le stelle
Recensione di Stefania Ceteroni
Autore: Ruta Sepetys
Editore: Garzanti
Genere: narrativa contemporanea
Pagine: 496
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. Madrid, 1957. Da anni la Spagna è stretta nella morsa della dittatura franchista. Nel paese la tensione è palpabile e per sopravvivere esiste un’unica parola d’ordine: silenzio. Quello imposto dal regime che decide come ci si deve comportare per evitare terribili punizioni. E che Daniel, giovane fotoreporter, cerca di catturare nei suoi scatti, nonostante non gli sembrino mai abbastanza incisivi. Mai efficaci. Finché un giorno il suo obiettivo inquadra il volto di una donna: è diversa dalle altre, ha gli occhi fieri e cammina a testa alta come se non avesse paura di niente e di nessuno. Si chiama Ana e con il suo coraggio sprona Daniel a non arrendersi e a perseverare nel suo ruolo di testimone per scuotere l’indifferenza del mondo. Insieme, si aggirano per quartieri desolati, dove la lunga ombra della dittatura oscura ogni cosa. In luoghi dove si consumano separazioni forzate che intere famiglie sono costrette ad accettare senza batter ciglio. Senza nemmeno provare a opporsi. Non importa quanto sia pericoloso e quali rischi potrebbero correre: Ana e Daniel non sono disposti ad arrendersi di fronte a un destino che può e deve essere cambiato. Ma si tratta di una battaglia piena di difficili prove da superare, che presto li costringerà a fare i conti con un segreto che li riguarda da molto vicino. Un segreto che, se portato alla luce, trasformerà ogni cosa e li legherà per sempre.
Recensione
L’orizzonte ci regalerà le stelle è un’opera narrativa storica. La stessa autrice definisce in questo modo il suo lavoro: un’opera narrativa storica che prende le mosse dalla guerra civile spagnola e dalla successiva dittatura di Francisco Franco che sono state vicende vere. Molto vere. Tristemente vere.
Ammetto di aver letto con molto interesse questo romanzo: non ho mai approfondito le vicende che si sono susseguite in Spagna in quell’epoca, limitandomi alle poche informazioni arrivate a noi dai libri di testo o, comunque, dalla cronaca senza cercare alcun approfondimento. Dopo aver letto questo libro ammetto di avere un gran bisogno di conoscere di più quanto accaduto.
Raccolto l’invito che fa l’autrice alla fine del libro quando esorta i suoi lettori a cercare fatti, saggi, autobiografie e testimonianze personali che aiutino a conoscere meglio la Spagna di quell’epoca. Ne sento proprio la necessità.
La storia di Ana, di Daniel, di Fuga e tutti gli altri mi è arrivata sottopelle e faccio fatica a scrollarmela di dosso, a lettura terminata. È una di quelle storie che non posso non restarti addosso perché, pur nella consapevolezza che si tratta di una storia romanzata, la contemporanea consapevolezza di quanto sia stata vera una Spagna consegnata al silenzio, dove la dittatura imponeva comportamenti omologati e piegati, sempre e comunque, al silenzio lascia addosso tanta amarezza e tanta rabbia. A me, almeno, è accaduto così.
L’autrice racconta, sempre a margine del libro, di aver avuto tra le mani la fragile tensione tra la storia e la memoria: da una parte il disperato bisogno di dimenticare, dall’altro quello, altrettanto disperato, di ricordare e far venire alla luce vicende gravissime.
Ed è proprio questo contrasto che compare nel libro: dalla voglia di scoprire le carte di un gioco sporco, seppur latente, alla necessità di trincerarsi in quel silenzio che è imposto dal regime dittatoriale e che viene fatto rispettare con la violenza. Con il carcere. Con le torture. Con la morte.
In questo contesto si inserisce la storia di Ana e di Daniel: lei figlia di due intellettuali spagnoli che si opposero al regime di Franco, entrambi uccisi; lui figlio di un magnate americano del petrolio giunto in Spagna per stringere un accordo economico proprio con quell’uomo che ordinò la morte dei genitori di lei.
Lei cameriera nell’hotel in cui la famiglia del petroliere soggiorna in Spagna; lui amante della fotografia, pronto a catturare storie con i suoi scatti ma destinato a succedere al padre nell’azienda di famiglia. Una prospettiva che va molto stretta al ragazzo.
Le loro esistenze si incontrano, si riconoscono, si intrecciano ad altre intense e dolorose esistenze in quella Spagna che non può alzare la testa e deve tacere. Sempre e comunque. In questo contesto emerge anche una terribile realtà che ha a che fare con bambini, neonati, orfani o presunti tali, con adozioni, con morti misteriose. Vicende che toccheranno da vicino i due ragazzi, in un modo o nell’altro.
Il personaggio che ho amato più di tutti in assoluto è Fuga: un personaggio secondario ma importantissimo nelle more del racconto e nella vita dei due protagonisti; un ragazzo che ha vissuto il dolore sulla sua pelle, l’abbandono, la violenza. Un ragazzo che vuole restituire dignità agli indifesi, come lo è stato lui. Un personaggio bellissimo a mio modo di vedere e la cui esistenza mi ha commossa fino alle lacrime.
Molto bella anche l’immagine di Daniel pronto a raccontare storie con la sua macchina fotografica.
Bello. Il libro è uno dei più belli che abbia letto fino ad ora e sento di non esagerare nel dire ciò. Scritto in punta di penna, con garbo anche nei passaggi più delicati, con rispetto… ecco, questo è il termine giuso. Un libro doloroso che racconta una storia dolorosa e difficile ma lo fa con rispetto.
L’autrice ha cognizione di causa, lo si comprende in ogni passaggio, in ogni descrizione, in ogni dettaglio. Niente è lasciato al caso ed i personaggi arrivano al cuore portandone via – alcuni in particolare – un pezzettino.
A cura di Stefania Ceteroni
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Ruta Sepetys
Ruta Sepetys è nata negli Stati Uniti da una famiglia di rifugiati lituani la cui storia ha ispirato il suo primo romanzo, il bestseller Avevano spento anche la luna (Garzanti, 2011) che ha rotto il silenzio su uno dei più terribili genocidi della storia, le deportazioni dei paesi baltici nei gulag. Con Garzanti ha pubblicato anche Una stanza piena di sogni e Ci proteggerà la neve. Vive nel Tennessee con la sua famiglia.
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