Recensione di Loredana Cescutti
Autore: Alessia Tripaldi
Editore: Rizzoli
Genere: Thriller
Pagine: 400 p., R
Anno di pubblicazione: 2020
VIDEORECENSIONE “GLI SCOMPARSI”
A cura di Fiorella Carta
Sinossi. Gli scomparsi non è solo un thriller psicologico che toglie il respiro: è il viaggio al termine della ragione dove si nasconde l’altra faccia di ognuno di noi. Un cadavere mutilato emerge da un tumulo di sterpaglie. Un ragazzo scalzo e magro dice di chiamarsi Leone e che quello è il corpo di suo padre, con cui ha sempre vissuto nei boschi. Quale segreto si nasconde tra le montagne impenetrabili del Centro Italia? La risposta spetta al commissario Lucia Pacinotti. «Un’altra sigaretta e poi vado» è la frase che ripete tra sé mentre è appostata in macchina cercando il coraggio di bussare alla porta del suo vecchio compagno di università, Marco Lombroso. Nonostante la frattura improvvisa che li ha separati anni prima, lui è l’unico che può aiutarla a dipanare il mistero del “ragazzo dei boschi”. Ciò che Lucia non sa è che bussando a quella porta costringerà Marco a riaprire anche il vecchio baule ereditato dal suo avo, Cesare Lombroso. Tra le pagine dell’Atlante dei criminali, nei pattern che collegano i crimini più efferati della Storia, si cela la verità, ma per trovarla è necessario addentrarsi nei fitti boschi delle montagne e in quelli ancora più intricati dell’ossessione per il male. Una forza narrativa irresistibile, una tensione travolgente, dei personaggi pieni di difetti ma che ameremo alla follia: sono solo alcuni degli ingredienti di questa storia. Alessia Tripaldi ci conduce nei labirinti della psiche umana, in bilico tra luce e ombra.
Recensione
A richiamare la mia attenzione e il mio interesse con fervore e curiosità, inducendomi a leggerequesto libro, pur non conoscendo l’autrice, è stato assolutamente un nome, anzi il nome. Uno fra tutti.
Cesare Lombroso.
Mi sono chiesta come si potesse decidere di iniziare a scrivere una storia facendo sì, che in qualche modo, anche lui ne assumesse un ruolo da protagonista pur ambientando la trama ai giorni nostri, non solo perché famoso studioso di antropologia e criminologia, bensì in veste di trisavolo, scomodo, di uno dei due personaggi principali, Marco Lombroso.
Un nome che sembra una disgrazia.
Portarsi addosso un cognome così ingombrante tanto da ritrovarsi, sempre, alla ricerca dell’anonimato e dell’invisibilità sociale perché pronunciare quel nome, in certi ambienti, ancora adesso dà origine a degli effetti di rifiuto e anche di scarsa considerazione.
Da qui la scelta per Lombroso Jr di vivere in disparte, di cercare un lavoro tutto sommato al di sotto delle sue capacità che non gli dia visibilità e gli permetta di sopprimere le sue vere attitudini, di vivere una vita anonima, solitaria, con una donna che non possiede completamente e a cui quindi non deve nulla, cercando di arrivare a fine giornata con l’intento di superare le notti insonni durante le quali i demoni del suo essere lo tormentano fino al sorgere del nuovo giorno.
Ma poi…
… ritorna lei!
E tutto cambia.
Passato, presente, ogni cosa si mescola, riporta a galla sentimenti belli e ricordi brutti. Un miscuglio di impulsi ed emozioni insalubri, dure, cupe, buie e piene di sofferenza in un amalgama che non potrà fare altro se non investire tutti con la potenza distruttrice e assoluta del male.
Lucia chiederà un favore a lei necessario per la sua carriera, il suo futuro, senza pensare che Marco potrebbe rischiare di ricadere in una spirale senza ritorno.
E lui…
“… cede. Accende una luce, apre l’armadio e ne tira fuori il pesante baule di legno. Il coperchio è ricoperto di figurine di calciatori e dei pasciuti globuli rossi di Esplorando il corpo umano. In cima al baule, sotto un foglio di carta velina, c’è un album… A guardarlo da fuori ci si aspetterebbe di trovarci foto ingiallite dagli anni, figure antiche imbalsamate in pose senza sorrisi e acconciature rigide. Quando Marco lo apre un una pagina a caso, svela invece una sequenza di volti dallo sguardo torvo, ostile.”
Marco esiste, c’è, è reale dentro questa storia e, cosa ancora più importante ha ereditato le capacità oltre alle conoscenze di questo lontano parente. Un baule che lui ha scoperto ancora ragazzino, per caso, nascosto in cantina, come spesso accade. La convinzione di aver trovato un tesoro, la consapevolezza di aver ereditato il male, il nero, l’attrazione e il fascino per l’ignoto ma anche, la capacità di riconoscerlo e di non riuscire a resistere a lui quando lo si incontra.
“Ti sei mai chiesta perché ho lasciato l’università? … per allontanarmi da Cesare Lombroso, dalla tara che ho ereditato da lui.
… mi porto dentro anche la sua malattia! … sono ossessionato come lui dagli psicopatici, dai criminali, e sai perché? Perché siamo come loro, le nostre menti sono deviate come le loro! Vogliamo capirli, riusciamo a capirli, perché abbiamo lo stesso buco nero nel cervello!”
Ancora una volta, proprio come da bambino, da questo momento in poi, tutto sarà diverso, tutto assumerà le sembianze del buio più assoluto, ogni cosa scomparirà attorno a lui, e Marco ridiventerà tutt’uno con il male che cercava di riconoscere e combattere.
Tripaldi mi ha colpita.
Ha dato vita ad una storia inquietante che purtroppo spesso ricalca ahimè la vita reale, le storie che spesso si sentono alla televisione ma che si è rivelata anche da subito molto scorrevole in lettura,anche nei momenti più duri.
Quest’autrice sa scrivere, sa coinvolgere, è in grado di mantenere alta l’attenzione del lettore ed è capace di sconvolgere con veri e propri colpi al cuore, mettendoti davanti al fatto compiuto, come fosse la cosa più naturale del mondo.
Lo sa fare, però, talmente bene che mai avrai il dubbio di dover lasciare da parte questa storia, proprio per il livello di attrazione, che nonostante tutto, nel bene e nel male, fino alla fine eserciterà su di te in un modo magnetico e incontrollabile.
L’intrico di colpi di scena che metteranno il lettore sempre più in difficoltà, presentandogli il conto di un’indagine piena di sorprese agghiaccianti, che potrebbe anche finire per lasciare una sensazione di disagio in chi legge perché ve lo dico, il crimine di cui si parlerà fra i tanti, non sarà quello più semplice da affrontare, non renderà per altro la lettura meno interessante.
Una volta iniziato il libro, non potrete fare altro che empatizzare con l’ombroso Marco Lombroso che in veste di consulente proverà a dare una mano ma anche con Lucia, la poliziotta che cammina sulle uova in quanto donna e che appunto, avendo introdotto una figura scomoda nella sua squadrarischierà la carriera stessa.
L’ambientazione qui però, dopo i due personaggi principali, è sicuramente la vera protagonista. La boscaglia, gli alberi, gli anfratti, le grotte, i dirupi e tutta la vegetazione spontanea che cercheranno di nascondere ogni cosa. Un luogo pieno di segreti che non vogliono o non possono essere svelati.Il bosco visto come uno scrigno magico che racchiude al suo interno ogni malvagità, che protegge il male, lo coccola, lo culla come fosse un suo figlio benedetto, lo aiuta a crescere, lo sorveglia e quando necessario, lo elimina.
Io, con letture di questo tipo rimango sempre affascinata, perché personalmente sono sempre molto curiosa quando si parla di follia e profilazione. Non nascondo però, che al termine della storia, questo per me, è stato uno di quei libri che ti lascia l’amaro in bocca per come si conclude. Uno di quei finali che non riesci a ben codificare dal momento che, da qualsiasi parte tu lo analizzi, non ci sarà alcun vincitore.
Perché nella vita reale, non accade spesso l’happy ending.
Perché qui, a vincere, sarà solo il male.
“Nei suoi occhi neri riconosce la forza distruttrice del Nulla, una macchia scura che avanza inesorabile, divorando tutto ciò che incontra.”
Chissà se Marco Lombroso riuscirà a riemergere dal buio. Io ci spero, ma questa volta non so se potrei veramente mettere la mano sul fuoco per lui.
Buona lettura!
Alessia Tripaldi
è sociologa e cofondatrice dell’organizzazione Sineglossa. Ha lavorato per diverse case di produzione come sceneggiatrice. Questo è il suo primo romanzo.
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