Recensione di Claudia Cocuzza
Autori: Franco Forte, Vincenzo Vizzini
Editore: Mondadori
Collana: Omnibus
Genere: thriller
Pagine: 511
Pubblicazione: 6 luglio 2021
Sinossi. Ragusa, 1934. Il commissario Vincenzo Ibla, investigatore all’apparenza indolente ma acuto osservatore, viene spedito sotto il sole di luglio alle cave di Spaccaforno: tra le rocce è stato rinvenuto un cadavere, ma è al confine di due giurisdizioni, e le rispettive questure sono già pronte a rimbalzarsi a vicenda la responsabilità delle indagini. Appena vede la salma, però, Ibla capisce che il caso è suo, perché la vittima è Vittorio Borgia, un suo vecchio compagno d’armi, ora miliziano fascista. Sembra un semplice omicidio passionale, ed è quindi con una certa sorpresa che il commissario apprende dell’imminente arrivo da Milano di un certo Franco Durante, un funzionario fascista che, pare, Mussolini in persona ha inviato a Ragusa per coadiuvarlo nella ricerca dell’assassino di Vittorio. Uomo del nord tutto d’un pezzo, Durante segue con impazienza il lavoro di Ibla, che da parte sua ricambia con tutto il sospetto per un uomo di una cultura così lontana dalla Sicilia. Presto, però, i possibili moventi dietro l’omicidio di Vittorio raddoppiano e si ramificano verso mondi e intrighi sempre più oscuri e complessi, costringendo i due a proteggersi e sostenersi a vicenda, solo per scoprire che la combinazione delle loro peculiarità a prima vista incompatibili possono rivelarsi la chiave per sciogliere l’enigma. Vittorio non è l’unico a nascondere una doppia vita, perché anche Durante ha i suoi segreti, e sono legati a filo doppio con il suo arrivo sull’isola: lo scienziato Enrico Fermi ha promesso a Mussolini un’arma straordinaria e terribile, ma per svilupparla ha bisogno di uranio, quello che il Duce ha in mente di estrarre in Ciad dopo averlo conquistato con la campagna d’Africa, per poi trasbordarlo in Italia. Ispirandosi a eventi attestati ma poco conosciuti, Franco Forte e Vincenzo Vizzini tessono un thriller mozzafiato nell’Italia del Ventennio, sullo sfondo dell’incontro-scontro tra il regime fascista, le più grandi potenze mondiali e il progetto di quella bomba atomica destinata a segnare le sorti del Secondo conflitto mondiale, le pagine di Storia e l’anima di tutti noi.
Recensione
Ragusa, luglio 1934.
Vittorio Borgia, membro della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, viene ritrovato cadavere al confine tra le province di Ragusa e Siracusa, alle Cave di Spaccaforno.
Il questore Rubino ha fatto intendere a chiare lettere al commissario Ibla di fare in modo di rifilare il caso alla questura di Siracusa, ma Vincenzo non è uno che “distorce la verità per assegnare i casi in base ai rompimenti di cabbasisi”: la competenza è loro. Ritorna quindi a Ragusa con un cadavere sul cassone del Fiat 621 e tra le mani un’indagine bollente, sotto più punti di vista: politico, perché la vittima è un fascista molto in vista, e personale, in quanto è anche suo amico.
Come se ciò non bastasse, direttamente da Milano, a bordo di un idrovolante pilotato niente di meno che da Italo Balbo, il Maresciallo dell’aria, viene inviato in Sicilia un funzionario del Partito, Franco Durante, con lo scopo ufficiale di affiancare le autorità locali nelle indagini, essendo Borgia stato molto vicino al Duce.
Ecco formata la coppia investigativa più improbabile della letteratura thriller: un commissario siciliano, un mutilato di guerra che un po’ sulla propria invalidità ci marcia, abituato ad agire in solitaria, e un “damerino del nord”, un “manichino vestito di nero”, ferratissimo sulle ultime novità in campo investigativo ma che sarà spiazzato dalla mentalità meridionale:
«Da queste parti o parlate in un dialetto incomprensibile o comunicate a gesti»
si ritroverà a lamentarsi.
Eppure questo binomio così male assortito si rivelerà vincente.
Dopo un paio di giorni di rodaggio, nel corso dei quali i due si fiutano e si guardano in cagnesco, si studiano cercando di capire se possono fidarsi l’uno dell’altro, finalmente la situazione si sblocca e la loro collaborazione diventa proficua, fino a portare alla risoluzione della vicenda in appena quattordici giorni.
Quel “damerino” dalle fissazioni strambe ‒dalle teorie lombrosiane, che sfrutta per la costruzione di un suo personale archivio fisiognomico, all’applicazione del metodo di rilevazione delle impronte digitali, sconosciuto all’epoca dalla polizia siciliana‒ si rivela estremamente arguto e dotato di un’elevata capacità di adattamento, mentre il commissario “sciancato” e burbero, bollato di primo acchito come ottuso dal milanese, dimostra di possedere un intelletto fine e un cuore tenero, ben nascosto sotto la scorza di duro.
La vicenda viene narrata sfruttando il punto di vista dei due inquirenti, a capitoli alternati, salvo pochissime eccezioni.
La focalizzazione passa infatti da Durante a Ibla e l’espediente permette alla narrazione di proseguire poiché, sebbene vengano sfruttati punti di vista diversi, le scene descritte sono cronologicamente consecutive. L’alternanza di punto di vista riesce a dare movimento alla scrittura.
Attorno a loro ‒Franco e Vincenzo, omonimi degli autori‒ ruotano tantissimi personaggi, tutti molto ben caratterizzati.
Rosetta, la sorella del commissario Ibla, diventa il terzo componente della squadra investigativa: una nubile, negli anni ’30, in Sicilia, che può permettersi di mettere bocca in faccende da uomini e che, per di più, gli uomini in questione tengono in grande considerazione per via della sua intelligenza scalpitante: già per questo la adoro. Una ragazza arsa dal desiderio di conoscere, di imparare, che capisce quando e come intervenire in questioni normalmente precluse alle donne dell’epoca, ma sa anche stare al suo posto quando è il caso. Non solo contribuisce all’avanzamento delle indagini, ma la sua presenza permette anche l’intrecciarsi di una sotto trama rosa delicata, appena accennata, ma molto tenera e coinvolgente.
L’agente Caruso, detto Carnazza, ombra di Ibla, è un omone più veloce con le mani che con il cervello, ma la cui fedeltà alla divisa e al commissario sono fuori discussione. È spesso vittima delle sfuriate di Vincenzo, che più di una volta nel corso dell’indagine ha frenato l’impulso di spaccargli in testa il suo bastone.
Potrei continuare parlandovi dei coniugi Puglisi, di donna Teresa Gandolfo, di Madame Florence, del questore Rubino e di tutti gli altri, ma vi lascio il piacere di scoprire i personaggi a poco a poco e di trovare gli aspetti che più vi colpiscono di ciascuno.
Andiamo all’ambientazione.
Che vi devo dire, è stato un tuffo al cuore.
Una siciliana della parte orientale dell’isola, come me, non può che rimanerne incantata.
Ho riconosciuto tutto: il dialetto ragusano ‒ a “Rausa provincia e Muorica ‘sta mincia” mi stavo ribaltando ‒, i luoghi ‒ il duomo di San Giorgio, le ville immerse nelle campagne, i caratteristici muri a secco della zona‒, la mentalità, che non è poi tanto diversa da quella di oggi: la parola d’onore, che vale più di qualsiasi firma, la nostra venerazione per l’ospite e per il cibo ‒ non a caso accoppiati, perché, chi è ospite di una casa siciliana, deve essere pronto ad affrontare maratone culinarie fuori da ogni immaginazione ‒, la riverenza nei confronti delle autorità ‒ il commissario Ibla non paga al bar, non paga dal barbiere, usanza che è di facile riscontro anche ai giorni nostri ‒, la riservatezza e la generosità ma anche l’innata diffidenza verso ciò che si percepisce come culturalmente distante.
E soprattutto, ancora oggi la Sicilia è più vicina all’Africa che a Milano, come Vincenzo spiega a Franco.
L’intreccio è costruito in maniera magistrale.
La trama è ingarbugliata, la verità si svela al lettore solo in prossimità della chiusura dell’indagine;le piste da seguire sono diverse, tutte verosimili e studiate nei dettagli. Quando credi di aver capito quale sia la strada giusta da seguire, subito ne spunta un’altra ugualmente plausibile. Questo permette di mantenere costantemente alta la tensione.
Le vicende storiche da cui il giallo prende spunto sono reali, ma non di quelle che trovi sui libri di scuola. Ne sono stata affascinata, mi sono sentita quasi in soggezione quando Durante si è ritrovato nella sede de “Il popolo d’Italia” a Milano al cospetto di personalità quali Vitaliano Brancati, Indro Montanelli, Italo Balbo, Enrico Fermi e il Duce.
Tutti, ciascuno nel proprio ambito e senza scendere in valutazioni che tutti siamo in grado di fare, sono stati la nostra Storia.
Alla fine, che c’entra l’uranio di Mussolini?
Mica vi posso dire tutto.
Vi consiglio di leggerlo. E capirete.
A cura di Claudia Cocuzza
www.facebook.com/duelettricisottountetto/
Franco Forte e Vincenzo Vizzini
Franco Forte è nato a Milano nel 1962. Direttore delle collane Giallo Mondadori, Segretissimo e Urania, per Mondadori ha pubblicato, tra gli altri, Carthago, Roma in fiamme, Cesare l’Immortale, La bambina e il nazista e la serie dei 7 re di Roma, avviata con il fortunato Romolo – Il primo re.
Vincenzo Vizzini nasce a Noto nel 1958 e vive da sempre a Marina di Ragusa. È autore di racconti gialli per Mondadori, vicedirettore della Writers Magazine Italia e ha scritto il manuale bestseller Come si scrive un racconto.
Acquista su Amazon.it: