La ladra di frutta




Recensione di Manuela Moschin


Autore: Peter Handke

Traduzione: Alessandra Iadicicco

Editore: Guanda

Genere: Narrativa Moderna e Contemporanea

Pagine: 432

Anno di pubblicazione: novembre 2019

Sinossi. Ad aprire il nuovo libro di Peter Handke, definito dall’autore stesso «Ultimo Epos», è una puntura d’ape, la prima dell’anno, che in una giornata di mezza estate rappresenta per lui un segnale. È il momento di lasciare la «baia di nessuno», la casa nei pressi di Parigi, per mettersi in cammino verso la regione quasi disabitata della Piccardia, ripercorrendo l’itinerario compiuto, in un passato non meglio definito, dalla ladra di frutta. La ragazza – un personaggio sfuggente, dai tratti leggendari – «afflitta dalla smania di vagare» e incline a scartare dalla strada maestra per «sgraffignare» e assaporare i frutti di orti e frutteti, è partita invece con un intento preciso: ritrovare la madre, scomparsa da circa un anno dopo aver lasciato senza preavviso il suo posto di dirigente in una banca. Il viaggio della ladra di frutta e quello del narratore finiscono per sovrapporsi, per confondersi, per specchiarsi l’uno nell’altro: una serie di peripezie, incontri, folgorazioni ispirate dal contatto con la natura, che culminano in una grande festa. E questa sarà un approdo e un ricongiungimento, ma anche l’occasione per celebrare il vagare, l’erranza fine a se stessa, tutte quelle deviazioni dal tracciato che regalano visuali e doni inaspettati, come i frutti presi di soppiatto dai frutteti altrui. Il «semplice viaggio nell’entroterra» è ricco di rivelazioni e scoperte, e diventa, o forse è sempre stato, anche un percorso interiore.

RECENSIONE


Ho iniziato a leggere “La ladra di frutta” ponendomi una domanda: per quale ragione Peter Handke ha ricevuto il premio Nobel per la Letteratura nel 2019? Quali sono i motivi che hanno indotto a conferirgli un riconoscimento così rilevante?

Dopodiché avviandomi nella lettura ho cercato di cogliere gli aspetti essenziali: un lessico ricercato mai banale, capacità di scrittura eccellente. Il libro è intriso di messaggi velati. A tratti svelati in altri veramente occulti.

Per una “corretta” interpretazione non devono mancare analisi, riflessioni e considerazioni. Rimane comunque sempre il dubbio. In più punti ci si chiede se ciò che ha voluto trasmettere lo scrittore corrisponda realmente alla sensazione che si prova immergendosi nell’opera. A ciò si sommi uno stile narrativo corposo che favorisce un ragionamento continuo e intenso.

Credo che in finale lo scopo dell’autore è stato quello di stimolare il lettore, sollecitandolo a  viaggiare con la fantasia attraverso un processo introspettivo molto intenso.

Le sensazioni che si provano leggendolo sono singolari. Pensandoci potrei dire che compaiono una sorta di visioni. Sogno e realtà si sovrappongono profondamente. A volte potrebbe apparire prolisso in alcuni passi. È presumibile che questa forma sia intenzionale proprio per spingere il lettore a meditare durante il processo di narrazione.

Il romanzo è raccontato in prima persona e precisamente da un uomo anziano che desidera ritornare nei luoghi del suo passato. Ogni meta raggiunta favorisce spunti di riflessione. Handke lo definisce “Un semplice viaggio nell’entroterra” o “Ultimo Epos”.

L’itinerario inizia nei pressi di Parigi dove il narratore muove i primi passi venendo punto da un’ape per raggiungere poi la Piccardia:

” Questa storia è cominciata in uno di quei giorni di mezza estate in cui, camminando a piedi nudi nell’erba, per la prima volta nell’anno, si viene punti da un’ape. A me almeno capita da sempre”.

Simultaneamente anche la ladra di frutta si avvia in viaggio, ma il suo obiettivo è legato a uno scopo preciso ossia quello di ritrovare la madre scomparsa da circa un anno.

La natura è la grande protagonista che arricchisce il racconto tra un frammento lirico e l’altro dove l’autore descrive in modo sublime la composizione dei fiori, delle piante e dei frutti: “Sprofondare nella campagna era da sempre uno dei miei sogni a occhi aperti”. 

Tra gli argomenti trattati Handke ha focalizzato la sua attenzione nei confronti della figura del mendicante che, abbandonato a se stesso, accennava a un sorriso solo se qualcuno glielo avesse donato:

“Solo qualche senzatetto dimorava adesso nelle stanze dalle finestre in gran parte oscurate dal cartone, gli spiaggiati nella baia di nessuno che, tutti quanti invecchiati e senza parenti – o comunque senza parenti dichiarati -, avevano bisogno di cure, ogni giorno, ogni ora, e che, abbandonati a se stessi per colpa dello Stato, erano stati cacciati in quello che ormai era quasi un rudere”. “E più che senza sguardo sembravano… senza occhi. Ma quando li ho salutati: uno scintillio si è diffuso da quei visi”.

Di seguito è stata trattata “la trasformazione” che avviene in ogni persona a seconda del contesto in cui si trova. Lo diceva anche Pirandello nel suo capolavoro “Uno Nessuno e Centomila”: “C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro. E quando stai solo, resti nessuno.”

Nel libro “La ladra di frutta” vi è un esempio in un capitolo dove il narratore si sofferma a osservare alcune persone  in un boschetto che, un attimo prima, aveva incontrato nell’ambiente lavorativo:

“Vedere la cassiera del supermercato trasformata aveva per così dire trasformato anche me, per reazione” o quella del direttore di una banca: “Che nel suo ufficio da capo era tutto azzimato, e che emanava un sentore di Dior” e che invece durante la pausa pranzo si gustava una zuppa in una pentola di latta: “Restando a tratti col cucchiaio vuoto appoggiato alle labbra, come in un ambiente segreto”. Il banchiere poi si era alzato sorprendentemente per salutarlo con un sorriso.

Il racconto prosegue narrando le vicissitudini della ladra di frutta che essa stessa non si vedeva come una ladra, ma era un soprannome che le era stato dato. L’autore l’ha definita più volte una ragazza invisibile:

” E non solo nessuno la notava: era proprio invisibile. A questo era certo abituata e in fondo – il fatto di non farsi propriamente vedere, di scomparire, eppure di essere là, di essere con gli altri, assieme agli altri! – le stava più che bene. A volte però diventava invisibile in un modo che non le andava tanto a genio.” 

Il viaggio dura tre giorni alla fine dei quali nei protagonisti si verifica un mutamento interiore.

Grazie Peter e congratulazioni per questo viaggio onirico.

A cura di Manuela Moschin

https://www.librarte.eu

 

Peter Handke


Peter Handke Premio Nobel per la Letteratura 2019, “per un’opera influente che con ingegno      linguistico ha esplorato la periferia e la specificità dell’esperienza umana.” Romanziere e drammaturgo austriaco. È nato a Griffen, in Austria, nel 1942. Dopo essere stato per due anni allievo di una scuola di Gesuiti, ha frequentato la facoltà di legge a Graz senza laurearsi. Come regista, ha realizzato nel 1978 La donna mancina. Di Peter Handke nel catalogo Garzanti sono presenti: Infelicità senza desideri (1976); La donna mancina (1979); L’ora del vero sentire (1980); Storia con bambina (1982); Attraverso i villaggi (1984); Nei colori del giorno (1985); Lento ritorno a casa (1986); Il cinese del dolore (1988); La ripetizione (1990); L’assenza (1991); Saggio sulla stanchezza (1991); Saggio sul juke-box (1992); Saggio sulla giornata riuscita (1993); Il gioco del chiedere (1993); L’ora in cui non sapevamo niente l’uno dell’altro (1994); Il mio anno nella baia di nessuno (1996); In una notte buia uscii dalla mia casa silenziosa (1998); Lucia nel bosco con quelle cose lì (2001); Alla finestra sulla rupe, di mattina (2003); Le immagini perdute (2004); Don Giovanni (2007) e La montagna di sale (2011). In Italia le sue opere sono pubblicate anche da molti editori, tra cui Guanda, che ha ripubblicato nel 2014 Storie del dormiveglia e nel 2018 I giorni e le opere. Dello scrittore austriaco la casa editrice Guanda ha ristampato anche Il peso del mondo. Nel 2009 gli è stato conferito il premio Franz Kafka e nel 2014 l’International Ibsen Award 2014, il massimo riconoscimento in ambito teatrale. Peter Handke è stato più volte indicato come uno dei favoriti all’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura, che gli è stato conferito nel 2019. Ha collaborato in varie occasioni con il regista Wim Wenders, fino a Il cielo sopra Berlino. Ritratto dalla copertina di I calabroni (Guanda 2019).

 

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