Recensione di Francesca Mogavero
Autore: Rebecca West
Editore: Fazi Editore
Traduzione: Francesca Frigerio
Pagine: 406
Genere: Narrativa
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. È trascorso qualche anno da quando abbiamo salutato la famiglia Aubrey. Le bambine non sono più tali: i corsetti e gli abiti si sono fatti più attillati, le acconciature più sofisticate; l’ozio delle giornate estive è solo un ricordo. Oggi le Aubrey sono giovani donne, e ognuna ha preso la sua strada: le gemelle Mary e Rose sono due pianiste affermate e vivono le difficoltà che comporta avere un talento straordinario. La sorella maggiore, Cordelia, ha abbandonato le velleità artistiche per sposarsi e accomodarsi nel ruolo di moglie convenzionale. La cugina Rosamund, affascinante piùche mai, lavora come infermiera. La madre comincia piano piano a spegnersi, mentre il padre è sparito definitivamente. Poi c’è lui, il piccolo Richard Quin, che si è trasformato in un giovaneseduttore brillante e, sempre più, adorato da tutti. La guerra, che piomberà sulla famiglia come unacatastrofe annunciata, busserà anche alla sua porta, e sconvolgerà ogni cosa. Mentre l’Inghilterraintera è costretta a separarsi dai suoi uomini, l’universo delle Aubrey si fa sempre più esclusivamente femminile: gli uomini e l’amore rimangono un grande mistero, un terrenoinesplorato da attraversare, pagine ancora tutte da scrivere che, forse, troveranno spazio nelprossimo volume di questa appassionante saga familiare. Dopo La famiglia Aubrey, Nel cuore della notte è il secondo capitolo della trilogia di Rebecca West.
Recensione
Rose, Mary, Cordelia, Richard Quin e la cugina Rosamund sono cresciuti.
E mentre possono finalmente uscire dall’infanzia e le sue restrizioni, andando incontro a un ventaglio di possibilità, di scelte e di esperienze – non senza un pizzico di diffidenza – anche il mondo e le persone che li circondano mutano: i capelli si raccolgono in chignon, la moda galoppa, ora che papà ha lasciato casa definitivamente si possono piantare violaciocche e tulipani senza pensare ai debiti, il signor Morpurgo è sempre più presente con la sua affettuosa e malinconica sollecitudine, mamma diviene giorno dopo giorno più fragile e confusa.
I giacinti non sono riusciti a sbocciare – un presagio, un limite alla felicità completa (del resto, “la felicità portava con sé il suo contrario”) o, semplicemente, per usare le parole di Cordelia, “Di sicuro li abbiamo piantati nel modo sbagliato”? – ma è comunque una vittoria.
Questo tempo incantevole, di piaceri semplici e talvolta oziosi – un tempo che la Rose matura ci racconta quasi fosse una fiaba, come una bella storia da ripetere ogni Natale scaldando i cuori e l’atmosfera – appare nonostante tutto, nonostante il caratteraccio della “vecchia Cordy” e la consapevolezza non troppo amara di non suscitare l’interesse dei giovanotti alle feste, un’età dell’oro, del miele e della panna, l’epoca della giovinezza, il periodo ormai distante, ammantato da un velo di polvere aurea e forse per questo più sfumato e bello.
La voce di questa musicista e osservatrice fuori dal comune rievoca luoghi e personaggi, e ogni episodio dà l’avvio, come un creativo direttore d’orchestra, a un altro aneddoto, a una digressione, a una memoria più ampia, in un flusso di coscienza rapido e brillante come un fiume di campagna.
Così, pagina dopo pagina, gli anni volano e pure l’età dell’oro, anche quando se ne apprezza il valore effimero e inestimabile nell’istante stesso, scolora nell’era del piombo e della polvere da sparo, e in un battito di ciglia ci troviamo appunto “nel cuore della notte”, che è letterale parte della giornata e metafora esistenziale: di notte le difese si abbassano e qualunque cosa, dolore o novità, può accadere mentre siamo nudi e impreparati, ma la notte è anche il tramonto dell’innocenza, della gioia sfrenata e incosciente dei bambini, della certezza che gli affetti sono immortali e sempre più forti di noi.
Spirano allora i venti di guerra, che portano pensieri e pericoli e rapiscono chi è caro, affretta il passo l’oscura signora ma aspetta paziente e inesorabile dietro alla porta designata.
Cosa fare dunque? Continuare a suonare e suonare, affinché la musica sia consolazione, accompagnamento, testimone.
Perché lo spettacolo non finisce mai e le note, in fondo, sono sempre le stesse, cambiano solo gli arrangiamenti e gli interpreti.
Nel secondo capitolo dedicato agli Aubrey, Rebecca West dipinge – o compone, per mantenere il paragone musicale – con dolcezza e ironia una saga familiare a più voci, sempre fresca e sempre attuale, dando a una storia intima e a prima vista “piccola”, come tante, la dignità e l’eternità del grande romanzo. Come è giusto che sia.
A cura di Francesca Mogavero
Rebecca West
Rebecca West, nata Cicely Isabel Fairfield a Londra, prese il suo pseudonimo dall’omonimo personaggio di Ibsen, un’eroina ribelle. Nel corso della sua lunga vita travagliata e romanzesca è stata scrittrice, giornalista, critica letteraria, grande viaggiatrice, femminista ante litteram e politicamente impegnata. La trilogia degli Aubrey è ispirata alla sua storia familiare. Fazi Editore ha pubblicato l’intera serie: La famiglia Aubrey (2018), Nel cuore della notte (2019) e Rosamund (2019).
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