Recensione di Francesca Mogavero
Autore: Elvira Seminara
Editore: Einaudi
Pagine: 200
Genere: Narrativa
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. Se la vita durasse una settimana, per Elvis e i suoi amici oggi sarebbe giovedí. Infatti è di giovedíche s’incontrano. Per scrutarsi, raccontarsi le novità, fare bilanci dentro un mondo che si scomponesotto i piedi. Tra poco non avranno piú cinquant’anni, e usciranno per sempre dall’età di mezzo perentrare in un territorio nuovo. Cosí, tra amori che nascono o franano, ansiolitici e aperitivi, cercanodi varcare quella soglia labile e miracolosa saltandoci sopra come in una giostra, decisi a nonscendere sin che dura il fiato – o il vino. La loro vita a dirotto si riflette in un dialogo inesauribile,impudico, che ci vede coinvolti tutti, nella stessa risata e nella stessa paura: congedarsi senzapreavviso dall’unica giovinezza che ci è stata assegnata senza aver capito cosa ci aspetta.
«Abbiamo 59 anni, alcuni di noi hanno smesso di tingersi i capelli e di fumare, altri hannocominciato la dieta e la Recherche, però dicendo che la rileggono. Facciamo finta di credere a unsacco di cose: che dimostriamo al massimo 48 anni, che non siamo depressi ma disincantati, chequella non è pancia ma colite. Che il vino rosso fa bene, e il caffè allunga la vita. Abbiamo avutocase allagate e idee geniali, spesso contemporaneamente. Alcuni hanno doppie vite, doppio lavoro,doppio mento, doppia sim. A teatro ci addormentiamo, e in tv vediamo lo stesso Montalbano trevolte, convinti che sia la prima. Abbiamo voglia di ridere, ma ci commuoviamo spesso e diamo lacolpa al polline. Ci angoscia l’idea di dimenticare le password. Crediamo ancora negli sconti, piú omeno in Dio, nelle creme antirughe, nei concerti del primo maggio e nei sughi senza conservanti, equasi tutti nel primo Battisti e nel primo Battiato, il primo Von Trier e il primo Paul Auster. Conviviamo con malattie autoimmuni, vicini razzisti, gatti anaffettivi, pc pieni di virus, aumenti distipendio, di peso, di autostima, ma combattiamo il colesterolo, la fine della sinistra, gli specchitroppo illuminati, le sanatorie, i leggings di ogni tipo, i bicchieri di plastica, l’irrilevanza, la frenesiadel Pil, i rumori di deglutizione. Ogni tanto siamo felici, senza motivo, senza bisogno d’indagare.Ci innamoriamo, andiamo in Messico e poi torniamo. Abbiamo detto milioni di volte le parolestress, motivazioni, analisi, percorso, adesso diciamo piú spesso pillola, spreco, cuore, meraviglia.Il vocabolario si restringe e ansima, nel silenzio troviamo nuove gradazioni. Guardiamo il meteosull’iPhone, piú volte al giorno, e la notte per quello dopo. Mettiamo in carica. Domani sole».
E. S.
Recensione
Cara Elvis,
dato che tutti, in questo romanzo, si rivolgono a te, lo faccio anch’io, e questa recensione, se così potremo ancora chiamarla, sarà un po’ diversa dal solito.
Tranquilla, non ti parlerò del tempo che scorre, di mutamenti e abitudini che non cambiano mai, di filosofie e teorie – tutto questo esiste e certi pensieri tengono sveglie la notte, ma non è questo il contesto né il momento.
Io vorrei parlare di te, che tra l’altro hai un soprannome interessante, sai?
Come The King, nel quale convivevano Jailhouse Rock e I can’t help falling in love with you, solitudine ed eccedenza.
Epure tu sei così, ci sei sempre come l’Etna e la sua lava ormai solidificata e lucida, ma sotto la crosta ardono fuochi e immagini e sensazioni che metti solo sulla carta – così li possiamo leggere noi lettori, ma che mi dici dei tuoi amici?
Non dev’essere facile essere scrittrice e amica, per chi ti vive intorno non c’è soluzione di continuità (e magari è davvero così, per chi la scrittura ce l’ha nel sangue e non può farci niente), non vede dove finisce una e inizia l’altra, così ti rigurgita addosso parole su parole, nella segreta, palese o inconscia speranza che diventino inchiostro… Ma chissà se poi, quelle stesse parole, le legge e si riconosce.
E tu che fai?
Ascolti gli amorazzi di Mauro e le scoperte di Pietro, registri le fissazioni di Sophia e la voglia d’amore e la nostalgia di Olivia, prendi nota dei progetti di Miriam, imprimi sulla tua pellicola interiore la frustrazione e la crudeltà inconsapevole e affascinante di Cesare… Ne farai un nuovo romanzo o più d’uno?
Di materiale ce n’è in abbondanza e di tempo pure, cosa vuoi che siano quasi sessant’anni, soltanto una decina che devi ricordarti di cambiare, come capita nei primigiorni dell’anno nuovo, quando con la testa sei ancora a ieri e sbagli a scrivere la data. Roba danulla.
Tu porgi l’orecchio, osservi con lo sguardo profondo e assolato dei siciliani, carpisci un pezzo qui e uno laggiù tra le onde e tessi storie nuove che da un lato ammiccano e dall’altro nascondono la mano, mentre gli amici di te cosa sanno?
È qualcosa di potente conoscere tanti segreti, tante angolazioni sfuggenti, e di sé celare quasi tutto… E può essere pericoloso – dunque allettante – perché a scavare tanto nell’animo altrui puoi scoprire qualcosa che non ti aspettavi e che rimette in discussione rapporti e convinzioni.
Come l’abisso che a sua volta ti guarda dentro.
Tu sei scrittrice, Elvira – te lo dico anch’io, vedi? – e sai che ogni parola ha tanti strati, come la lava antica si deposita su quella nuova, ogni parola è fatta di schiuma, di sale e creature marine sempre uguali e sempre in evoluzione e movimento, è un guardaroba per tutte le stagioni, anche quelle più strane: una parola ne contiene e ne chiama infinite altre, così “amico” può voler dire niente o tutto…Sta a te decidere, perché la storia è tua, ma ne sei soprattutto la protagonista.
A cura di Francesca Mogavero
Elvira Seminara
scrittrice e giornalista, ha pubblicato per Mondadori L’indecenza (2008), per Gaffieditore I racconti del parrucchiere (2009), per nottetempo Scusate la polvere (2011) e La penultima finedel mondo (2013), per Einaudi Atlante degli abiti smessi (2015) e I segreti del govedì sera (2020). I suoitesti sono tradotti in diversi paesi. Vive tra Aci Castello e Roma.
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