Al centro del mondo




Recensione di Stefania Ceteroni


Autore: Alessio Torino

Editore: Mondadori

Genere: narrativa contemporanea

Pagine: 264

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Damiano Bacciardi vive con Nonna Adele, il nonno chiuso in un antico silenzio e Zio Vince, detto il Gorilla, a Villa la Croce, che nel borgo poco distante è stata ribattezzata “Villa dei Matti”, lungo uno stradone che si muove nel cuore delle colline marchigiane. Il miele dei Bacciardi, “la manna”, è celebre perché fa ingravidare le donne, così come è leggenda la quercia a cui si è impiccato il padre di Damiano e che è tornata a far foglie dopo dieci anni. Damiano è un ragazzo scosso da accessi violenti di malessere e segnato da una vitale ansietà: sente la natura, sente il volo delle rondini, il brusio delle api, il rotolio delle stagioni, e sa riconoscere la presenza del Demonio e il male degli uomini. Zio Vince trama per vendere la proprietà a gente che viene da lontano e Damiano se li immagina tutti con la faccia demonica di Trump che ha visto in televisione. Damiano sa di dover difendere Villa la Croce, di dover difendere la memoria della sua sgangherata famiglia e la bellezza talora limpida, talora mostruosa e selvatica, della natura in cui è cresciuto accompagnato da incubi, deliri e ventate di struggente dolcezza. Nonna Adele muore e la prospettiva di vendere si fa sempre più concreta: a quel punto Damiano obbedisce a un impulso sempre più convinto e quando, ultimi, arrivano “gli olandesi” e provano a farla da padroni, un disegno di riscatto si incide come la ramaglia di un albero, potente e severo, nella sua coscienza.

Recensione

La quercia ha di nuovo le foglie. Iniziano a spuntare, con orgoglio, da quel tronco che tutti davano ormai per morto ma che morto, a quanto pare, non è. Con quelle foglie, con quel nuovo inno alla vita, torna vivo più che mai, per Damiano, il ricordo di quel trauma che ha vissuto dieci anni prima quando, proprio da un ramo di quella quercia, vide penzolare il corpo senza vita di suo padre.

Quella quercia oramai rinsecchita (sarà stato per causa di quell’odore di nafta che si sente da tempo attorno al tronco?) arriva a portare nuova vita e a spezzare l’equilibrio che il ragazzo aveva faticosamente raggiunto vivendo un’esistenza tranquilla e abitudinaria con Nonna Adele, con il nonno, con zio Vince e con i gesti quotidiani che oramai, da anni, lo tengono occupato: la legna, gli animali, le arnie, le crostate della nonna. Un equilibrio raggiunto chiudendosi nel suo mondo e disinteressandosi di tutto il resto.

Un equilibrio che quelle foglioline verdi sembrano voler spazzare via portando alla luce un dolore profondo, un trauma mai superato, una perdita troppo grande per un bambino di sette anni che ha anche manifestato, nel tempo, una vena di squilibrio nei suoi atteggiamenti e nei suoi modi di fare.

A dieci anni di distanza da quel tragico evento le certezze faticosamente conquistate iniziano a vacillare e Damiano vede sempre più spesso, attorno a sé, quel Demonio che assume forme diverse e che opera per rendere sempre più precaria la sua esistenza. Quando, poi, inizia a diventare sempre più concreta la possibilità di perdere Villa la Croce, Damiano realizza di avere un compito ben preciso da portare avanti: difendere ciò che ha di più caro, la sua normalità.

Quel suo desiderio di pace, di serenità agognato da sempre e raggiunto nel suo mondo, ora va difeso e quella ribellione che prima prende forma nella mente di Damiano poi si tramuta in azioni che possono anche essere violente, definitive.

Devo ammettere di aver fatto fatica ad entrare in sintonia con i personaggi che, nella prima parte del libro, mi sono sembrati tutti molto particolari. Ho avuto la sensazione che ognuno avesse molto da dire ma che lo facesse in modo poco efficace lasciando il lettore in una situazione di confusione. Ma è stato lo smarrimento di un momento, quello che si vive quando si ha a che fare con una storia potente, nella quale entrano in ballo personalità differenti e anelanti ognuna a qualche cosa di diverso.

La voglia di cambiamento di zio Vince, il silenzio del nonno, la voglia di restare ancorato al suo mondo espressa da Damiano, la voglia di serenità di nonna Adele: ogni personaggio ha molto da dire e lo fa a modo suo.

Damiano lo fa con i suoi alti e bassi, con i suoi pensieri a volte sconnessi ma, a ben guardare, tutti molto allineati con la sua necessità di difendersi dal mondo; zio Vince con quel modo rude che arriva proprio dalla vita di campagna, dove basta poco per aspirare ad una vita facile, ad un grande affare, alla grossa occasione. Ma lo fa anche nonna Adele che, con la sua dolcezza e il suo senso di protezione, è una figura attorno alla quale si regge una realtà pronta a sgretolarsi nel momento in cui il suo sguardo fermo dovesse venire a mancare.

Il grande assente, secondo il mio parere, è il nonno. La sua presenza silenziosa è imponente eppure resta nell’ombra. Il padre di Damiano è assente per causa di forza maggiore visto che al momento del racconto è morto da dieci anni. Ma il nonno è vivo e vegeto, seppur silenzioso.

Ho ritrovato molto della mia terra – io sono Marchigiana, luogo in cui è ambientata la storia – nelle descrizioni di quel borgo quasi dimenticato dal mondo, con i suoni e gli odori della natura, il verde sconfinato. Le descrizioni sono molto efficaci. Lo sono anche gli atteggiamenti, che rendono alla perfezione gli stati d’animo dei personaggi.

A cura di Stefania Ceteroni

https://libri-stefania.blogspot.com

 

Alessio Torino


è nato a Cagli nel 1975 e vive a Urbino dove insegna letteratura latina all’Università degli Studi Carlo Bo. Ha esordito con Undici decimi (Italic, 2010), con cui ha vinto il premio Bagutta Opera Prima. In seguito ha pubblicato Tetano (2011), Urbino, Nebraska (2013) e Tina (2016), tutti editi da minimum fax. Ha vinto fra gli altri il premio Lo Straniero, il premio Frontino Montefeltro e il premio Subiaco Città del Libro.

 

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