Racconti del crimine




Recensione di Salvatore Argiolas


Autore: Jun’ichiro Tanizaki

Editore: Marsilio

Traduzione: Elisa Procchieschi, Veronica De Pieri, Alberto Zanonato e Luisa Bienati

Genere: Giallo

Pagine: 235

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. Filo conduttore di questa avvincente selezione di sei racconti del periodo giovanile di Tanizaki è il genere del romanzo poliziesco. Per la strada (1920) era stato accolto da Edogawa Ranpo, il padre del mystery giapponese, come «un’opera che ha fatto epoca nel tantei shōsetsu [romanzo poliziesco] e di cui possiamo andare fieri davanti agli occidentali». Come Tanizaki stesso afferma, che in questi racconti il crimine ci sia o non ci sia è un problema secondario: «anche se fosse proprio obbligatorio far accadere un crimine, non sarebbe comunque necessario arrivare a uccidere». L’intenzionalità dell’autore non è solo sperimentare il modello classico del poliziesco o le sue varianti – il delitto, l’indagine, la scoperta del colpevole o la soluzione del caso –, ma costruire la trama del romanzo come in un effetto di trompe-l’oeil, per ingannare lo sguardo del lettore. Il romanzo deve avere una trama interessante e suscitare l’interesse del pubblico. Il metodo scientifico-deduttivo del «poliziesco logico» offre la possibilità da un lato di sperimentare quella che Tanizaki definisce la «bellezza architettonica» del romanzo, dall’altro di coinvolgere il lettore nella scoperta della verità, sapendo che a questa non si arriva d’un tratto, ma gradualmente e in modo parziale, grazie a una serie di induzioni e deduzioni che si intrecciano e che alla fine portano alla rivelazione.

Recensione

Nella corposa bibliografia di Jun’ichiro Tanizaki, lo scrittore giapponese famoso anche per essere stato autore del romanzo “La chiave”, esistono dei racconti assimilabili al genere poliziesco e alcuni di questi sono raccolti nel primo volume dei “Racconti del crimine” edito da Marsilio.

L’interesse di Tanizaki, in queste opere giovanili, è focalizzato più sull’esplorazione della psicologia del colpevole che sulla trama tipica del genere che ha come risultato la risoluzione dell’enigma.

Solo il primo racconto, “Storia di Tomoda e Matsunaga” presenta un’inchiesta volta a svelare un mistero, che si rifa ad uno degli archetipi classici della letteratura, quello del “doppio”, del Doppelgänger.

Questo argomento presente in tanti romanzi come “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” di Robert Louis Stevenson o in “William Wilson” di Edgar Allan Poe, scrittore che influenzò la produzione di Tanizaki. ,viene qui trattato in modo originale e intrigante.

Infatti in questo caso la dicotomia non è tra bene e male come nell’opera di Stevenson che è stata presa come modello, ma tra Giappone e Occidente in quanto il signor Mastunaga si trasforma lentamente nel signor Tomoda quando sente il richiamo della bella vita, degli agi e delle attrattive dell’occidente come le “tinte forti, gli stimoli viziosi, l’alcol che infiamma la lingua” per diventare nuovamente Matsunaga quando la sua anima orientale lo riporta sulla retta via. In filigrana si può leggere in questo racconto unallusione alla storia nipponica, in bilico tra chiusure nazionalistiche ed apertura al mondo occidentale.

La confessione che chiude il racconto è il filo conduttore che cuce questi racconti, come ne “Il caso ai Bagni Yanagi” dove un uomo dalla psiche alterata confessa di aver ucciso la moglie ma l’omicidio che ha commesso è in realtà un altro.

Questo racconto contiene anche una possibile chiave di lettura dell’intera raccolta, in quanto viene narrato da uno scrittore che si reca da un famoso avvocato per “ascoltare dalle sue labbra i recenti fatti di cronaca trasformabili in un romanzo di qualche tipo”.

Qui l’autore rappresenta se stesso interessato “ai segreti di ogni sorta di criminale che il vecchio avvocato aveva per le mani” per trasformarlo in materiale utile a creare credibili universi narrativi.

Anche nel racconto “Io” i ricordi di un anziano diventano l’ammissione di colpevolezza riguardo a dei furti avvenuti in gioventù.

Solo “Per la strada” si discosta da questo schema e presenta un ragionamento deduttivo che da alcuni indizi vaghi e casuali porta un investigatore a provare la colpevolezza del sospettato.

In tutti questi lavori è centrale anche l’argomento del complesso rapporto tra i sessi, presente in tutte le declinazioni e le perversioni nell’intera produzione letteraria di Tanizaki e che qui viene esplicitato in modo particolare nell’episodio del “Bagno Yanagi” e nel racconto “Uno stralcio di un verbale” in cui il criminale svela il rapporto morboso con la moglie e che lascia intravedere anche dei riferimenti autobiografici.

La condizione psicopatologica di questi personaggi borderline è il terreno principale di osservazione di Tanizaki, che espone questi criminali ad un’analisi fredda ed impietosa che supera di molto i limiti del genere poliziesco.

Il libro è completato ed arricchito da “Il profumo del crimine” utilissimo saggio-prefazione di Luisa Bienati che spiega ed approfondisce tematiche e ambientazioni di questi racconti così esotici e particolari.

 

 

Jun’ichiro Tanizaki


Jun’ichiro Tanizaki: nato a Tokio nel 1886 e morto ad Atami nel 1965, si formò come scrittore a cavallo tra Ottocento e Novecento. Sconvolse il pubblico, soprattutto a partire dagli anni Cinquanta, per via della modernità dei suoi romanzi.Tra le sue opere: L’amore di uno sciocco (1924 / Bompiani 2000), Vita segreta del signore di Bushu (1932 / Bompiani 2000), Libro d’ombra (1933 / Bompiani 2000), Neve sottile (1948 / Guanda 2009), Diario di un vecchio pazzo (1962 / Bompiani 2009), Morbose fantasie (Einaudi 2003), Nostalgia della madre (Einaudi 2004), Il demone (Einaudi 2010), Sulla maestria (Adelphi 2014).

 

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