La badante e il professore




Bruno Morchio


Editore: Mondadori

Genere: Giallo

Pagine: 216

Anno edizione: 2024


Sinossi. In un piccolo paese lo sport preferito è spesso il pettegolezzo. Ecco perché appena inizia a circolare la notizia che il vecchio professor Canepa è stato ucciso in casa propria – arma del delitto: un busto di Leopardi – i sospetti si concentrano in fretta su Natalia, la badante ucraina che da un anno se ne prendeva cura. Natalia è troppo giovane, troppo misteriosa, troppo seducente per non far sciogliere le malelingue. Le sente suo malgrado anche Filippo, dodici anni, qualche problema in italiano e gli ormoni impazziti, che con le ripetizioni del professore cercava di riparare i primi, e in presenza di Natalia sente accendersi i secondi. Filippo non vuole credere che Natalia sia un’assassina, ma l’unico modo per convincerne i compaesani è dimostrarlo. E così inizia a indagare, presto con l’aiuto di un altro detective improvvisato, Serafino Costamagna, un giovane giornalista a caccia del grande scoop. La matassa si ingarbuglia in fretta, però, perché più passano i giorni, più Filippo scopre che intorno a Canepa tutti avevano dei segreti, primo fra tutti proprio il professore, che nascondeva un bel po’ di soldi capaci di far gola a molti… Bruno Morchio, fresco vincitore del premio Scerbanenco, esordisce nel Giallo Mondadori con un mistery che, come nel suo stile, mescola tensione e humour per mostrare gli scheletri nell’armadio della nostra società perbenista.

 Recensione di Salvatore Argiolas


Filippo Sarzana detto “Sarzetto” è un dodicenne sveglio ma un po’ svogliato,abitante in un paesino dell’hinterland genovese, che per colmare le lacune scolastiche, frequenta il professor Canepa che gli fa le ripetizioni e con cui stringe un’amicizia che col tempo diventa un rapporto tra figlio e padre, in quanto il ragazzo ha perso il genitore in un tragico incidente di lavoro.

Filippo a casa del professore ha anche un altro motivo di attrazione, la governante Natalia, profuga ucraina che gli stimola i primi turbamenti erotici e che lo accoglie in casa sempre con molta simpatia e calore.

Un giorno, rientrando dal bar dove stavano facendo colazione, Filippo e Natalia trovano il professore a terra, ucciso da un colpo sferrato con un busto di Giacomo Leopardi. Naturalmente in paese si mormora che la morte di Canepa abbia un movente economico che favorirebbe la “badante” come viene sprezzantemente chiamata Natalia ma “Sarzetto”, infatuato dalla giovane ucraina, indaga per capire chi abbia assassinato il suo mentore, non credendo alle voci malevole dei paesani.

Sarzetto” capisce subito che da solo non potrebbe conoscere tutti i fatti concernenti l’omicidio anche se, interrogato dalla polizia, ha potuto apprendere certe dinamiche dei fatti, e scaltramente approfitta della simpatia, non ricambiata, di Serafino, giornalista di una testata locale per la sorella Teresa.

Io lo conoscevo bene perché, fin dai tempi delle scuole medie, era innamorato di mia sorella, naturalmente senza la più remota speranza d’essere ricambiato. Si chiamava Serafino Costamagna ma tutti lo chiamavano Costa. In paese non se lo filava nessuno perché era convinzione comune che fosse privo di talento. La sola persona che la vedeva in tutt’altro modo era Teresa. (…) A suo giudizio la scarsa considerazione in cui era tenuto dipendeva dal fatto che nella nostra valle non succedeva mai niente.”

Questa strana squadra investigativa si arricchisce con tempo anche con la stessa Teresa e con la madre di “Sarzetto” che ipotizzando e mettendo assieme voci e intuizioni cercano di fare luce su questo mistero che aleggia sul paese influenzando la vita di una comunità tranquilla e lontana del crimine.

Filippo, con l’incoscienza tipica della sua età e la curiosità di un detective provetto, comincia a capire che “nella vita si gioca sempre con le carte truccate” e lentamente cambia idea sull’innocenza di Natalia, pedinandola nelle sue passeggiate a Genova e ricredendosi continuamente sulla genuinità dei suoi comportamenti.

L’inchiesta del giovane investigatore assume un svolta decisiva quando, per puro caso, apprende che esiste un testimone che potrebbe aver visto l’assassino e se la persona è una bambina di cinque anni, Filippo è l’unico che possa avere una sintonia tale da far parlare la bimba, che è sempre stata zitta per paura di essere rimproverata.

“La badante e il professore” è un giallo godibile, con personaggi originali ambientato in una cornice molto particolare, tra Genova e un paese delle vicinanze ma totalmente lontano dalla frenesia del capoluogo e dove la vita scorre su bioritmi molto più lenti e dove la verità non è mai definitiva ma viene plasmata dal tempo e dagli interessi in gioco.

Il libro è strutturato con architettura complessa in quanto è una revisione effettuata nel 2036 di una relazione fatta da Filippo cinque anni dopo i fatti utilizzando il diario tento dal “Sarzetto” dodicenne e questo spiega come ci siano registri narrativi diversi e non compatibili con la scrittura di un ragazzino ma questo aggiunge fascino al giallo che, come tutti i cozy mystery” vede impegnato un detective dilettante, forse il più giovane ad impegnarsi nelle indagini su di un omicidio.

Il Filippo del 2036 riprende e riorganizza i ricordi di quando era più piccolo perché le circostanze hanno modificato quanto stabilito dal processo ma quanto scrive diventa anche un’indagine su un ambiente sociale e umano ricco di fascino, dove il giovane “Sarzetto” e il più maturo Filippo mettono in evidenza fatti e comportamenti di grande impatto sociologico delineando un romanzo di formazione molto intrigante.

Sai Fil, che in tanti anni non ci avevo mai fatto caso? Quello che invece mi ha sempre colpito della città vecchia è il suo pudore.” “Il suo pudore?” “Esatto: è piena di bellezze, che però non si lasciano vedere. Dietro portoni che ricordano quelli di una stalla si aprono scale di marmo e pareti decorate con meravigliosi azulejos” (…) Solo che per vederle” ha proseguito, “bisogna sapere che esistono. La mia idea è che le famiglie aristocratiche avevano paura dell’invidia dei poveri e perciò evitavano di mettere in mostra le bellezze che possedevano. Preferivano nasconderle per godersele nell’intimità dei loro palazzi.”

Anche nei libri dove non compare l’amato Bacci Pagano, Bruno Morchio non sbaglia un colpo e si conferma come uno dei migliori giallisti italiani presentando un investigatore giovanissimo ma molto dotato per le inchieste che, nel suo mettersi in cerca delle verità, compie anche un percorso di crescita e di capacità di interpretazione della realtà, che talvolta è mancata ai più adulti.


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Bruno Morchio


Bruno Morchio: 1954, Genova. Laureato in Lettere, psicologo e psicoterapeuta. Ha pubblicato articoli su riviste di letteratura, psicologia e psicoanalisi ed è autore di numerosi romanzi (definiti di genere «noir mediterraneo»), che hanno due protagonisti: l’investigatore privato Bacci Pagano (il «detective dei carruggi») e Genova, l’amata città d’origine di Morchio. Tra gli scritti apparsi in edizione Garzanti ricordiamo: Con la morte non si tratta (2006), Le cose che non ti ho detto (2007), Rossoamaro (2008), Colpi di coda (2010), Il profumo delle bugie (2012, finalista del Premio Bancarella 2013), Lo spaventapasseri (2013, con il quale vince il Premio Lomellina in Giallo del 2014), Un conto aperto con la morte (2014), Il profumo delle bugie (2015), Fragili verità. Il ritorno di Bacci Pagano (2016), Con la morte non si tratta (2018), Uno sporco lavoro (2018) e Le sigarette del manager (2019). Del 2014 è anche I semi del male (Rizzoli), raccolta di cinque racconti a cura dello stesso Morchio, di Carlo Bonini, Sandrone Dazieri, Giancarlo De Cataldo, Marcello Fois ed Enrico Pandiani. Nel 2015 è uscito, sempre per Rizzoli, Il testamento del Greco, nel 2017 il noir Un piede in due scarpe. Nel 2021 viene pubblicato da Garzanti Nel tempo sbagliato.