare storie e personaggi che “vivono” solo in un libro?
Sicuramente uno dei personaggi principali tornerà in un secondo e terzo libro, ma non di più. Per me tre è il numero perfetto anche per le “serie” di libri con lo stesso protagonista.
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Alessandro Beriachetto
nasce a Pinerolo nel 1990. Appassionato di musica rock e di romanzi noir, si forma alla scuola di scrittura Holden di Torino e con i corsi di Livio Gambarini su Rotte Narrative. Impiegato in uno studio professionale, nel tempo libero si dedica al volontariato presso la Croce Verde, dove è anche istruttore. La paura del buio è il suo romanzo d’esordio.