Il basilico di Palazzo Galletti




Recensione di Alberto Minnella


Autrice: Giuseppina Torregrossa

Editore: Mondadori

Genere: Narrativa

Pagine: 252

Anno di pubblicazione: 2018

Sinossi. L’estate avvampa a Palermo, la terra è arida e i bacini a secco. Dai rubinetti, come sempre in agosto, l’acqua scende appena, sui marciapiedi l’immondizia fermenta rendendo l’aria irrespirabile, e a nulla servono preghiere e invocazioni a santa Rosalia affinché faccia piovere. I poveri si muovono nei bassi come fantasmi nella polvere, i più abbienti hanno già lasciato i quartieri alti per le loro ville al mare. Nell’attesa della festa in onore della patrona della città, Marò, da poco promossa a capo del gruppo “antifemminicidio”, porta avanti con riluttanza una nuova complessa indagine su un omicidio avvenuto il giorno di Ferragosto. Non attraversa un periodo felice, la commissaria. La promozione, anziché gratificarla, l’ha resa insicura, come non si sentisse all’altezza di quella nuova responsabilità – e in cuor suo desidera smettere “la pesante divisa da poliziotta, per vestire i panni più leggeri della cuciniera” -; la turbolenta relazione con Sasà, sempre più intrattabile da quando il questore l’ha spedito in un sonnacchioso commissariato dove nulla funziona e nulla accade, pare volgere al tramonto fra risentimenti, incomprensioni e défaillance sessuali. Gli anni passano veloci, troppo, e forse quell’uomo bizzoso, un tantino rozzo e grossolano, è l’ultima possibilità che le rimane di crearsi una famiglia. È per questo, perché la sua vita è a un punto morto, che Marò avrebbe preferito non occuparsi del caso? Intanto l’indagine, inaspettatamente, le sta mettendo sotto il naso man mano elementi che sembrano avere bizzarre implicazioni con la sua vita privata. Quale svolta l’attende in fondo a questa estate “che non lascia presagire nulla di buono”? Giuseppina Torregrossa ha scritto una storia guizzante e sensuale, punteggiata di humour, e capace di circoscrivere in modo conturbante i desideri inespressi e le impasse di una donna che si trova nel passaggio cruciale dalla giovinezza alla maturità.

RECENSIONE


Quando arriva maggio in Sicilia cominciamo già a parlare di estate e di cauru. Il polso sulle previsioni climatiche lo si tiene da quanto caldo fa già ai primi di giugno. È una cosa che abbiamo imparato da piccoli, senza che ce ne siamo mai accorti, mentre i nostri padri si lamentavano intirizziti con i piedi sul bagnasciuga e le mani sui fianchi e noi caruseddi passavamo le nostre ore più felici costruendo castelli di sabbia.

Il nostro calcolo è semplice: se il 15 maggio siamo appena sopra i venti gradi, quindi un caldo più che sopportabile, diremo che «ancora l’estate deve venire» o che «il vero caldo lo sentiremo a settembre», non preoccupandoci più di tanto della cosa. Se, viceversa, in quei giorni il termometro segna una temperatura al limite coi trenta, allora per agosto è già prevista malanova e apocalisse, mani nei capelli e processione di santi sulla lingua.  

E per il vicequestore aggiunto Maria Teresa Pajno, detta Marò, l’estate palermitana che affronterà in questo romanzo è quella del secondo tipo, quella che brucia la pelle e si porta via il senno, quella in cui agosto è un forno per malinconici.

La Madonna dell’Assunta non aveva ancora fatto il miracolo. Il caldo era soffocante e Marò, nonostante l’abbigliamento ridotto al minimo, un grembiule allacciato direttamente sul corpo nudo, si muoveva sudata e insofferente tra i fornelli. Aprì tutte le finestre, in condizioni normali si sarebbe scatenata una tempesta di vento, invece le tende rimasero al loro posto, pallidi guardiani senza vita. Dal rubinetto uscì inaspettato un fiotto robusto; prima che interrompessero l’erogazione dell’acqua, lei ne approfittò per lavare le verdure e il basilico.”

A essere più precisi, Marò è portata a sopportare non solo il picco di ferragosto, ma pure il suo compagno, Sasà, sbirro come lei, sempre siddiàto, forse perché Marò è stata appena promossa a capo del gruppo antifemminicidio, o forse perché sotto alla zip le cose non gli funzionano benissimo.

Ma nella vita di uno sbirro siculo che si rispetti le disgrazie non arrivano mai una alla volta; così a Marò gli tocca pure lavorare. Un omicidio strappa il cielo di carta di Palermo.

Se ne stavano immobili nel letto fingendo di dormire; nel mezzo di quell’assurda pantomima, il telefono si mise a suonare. Lei controllò l’orologio: le venti; avevano passato insieme solo un’ora eppure le era sembrata un’eternità. Gli squilli non cessavano, doveva essere qualcuno dall’ufficio, Marò si risolse a rispondere.

«Dottoressa, scusi il disturbo, ma c’è un morto, anzi una morta a piazza Marina» esordì la voce imbalsamata dell’ispettore Fedeli.

«Chiamate la Squadra Mobile, lo sai che mi occupo solo di femminicidi

«È una fimmina, ci spacaru la testa come un mulune. Chi ci pare a vossia

Ancora, dopo mesi, per molti agenti la differenza tra femminicidio e omicidio era solo una questione di genere.

«Vengo subito» tagliò corto la commissaria, in un certo senso contenta di poter allontanarsi dal suo fidanzato.”

Gioventù e vecchiaia rilegano le pagine, una appresso all’altra, facendo di una parte un tutt’uno. Come le foglie rinsecchite del basilico gravano sulla salute della pianta ancora verde, così l’età che avanza e la giovinezza lontana mille miglia appesantiscono l’anima di Marò.

Giuseppina Torregrossa ha scritto un romanzo intenso, in una Palermo dipinta a mano, una Palermo come metafora di Sicilia, pulita e laida allo stesso tempo, che si ama e che si odia, di cui ci si vanta e ci si vergogna, in cui queste due facce che convivono nelle caverne di luce e di buio dell’animo siciliano si mescolano perfettamente alla tragedia del giallo mediterraneo, impastando tutte le sante volte la bugia e con la verità.

A cura di Alberto Minnella

www.facebook.com/albertominnella

Giuseppina Torregrossa


Giuseppina Torregrossa è nata a Palermo. Madre di tre figli, vive tra la Sicilia e Roma, dove ha lavorato per più di vent’anni come ginecologa. Con Mondadori ha pubblicato Il conto delle minne (2009, tradotto in dieci lingue), Manna e miele, ferro e fuoco (2011), La miscela segreta di Casa Olivares (2014) e, nel 2012, Panza e prisenza, dove compare per la prima volta il personaggio della commissaria Marò Pajno.

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