Recensione di Marina Morassut
Autore: Colin Wilson
Traduzione: Nicola Manuppelli
Editore: Carbonio Editore srl
Genere: Thriller
Pagine: 345
Anno di pubblicazione: 2017
Sinossi. Immaginate di mescolare le deduzioni scientifiche di Sherlock Holmes alla caccia all’assassino del Mostro di Dusseldorf di Fritz Lang, ai dibattiti filosofici di un libro di Diirrenmatt, e avrete “Un dubbio necessario”, il libro più strano del più singolare degli autori inglesi, Colin Wilson, che in questo mystery anticipatore di un certo genere letterario gioca a moltiplicare la propria personalità in tanti personaggi quanti sono i suoi interessi: dalla storia alla filosofia ai grandi misteri. E cosi un interessante enigma filosofico nato nelle atmosfere felpate di un club londinese sorseggiando uno sherry davanti al camino, dibattendo di Heidegger e Nietzsche e delle ceneri del nazismo, si trasforma a poco a poco in un vorticoso gioco di specchi, fino all’ipotesi del delitto perfetto.
Recensione
Basato sulla più classica struttura del giallo, nel 1964 Colin Wilson scrive questo romanzo di una sconcertante attualità e trascina con sé diverse persone alla scoperta di una fumosa Londra del dopoguerra, avendo cura di mescolare e inframmezzare il mistery filosofico ed il giallo deduttivo.
Come dicevamo l’impianto della narrazione è il giallo classico, dove a seguito di un reato un investigatore cerca di capire chi può aver commesso un atto moralmente punibile. E per fare ciò, l’investigatore di turno analizza tutto quanto circonda il reato, o ancora meglio, l’omicidio, arrivando poi a sciogliere l’enigma.
Ma qui siamo in presenza di un di più, di un qualcosa che l’autore inserisce nel romanzo: cosa succede se il reato o l’omicidio nascesse dal mero presupposto del “se fosse…”?
Siamo intorno al 1950, Vigilia di Natale: il Professor Karl Zweig, teologo esistenzialista tedesco trapiantato in Gran Bretagna, appena finito il programma televisivo “Domande agli esperti” di cui è stato ospite, mentre torna a casa in taxi, intravvede all’esterno dell’Hotel Chesham in Curzon Street una persona che non vedeva da parecchi anni, tale Gustav Neumann.
Egli era stato suo studente, quando il Professor Zweig viveva ancora in Germania prima dell’ascesa del nazismo – ed era figlio del suo migliore amico, il poi famoso neurochirurgo Alois Neumann.
Gustav era stato uno studente molto brillante, ancora più del suo stesso professore – ma a causa dei primi episodi di bullismo subiti da parte di coetanei nazisti – ed a seguito della morte del suo migliore amico Georgi, ebreo al pari suo, proprio per mano di quei primi nazisti – subisce una serie di turbamenti e stravolgimenti, in seguito ai quali dichiara al suo professore di voler perseguire il crimine perfetto.
Il professor Zweig resta così turbato a distanza di decenni dalla vista di questo suo ex studente, così come turbato era stato all’epoca, dopo gli ultimi incontri particolarmente tesi tra lui ed il suo studente – da riandare ora con la mente a tutto ciò che aveva portato poi lui ad emigrare dalla Germania nazista e perdere i contatti con gli amici Neumann, ma continuando ad avere loro notizie ad intermittenza, anche se da vite oramai separate.
Ora, agli inizi del 1950, in un’atmosfera a cavallo tra una Londra vittoriana con clubs per soli gentiluomini e una Londra agli albori di uno stravolgimento sociale, accompagniamo il professor Zweig che, colpito da questo fugace incontro, non trova di meglio che confidarsi con l’amico Charles Grey, incontrato casualmente mentre entrambi stanno andando al loro club – e che è stato Assistente Commissario a Scotland Yard. Con la scusa di farsi autografare il libro del professor Zweig “Un dubbio necessario” (!), dopo il club i due amici si recano a casa dell’ex Assistente Commissario di Scotland Yard per un dopo-cena, fatto di buon rum e di chiacchiere.
Qui, sollecitato dagli amici, il professor Zweig racconterà del quasi incontro avvenuto poche ore prima e del suo credere che il suo ex allievo Gustav Neumann sia diventato uno spietato assassino, dato che gli uomini anziani cui si accompagna muoiono tutti misteriosamente suicidi, lasciando all’uomo, suo ex studente – i loro cospicui averi.
Da questo momento in poi, l’autore trascina con sé il professor Zweig, insieme all’amico Grey e a due successivi strani figuri, Mr. e Mrs. Gardner, rispettivamente scrittore e studioso di Storia (improbabile) e la moglie sensitiva, che affascinerà e sarà grandemente affascinata dall’anziano professor Zweig, proprio e sempre sotto gli occhi del di lei marito.
Siamo in presenza di due romanzi molto bene articolati fra loro, dove non si riesce mai a capire ciò che interessa maggiormente allo scrittore e quindi quale sia il romanzo principale e quale faccia da contraltare: è sicuramente un giallo inconsueto tanto quanto originale nel suo dipanarsi, dove la ricerca, più che dell’assassino, è la ricerca delle prove se questi sia realmente tale o se una serie di circostanze può aver portato a concatenare eventi che di per sè sono innocenti coincidenze. E d’altro canto, la ricerca filosofica da parte dell’autore è al contempo costante ed elegante – ed è la ricerca entusiasmante e contemporaneamente elusiva del perché l’uomo, pur con la sua libertà e tutta la sua conoscenza, non è Dio.
In mezzo a tutto questo, o forse proprio alla conclusione di tutto, tra assassini, inseguitori che diventeranno gli inseguiti, lampi di intuizione (di cui Wilson è alla costante ricerca), droghe, filosofia e ragionamenti in un gioco del “se fosse…”, arriviamo anche noi lettori a comprendere la visione del mondo e del peccato originale. E soprattutto del paradosso di cui Wilson era consapevole a proposito della libertà dell’uomo…
E le ultime pagine di quest’opera di Wilson sono una rivelazione, un giallo che si riavvolge su se stesso: di fronte al lettore solo la concezione di Dio che il genere umano ha plasmato. Di più: di fronte a sé il lettore vede un sé stesso nudo, con tutte le domande ed al contempo la scintilla di tutte le risposte.
A cura di Marina Morassut
Colin Wilson
Intellettuale poliedrico, narratore, saggista, studioso di esoterismo e dell’occulto, anticipatore di stili letterari e creatore di una sua personale filosofia esistenziale, autore di oltre 50 libri, Colin Wilson (1931- 2013) è stato un autore molto prolifico. Di famiglia proletaria, fu un giovane operaio squattrinato nella Londra degli anni Cinquanta. Vorace lettore fin da bambino e imperterrito oratore a Hyde Park Corner, a dargli la fama a soli 24 anni fu il suo primo audace saggio, L’outsider, scritto nella sala lettura del British Museum, che esordì la stessa settimana del maggio 1956 insieme a Ricorda con rabbia di John Osborne. Annoverato tra i “Giovani arrabbiati”, Wilson fu consacrato come uno dei massimi scrittori anti-establishment della letteratura inglese. In seguito, mentre la sua fama veniva ingiustamente oscurata, mise al mondo 7 figli e una bibliografia sterminata di titoli che spaziano tra letteratura, psicologia, archeologia, magia e occultismo, Sci-Fi, paranormale, biografie di uomini eccezionali. Autore apprezzato da Stephen King, il quale nel suo romanzo The Outsider cita – a partire dal titolo stesso –l’omonimo e fondamentale saggio di Wilson del 1956, edito in Italia da Edizioni di Atlandide. Wilson è inoltre l’autore del romanzo “I vampiri dello spazio” (Space Vampires, 1976), dal quale è stato tratto il film Lifeforce di Tobe Hooper nel 1985, arrivato in Italia con il titolo in inglese del romanzo originale.
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