La regola del rischio




Recensione di Alessio Balzaretti


Autore:​ Matteo Severgnini

Editore:​ Todaro Editore

Genere: Giallo

Pagine: 313

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Una donna viene arrestata per traffico internazionale di stupefacenti sul confine italo-svizzero. Si professa innocente e il marito disperato chiede aiuto a Marco Tobia, ex poliziotto affetto dalla sindrome di Tourette. Un omicidio complica l’indagine, ma Tobia non rinuncerà a scoprire la verità e a svelare la “regola del rischio”, aiutato da Antonio Scuderi, ispettore di polizia costretto sulla sedia a rotelle, Anselmo, vecchio barcaiolo, e la fidanzata Clara. L’investigatore, che vive sulla minuscola isola di San Giulio sul lago d’Orta, dovrà aiutare anche la piccola Alice, “la più grande esperta di draghi del mondo”. Il lago d’inverno, con la sua nebbia e il suo silenzio, si fonde con la personalità del protagonista, ombroso e sensibile ma, come direbbe l’amico Anselmo, collezionista di parole desuete, per niente… arcinegghientissimo. Ci vuole un personaggio speciale per squarciare quel velo immobile come la superficie di un lago che nasconde le inquietudini di una provincia apparentemente tranquilla. Marco Tobia, fragile, tormentato ed eroico, è proprio un personaggio così. Un Philip Marlowe, un Duca Lamberti, con la Tourette.

Recensione

La regola del rischio è davvero un titolo azzeccato a cui mi sono ispirato per redigere questa recensione che ritengo davvero rischiosa.

Premetto di essere un amante degli intrecci, anche molto complicati, dove gli autori propongono tanti personaggi diversi e trame dalle molteplici strade che convergono in un’unica traccia.

Mi piace fare similitudini e leggere certi romanzi è un po’ come scegliere tra la musica proposta da un duo e quella proposta da un orchestra formata da un centinaio di elementi.

La logica porterebbe a pensare che l’effetto di un’orchestra abbia un impatto sempre superiore, a patto che, chi la conduce, riesca a trovare, nella melodia, equilibrio e ritmica corrette.

Differentemente, il risultato finale, risulterebbe estremamente confuso.

Matteo Severgnini è un maestro d’orchestra sicuramente capace ma, nel suo romanzo, non sono riuscito a cogliere quell’ordine che mi aspettavo in una trama complessa e ricca di personaggi come questa.

Partiamo dal protagonista Marco Tobia, investigatore affetto dalla sindrome di Tourette che gli provoca dei brevi ma intesi spasmi fisici e che lo ha costretto ad un’infanzia di umiliazioni e disaffezione anche a livello familiare, condizionandone persino la carriera nella Polizia.

Il personaggio viene presentato come anti sociale, introverso, poco loquace e anche poco intuitivo nello svolgere il suo lavoro, tanto che viene inserito e guidato nella vicenda dalla compagna Clara, dall’amico Anselmo e dall’ex collega Scuderi.

Questi tratti generali cambiano completamente per tutta la parte centrale della storia dove: la Tourette scompare e le intuizioni abbinate alle iniziative personali diventano geniali, come se Tobia si fosse improvvisamente risvegliato dal torpore.

Nel finale, avviene addirittura una terza metamorfosi con l’emergere di tutta una fisicità e una capacità di essere anche violento, che fino a quel momento parevano impensabili.

Il tutto si percepisce all’interno di un’indagine ben architettata e ricca di spunti interessanti con, sullo sfondo, la moltitudine di paesini che circondano un meraviglioso Lago d’Orta.

Qui si coglie davvero la maestria dell’autore nel descrivere i suoi luoghi, il territorio che ama e le leggende misteriose che illuminano anche i giorni di nebbia più fitta.

Superate queste pagine paesaggisticamente stupende, si presenta uno stuolo di personaggi secondari tutti con un nome e un cognome, alle volte anche simile come Clara e Carula o Moretti, Caretti e Detti.

Tutti soggetti importanti ma in maniera differente. Alcuni risulteranno comparse, altri saranno decisivi, ma fino all’ultimo, non si riuscirà a scremare da questa moltitudine coloro che conteranno davvero.

Certamente, questo, potrebbe essere un punto di forza per tenere il lettore incollato alle pagine fino all’ultimo, tuttavia, a mio personalissimo parere, anche nelle vicende più ingarbugliate mi aspetto di arrivare al finale con una ritmica degli eventi che mi faccia camminare con le mie gambe all’interno della storia.

Questa tendenza a tenere tutti sullo stesso piano ha un po’ penalizzato alcune figure come la piccola Alice, fondamentale e bellissimo personaggio, la quale occupa una fetta importante del libro per poi sbiadire in lontananza pur essendo personaggio chiave.

Persino il ruolo della vittima cambia dalla prima parte alla seconda, da Giulia, accusata ingiustamente di un crimine, a Patrizia, vittima trasversale e figlia di Eligia a cui Tobia vuole rendere giustizia.

Anche qui mi sono perso nel focalizzare quale fosse il vero obiettivo dell’investigatore.

Gli ultimi capitoli si rivelano un buon tentativo di ricucire il tutto, dando a Cesare quel che è di Cesare, senza tralasciare nessuno.

Inoltre, Severgnini, sfrutta uno dei tanti personaggi secondari rimasti sullo sfondo, per lanciare un seguito interessante e forse con una location tutta nuova e più dinamica rispetto alle acque chete del lago.

In conclusione, mi rendo conto di aver offerto una recensione abbastanza critica, ma siccome le qualità narrative dell’autore ci sono e l’idea di un ciclo con protagonista Marco Tobia è intrigante e innovativa, vi invito comunque alla lettura di questo romanzo, con la possibilità di farlo con la massima concentrazione.

 

 

 

Matteo Severgnini


Matteo Severgnini (1970) vive a Omegna, sulle sponde del lago d’Orta.  Oltre a “La regola del rischio” è autore de “La donna della luna”, ambientato sull’Isola di San Giulio e pubblicato da Meridiano Zero nel 2018. Collabora con ReteDue, Radio Svizzera Italiana in qualità di autore e documentarista radiofonico. Per il cinema ha co-sceneggiato il film “Moka Noir – A Omegna non si beve caffè” prodotto da VenturaFilm.

 

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