La felicità degli altri




Recensione di Sara Zanferrari


Autore: Carmen Pellegrino

Editore: La Nave di Teseo

Genere: narrativa

Pagine: 239

Pubblicazione: 11 febbraio 2021

Sinossi. Sono nata in una casa infestata dai fantasmi. Allampanati, tignosi fantasmi da cui non si poteva fuggire. A quel tempo vivevamo nella parte ovest di un villaggio che aveva case tutte uguali, tutte al pianoterra, prima che si elevassero. Mio fratello e io speravamo che le case degli altri fossero infestate quanto la nostra. A dieci anni fui allontanata dal villaggio per pura crudeltà, ma i fantasmi non rimasero a casa.” Cloe è una donna che ha imparato a parlare con le ombre. Un’anima in ascolto, alla ricerca di una voce che la riporti al luogo accidentato della sua origine, al trauma antico di quando, bambina, cercava di farsi amare da chi l’aveva messa al mondo. Nel suo cammino costellato di fragorosi insuccessi e improvvisi passi avanti, Cloe attraversa città, cambia case, assume nuove identità, accompagnata da voci, ricordi, personaggi sfuggenti: Emanuel, il fratello amatissimo; il professor T., docente di Estetica dell’ombra; Madame e il Generale, guardiani della Casa dei timidi, dove la donna era stata accolta a dieci anni. Cloe è uno sguardo che cerca attenzione e verità, il suo viaggio coraggioso è il racconto di un amore e di una speranza che non si spengono, anche quando dentro e fuori di noi non c’è che rovina.

Recensione

Questo libro è dedicato agli ammutoliti abitanti del buio, piccoli o adulti che siano, perché non c’è età che metta al riparo se non si viene visti né ascoltati, se non ci si sente almeno ogni tanto pensati.”

Con questa dedica Carmen Pellegrino chiude il suo ultimo romanzo, “La felicità degli altri”, in cinquina al Premio Campiello 2021. Dedica ai non amati, agli abbandonati, agli invisibiliperché “ciò che resta in ombra si abitua a non essere guardato”, invisibili dentro e fuori, perché, questo ci insegnano la psicologia e la psicoanalisi, se non vieni visto da chi ti ha messo al mondo di fatto non esisti.

Una protagonista tormentata, divisa in più vite e più nomi, Cloe, Anais, Esaluna, alla continua ricerca di “nominare” la propria solitudine: invece di lasciarla andare, o forse quantomeno acquietare, la ragazza persegue la via della sofferenza, scandagliando, alimentando le proprie tragiche vicende di bambina abbandonata a 10 anni, figlia di due genitori l’una mentalmente disturbata, l’altro inesistente, addirittura incolpandosi della morte del fratellino Emanuel, così saldamente ingabbiata nel proprio tragico passato dal non riuscire a vivere mai veramente il presente.

Emblematica la conversazione che Cloe ha, ad un certo punto della storia, con il vecchio amico Jerus, altro ex bambino come lei della Casa dei timidi, casa famiglia sulla collina dove un uomo e una donna, Generale e Madame, si occupano dei bambini abbandonati, persi, dove lei ha vissuto dai 10 anni in poi:

“…Malgrado mi sforzi, non riesco a fare un passo, non vedo niente, mai niente verso cui sia sicuro andare. Perché dovrei fare ora questo passo, ora che mi trovo esattamente nel punto in cui mi importa di trovarmi? Vorrei piangere, ma nemmeno questo mi riesce. Torno nella mia stanza. […] Al mattino Jerus è irritato. Non sei cambiata dice dopo un po.

[…] “Se avessi avuto una famiglia come la mia…”

Cloe, continui a restare intrappolata nella tua gabbia.

[…] “Avevo solo 10 anni.

Ho capito, ma c’è altro fuori. Vuoi rendertene conto?

Solo una persona sembra capirla veramente, o forse, piuttosto, Cloe si lascia avvicinare davvero unicamente da questa persona, il professor T. Docente universitario di Estetica delle ombre, nel periodo in cui lei vivrà a Venezia nella casa natale di Madame, sarà l’unica persona, fra quelle che nel corso della sua vita tenteranno di raggiungerla interiormente, con cui lei abbasserà la guardia, perché a lei affine, invisibile quanto lei.

Così invisibile da venir trovato morto per caso dopo anni senza che nessuno ne avesse reclamato mai la scomparsa. Un personaggio estremamente delicato che Pellegrino coglie da un caso di cronaca accaduto mentre era alle prese col romanzo, diventandone un comprimario importantissimo, colui che dirà a Cloe: “…è tempo per lei di andare incontro alla sua ombra più grande”.

Colui in cui lei si specchierà, anime affini affette dalla stessa invisibilità: Sono io a dover ringraziare lei, mia buona amica. Vivevo tra i non visti e lei mi ha reso visibile”.

Un romanzo dalla notevole sensibilità, che sicuramente sarà amato da chi conosce bene l’invisibilità  di bambino e trascorre la vita a combatterla, o da chi sa vedere anziché guardare e verrà incoraggiato a coltivare questa sua dote salvifica anche da questa bella storia.

Per quanto mi riguarda, Carmen, la mia bambina ti dice “grazie”.

A cura di Sara Zanferrari

 poesiedisaraz.wordpress


Carmen Pellegrino


Carmen Pellegrino, scrittrice e storica, ha indagato alcuni dei nodi salienti della modernità, concentrando i suoi studi sui movimenti collettivi di dissidenza (come in ’68 napoletano. Lotte studentesche e conflitti sociali tra conservatorismo e utopie, 2008), e focalizzando successivamente le sue ricerche sul razzismo, l’esclusione sociale e le condizioni di sfruttamento. Coautrice di varie opere collettanee (tra le quali Qui si chiama fatica, 2010; Non è un paese per donne, 2011; Novantadue, 2012), con il primo romanzo Cade la terra (2015) ha vinto il premio Rapallo Carige opera prima e il premio Selezione Campiello. Con il secondo romanzo Se mi tornassi questa sera accanto (2017) ha vinto il premio Dessì. Tra i suoi temi di indagine più recenti, centrale è quello dei borghi disabitati e delle rovine di antichi insediamenti, attraverso cui ha gettato le basi per una scienza dell’abbandono come forma di recupero alla coscienza del vissuto storico dei luoghi.

 

Acquista su Amazon.it: