Le sette vite
di Diana Karenne
Editore: Einaudi
Genere: Saggio storico
Pagine: 656
Anno edizione: 2024
«Nessuno sa chi sia. Ma è unica, strana, diversa da tutte.
Non la dimenticheranno».
Sinossi. Straniera e misteriosa, la protagonista di questa storia arriva in Italia nel 1914. Nulla di ciò che racconta è vero, perché è allo stesso tempo in fuga e alla ricerca di sé. Non sa ancora esattamente cosa vuole, ma può essere tutto: scrittrice, pittrice, musicista. Diventerà invece attrice cinematografica, e col nome di Diana Karenne sarà una delle dive degli anni d’oro del cinema muto italiano: la regina del silenzio. Melania Mazzucco ha inseguito l’ombra di Diana Karenne e le sue mille identità negli archivi, nelle biblioteche e nelle cineteche di tutta Europa, e in questo romanzo l’ha raccontata con passione, divertimento, dolore e rispetto. Perché la letteratura è il contrario del silenzio. Nelle sue molte vite, Diana Karenne è stata qualsiasi cosa: straniera misteriosa, femme fatale, zingara, cantante, imprenditrice cinematografica, spia, suora strappata al convento, santa, contessa, regina, zarina. Prima che il tempo ne cancellasse ogni ricordo, fra il 1916 e il 1919 è stata soprattutto la più affascinante diva del cinema muto italiano. Ma non solo. Scrive lei stessa i soggetti dei suoi film, inizia a dirigerli, diventando una delle prime registe cinematografiche della storia, e da un certo punto in poi li produce come imprenditrice. Irrequieta e sfuggente, Diana si destreggia fra aristocratici, diplomatici, produttori dalla fama di banditi, attori a caccia di conquiste, sempre inseguita dal sospetto di essere una spia. Si sposta da Roma a Torino, da Milano a Napoli e Genova. È ammirata dalle spettatrici, che vedono in lei un modello di libertà e indipendenza, e temuta dagli uomini per l’imprevedibilità e gli amori tempestosi. Nulla rivela del suo passato, in nessun luogo mette radici. Crede per prima alle bugie che racconta, fino a creare una realtà alternativa, e una donna nuova: Diana Karenne, appunto. Nel dopoguerra però l’industria del cinema italiano entra in crisi, e nel 1921 Diana si trasferisce a Parigi e poi a Berlino. Lì ci sono gli esuli dalla Russia bolscevica, e la sua origine la costringe a fare i conti con la sua identità. A differenza delle altre stelle del cinema muto, non è tanto il passaggio al sonoro a chiudere la sua carriera di attrice, quanto l’irresistibile desiderio di scomparire, di diventare ancora un’altra donna: la musa mistica e la compagna di un poeta russo a cui sacrificare la sua arte. Sembrava destinata all’oblio, Diana Karenne, ma in questo romanzo, nato come i suoi successi più memorabili da un’indagine avvincente e lunga anni, Melania Mazzucco ce la restituisce in tutta la sua vitale contemporaneità.
Recensione di Elide Stagnetti
Con “Silenzio” Melania Mazzucco scrive la monumentale biografia di Diana Karenne, una delle dive più famose del cinema muto italiano ed europeo.
Frutto di un interesse più che ventennale della scrittrice per questa figura sfuggente e magnetica, omaggio tardivo alla sua memoria, il libro abbraccia un lungo periodo storico, coincidente quasi per intero con la vita della protagonista.
Attraverso un minuziosissimo lavoro di documentazione e ricostruzione, condotto con scrupolo filologico e rigore scientifico, Mazzucco racconta le tante vite di questa donna decisamente enigmatica (Dina Rabinòvitch- Dina Karren- Diana Karenne- Nadja- Candida- M.me Otzoupe) e contemporaneamente narra la storia d’Italia e d’Europa negli anni cruciali della prima metà del XX secolo, arricchendola di una fittissima trama di richiami a film, opere letterarie, intellettuali, artisti, attori, fotografi, registi, produttori, aneddoti, dettagli della politica, dell’economia, della moda, del costume.
Un’impresa non facile di per sé e complicata dal fatto che Diana ha voluto nascondere e cancellare in toto il proprio passato, ha raccontato tante bugie (anche a se stessa), persino nel momento culminante della fama, e ha vissuto da apolide, come un fantasma, nell’ultima -non breve- fase della sua esistenza.
L’uso magistrale dell’indiretto libero genera un effetto “immersivo” e regala al lettore l’impressione di assistere in presa diretta alle vicende narrate sin dalle pagine iniziali, nelle quali facciamo la nostra conoscenza con la bellissima donna di origine russa appena approdata in Italia nell’ottobre del 1914, quando la Grande guerra infiamma l’Europa già da qualche mese.
Dina Karren sta vivendo la sua terza vita (lo sapremo solo molto più tardi) e ha deciso di farsi strada nel bel mondo della capitale. Viene da una realtà poverissima, è molto giovane, ma la vita l’ha già messa alla prova più volte. Animata da una potente volontà di riscatto, in cerca di “relazioni, soldi, lavoro”, organizza il suo ingresso in alta società come un’epifania, quasi una teofania.
Durante una serata “a pro degli Emigrati” al Teatro Costanzi, infatti, appare vestita di “una tunica, classica, bianca, lunga fino ai piedi”; indossa una parrucca anch’essa bianca come la neve:
“Nobile e perfetta come una statua scolpita nel marmo pario”
Polarizza l’interesse dei presenti come nessun’altra:
“E’ la misteriosa donna statua il vero spettacolo. […] Nessuno sa chi sia, ma è unica, strana, diversa da tutte”.
Quella stessa sera conosce uno dei grandi amori della sua vita, il diplomatico Giuseppe Medici del Vascello (al quale la legherà per sempre un sentimento tenero che non si trasformerà mai in passione travolgente), che le consente di muovere i primi passi -sebbene fallimentari- nel mondo del cinema romano.
Solo nella fase (e nella vita) successiva, trasferita a Torino, con il nuovo nome di Diana Karenne imprime una svolta alla propria carriera e si trasforma in una delle dive più amate e famose dell’epoca.
La sua storia è anche la storia del cinema ai suoi esordi: un settore giovanissimo, che ha conosciuto uno sviluppo vertiginoso nel corso di pochissimi anni, trasformandosi in industria e mercato per alcuni, in nuova forma d’arte e di espressione per altri.
Il suo percorso da “diva” non è sempre lineare, è fatto di luci e di ombre, di insuccessi e trionfi, è altalenante come gli umori del pubblico, l’andamento dei mercati e dell’economia internazionale (che si riflette sulle disponibilità finanziarie dei produttori), condizionato dalla concorrenza di altre attrici ‘divine’ e da molte scelte sbagliate, ma la consacra comunque come “principessa muta”, “zarina della cinematografia”, “mito per tutte le donne”.
Sospettata di essere una spia russa, pedinata per anni da agenti segreti, Diana è un’intellettuale poliedrica, musicista, amante della letteratura, pionieristicamente regista di alcuni film, nonché padrona di una casa di produzione.
Eppure, il passato doloroso, il tormentato rapporto con la maternità, la relazione appassionata con un uomo che non ha mai potuto essere suo, la nostalgia per il suo paese ne fanno una donna irrisolta, forse mai veramente felice, nonostante il raggiungimento della fama e del successo.
Successo che si concentra negli anni ’10, ma già nei ’20 si prepara a un lento, inesorabile declino. E se sul finire di questo periodo la fortuna torna a sorriderle (per pellicole come Casanova), ecco che nel 1929 termina l’era del cinema muto e i film diventano “parlants”:
“la recitazione dei divi del silenzio sarà d’improvviso superata. Il loro
gesticolare, la mimica esagerata, le smorfie: tutto sembrerà ridicolo”
“I nomi dei divi e delle dive degli anni Dieci – ha osservato un poeta – sono scritti sulla sabbia. La marea del tempo li ha già cancellati.”
Le vite successive, che la (ri)portano a Berlino, a Parigi, di nuovo in Italia, ruotano intorno alla figura di un poeta e intellettuale russo, Nikolaj Otzup, al quale si lega fino alla morte, e che nell’ultima parte del libro assume il ruolo di coprotagonista, non fosse altro che per l’ossessione amorosa che sviluppa per lei.
È un periodo lungo, tormentato dall’esperienza della guerra -la seconda-, che la vede avvicinarsi alla fede e liberarsi dell’aura divina che l’aveva circondata: Diana diventa Nadja, la signora Otzoupe, forse per la prima volta veramente libera di essere se stessa.
In questa parte si percepisce il clima di decadenza e di stanchezza che circonda ormai la vita dell’ex attrice e che rende la lettura meno coinvolgente. Si sente la mancanza dei grandi protagonisti che animavano le pagine precedenti, si sente la nostalgia del mondo fittizio, ma magico, del cinema.
È difficile abituarsi al nuovo, anonimo ruolo interpretato da Dina-mite Karren, lasciare andare il personaggio ammaliante che ha impersonato per anni. Al di là del mistero che circonda la sua persona, infatti, il suo potere di attrazione continua ancora oggi a risiedere principalmente nella sua arte, nella capacità di saper comunicare con forza senza parlare, di dire senza dire.
Un giornalista di quell’epoca, testimone di questa grandeur, aveva scritto di lei:
“Il tuo corpo parla. Il tuo silenzio ha voce”.
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Melania Mazzucco
Melania G. Mazzucco è una scrittrice italiana, vincitrice del Premio Strega nel 2003. Laureata in Storia della Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea e in Cinema al Centro Sperimentale di Cinematografia, ha scritto per anni soggetti e sceneggiature per il cinema. Dal 1995 collabora all’Enciclopedia Italiana Treccani, per la quale ha curato il settore letteratura e spettacolo di varie opere dell’Istituto. Nella narrativa ha esordito nel 1992 con il racconto Seval e altri suoi racconti sono stati pubblicati successivamente da varie testate. Nel 1996 pubblica il suo primo romanzo, Il bacio della Medusa (Baldini & Castoldi), finalista al Premio Strega. Seguono, La camera di Baltus (1998), Lei così amata (2000) con il quale vince il SuperPremio Vittorini, il Premio Bari Costa del Levante, il Premio Chianciano e il Premio Napoli. Nel 2003 con Vita (Rizzoli) Melania Mazzucco ha vinto il Premio Strega. Tra gli altri titoli, Io sono con te. Storia di Brigitte (Einaudi, 2016), L’Architettrice (Einaudi, 2019) – Vincitore tra gli altri del Premio Stresa, del Premio Giuseppe Dessì e Premio Alassio Centolibri, Dulhan la sposa (Einaudi, 2023), Silenzio. Le sette vite di Diana Karenne (Einaudi, 2024).
Biografia (dal sito IBS)
A cura di Elide Stagnetti