Recensione di Sara Pisaneschi
Autore: Romana Petri
Editore: Mondadori
Genere: Narrativa
Pagine: 470
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Lisbona. Dopo la mostra in cui la pittrice Albertini ha ritratto l’intera famiglia del marito, la coppia è costretta a trasferirsi a Roma. Gli “sgorbi” hanno divertito solo Rita (la figlia nata deforme e che la madre Maria do Ceu ha fatto rattoppare chirurgicamente più volte). La Albertini d’altro canto se ne frega: detestava i silenziosi pranzi di famiglia della domenica. Quando entra in gioco un abile gallerista di Milano è il successo, soprattutto a partire da una serie di quadri su santa Teresa d’Ávila. Non solo: i critici notano che – basta guardarli con attenzione – quei quadri prendono vita. Pittrice ormai ricca e famosa, la Albertini potrebbe finalmente vivere una bella vita con il marito Vasco, abituato, a differenza di lei, ad avere un patrimonio alle spalle. E tuttavia il rapporto coniugale si complica, innescando una sorta di conflitto che è al contempo torbida sfida e luminoso riscatto. È forse l’amore solo una “rappresentazione”? In un continuo, drammatico andare e venire tra Roma e Lisbona, la Albertini si prepara a combattere, a crescere, a guardare al di là dello specchio in cui ha rischiato di vedersi prigioniera: lo specchio dei glaciali, interminabili e quasi invincibili silenzi. Romana Petri si muove con insinuante agilità fra l’ottusità dei rituali famigliari, il teatro morbido e morboso della bellezza di Lisbona e il gesto rivelatore e magico dell’arte. Passione, scandaglio di anime, saga famigliare, La rappresentazione è un romanzo che esplora i suoi confini, e li supera.
Recensione
Ogni volta che leggo un libro di Romana Petri è come tornare un po’ a casa. Non per i luoghi descritti con grande minuzia di particolari e la voglia che mi fa venire di andare a visitarli prima possibile, bensì per la bella scrittura e per i suoi personaggi da cui non riesco mai a staccarmi. Vivo per loro e con loro, voglio sapere come andrà a finire e cosa succederà.
Gioisco per i loro successi e soffro per le sconfitte. Inevitabilmente prendo le parti di qualcuno. Se poi ritrovo, come in questo caso, i protagonisti di uno dei libri più belli che abbia mai letto (Ovunque io sia) la gioia cresce in modo esponenziale.
Vasco Dos Santos e Luciana Albertini: la coppia perfetta. Portoghese,affascinante, gentile e colto lui. Italiana, piccola, geniale e generosa lei. Si sono incontrati dopo che Vasco, proprietario di una piccola galleria d’arte a Lisbona, ha conosciuto e apprezzato molto i quadri dipinti dalla talentuosissima Albertini. Si sono trovati e subito innamorati. Non è la passione a tenerli insieme. Sono la tenerezza e la complicità.
È vedere la vita con gli stessi occhi e trovarne le varie sfumature. È un completarsi sempre e comunque. Se ne sono dovuti andare da Lisbona per colpa di una mostra in cui la Albertini metteva in ridicolo la ingombrante famiglia, tipicamente portoghese, di Vasco. Luciana ne è stata bandita attirandosi l’odio del suocero Tiago e della sorella gemella di Vasco, Joana.
“Loro, da sempre, non erano altro che vasi incomunicanti. Quello che Vasco si chiese fu se anche una famiglia così poteva mancare. Lasciare tracce era evidente. Ed erano state così infauste e indelebili che per tutta la sua vita le aveva volute dimenticare”.
Quelli vissuti a Roma sono anni di grande felicità e armonia. Pochi i soldi,ma in fondo cosa importa? Bastano a loro stessi. Luciana continua a dipingere in modo appassionato e Vasco è in cerca della galleria perfetta da aprire nella capitale.
Completano la loro famiglia Barabba, il senza età e inseparabile cane della Albertini, e il piccolo gattino Ulisses a cui Vasco è tanto affezionato. È quando arriva il momento di dover chiedere un prestito a Tiago per la galleria che le cose iniziano a prendere un piega quanto mai spiacevole e che viene alla luce il vero carattere di Vasco, quello che la Albertini conosceva già ma che tollerava non sembrandolepoi così terribile.
Sì, il continuo umiliarsi di fronte a quel padre che sembra godere enormemente nel mettere in difficoltà il figlio; la palese sottomissione alle richieste della sorella; la rabbia per le vittorie lavorative di Luciana… tutto le sembrava tenero. Vasco è il suo grande amore, degno di essere capito, spronato e protetto. Vasco e i suoi silenzi. Vasco e l’immancabile assenza di risposte. Vasco e la sua politica dell’oblio edell’attesa. Vasco e la mancanza di presa di posizione.
Esiste qualcosa di vero nel fragile universo della vita umana o è tutto una rappresentazione?
L’amore è una rappresentazione?
La famiglia lo è?
Ed ecco che la Albertini cerca di capire disegnandosi anche grandi punti interrogativi sulla fronte. Si interroga, si mette in dubbio, si logora, e non si da pace. Ne vale veramente la pena? Ha creato un modo di dipingere innovativo e prezioso. Ha raggiunto un successo insperato… potrebbe farselo bastare. Ma.
“Beh, nulla è più tremendo di ciò che vediamo sempre intero e poi si spezza all’improvviso mostrando quel che ha dentro. Di cosa è fatto. Per meglio o peggio che sia, nel vederlo ci sentiamo un po’ traditi”.
Romana Petri
Romana Petri vive a Roma. Tra le sue opere, Ovunque io sia (2008), Ti spiego (2010), Le serenate del Ciclone (2015, premio Super Mondello e Mondello Giovani), Il mio cane del Klondike (2017), Pranzi di famiglia (2019, premio The Bridge), Figlio del lupo (2020, premio Comisso e premio speciale Anna Maria Ortese-Rapallo) e Cuore di furia (2020). Traduttrice e critico, collabora con “Io Donna”, “La Stampa”, “il Venerdì di Repubblica” e il “Corriere della Sera”. I suoi romanzi sono tradotti in Inghilterra, Stati Uniti, Francia, Spagna, Serbia, Olanda, Germania e Portogallo (dove ha lungamente vissuto).
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