Alma




ALMA

di Federica Manzon 


DETTAGLI:

Editore: Feltrinelli Editore

Genere: Narrativa

Pagine: 272

Anno edizione: 16 gennaio 2024

Sinossi. Tre giorni dura il ritorno a Trieste di Alma, che dalla città è fuggita per rifarsi una vita lontano, e ora è tornata per raccogliere l’imprevista eredità di suo padre. Un uomo senza radici che odiava il culto del passato e i suoi lasciti, un padre pieno di fascino ma sfuggente, che andava e veniva al di là del confine, senza che si potesse sapere che lavoro facesse là nell’isola, all’ombra del maresciallo Tito “occhi di vipera”. A Trieste Alma ritrova una mappa dimenticata della sua vita. Ritrova la bella casa nel viale dei platani, dove ha trascorso l’infanzia grazie ai nonni materni, custodi della tradizione mitteleuropea, dei caffè colti e mondani, distante anni luce dal disordine chiassoso di casa sua, “dove le persone entravano e se ne andavano, e pareva che i vestiti non fossero mai stati tolti dalle valigie”. Ritrova la casa sul Carso, dove si sono trasferiti all’improvviso e dove è arrivato Vili, figlio di due intellettuali di Belgrado amici di suo padre. Vili che da un giorno all’altro è entrato nella sua vita cancellando definitivamente l’Austriaungheria. Adesso è proprio dalle mani di Vili, che è stato “un fratello, un amico, un antagonista”, che Alma deve ricevere l’eredità del padre. Ma Vili è l’ultima persona che vorrebbe rivedere. I tre giorni culminanti con la Pasqua ortodossa diventano così lo spartiacque tra ciò che è stato e non potrà più tornare – l’infanzia, la libertà, la Jugoslavia del padre, l’aria seducente respirata all’ombra del confine – e quello che sarà. Federica Manzon scrive un romanzo dove l’identità, la memoria e la Storia – personale, familiare, dei Paesi – si cercano e si sfuggono continuamente, facendo di Trieste un punto di vista da cui guardare i nostri difficili tentativi di capire chi siamo e dov’è la nostra casa.

 Recensione di Sara Zanferrari

Trieste. Tre giorni. Tre giorni che cadono nella Pasqua ortodossa e che la protagonista del quinto romanzo di Federica Manzon “Alma” (Feltrinelli) ha a disposizione per recuperare l’eredità che suo padre ha consegnato a Vili per lei. Trieste, città, protagonista quanto Alma, città dei contrasti mai pacificati, città complessa e abitata da mondi distanti, lingue diverse, radici complesse. E tanta, tanta storia.

Dopo “La nostalgia degli altri” del 2017, dove ha approfondito il confine tra realtà fisica e mondo virtuale, Manzon torna a indagare di confini, ma questa volta geografici. Una terra di confine e contrasti come è la città di Trieste, patria della borghesia asburgica, quella dei nonni di Alma, poi c’è la Trieste della madre, la “Città dei matti” di Franco Basaglia dove i confini tra follia e normalità non sono mai netti; e infine c’è la Trieste di suo padre, l’anima slava, affascinante, libera e inafferrabile.

“Mitizzare il passato, modificare i contorni della realtà, è un esercizio a cui è allenatissima: l’ha imparato quando era piccola e il suo tempo era conteso dalla madre, dal padre e dai nonni materni, mondi antagonisti tra i quali toccava a lei tirare un filo che non facesse uscire tutti matti”.

Ma da Trieste Alma finirà per andarsene: “Forse è proprio quando uno si sradica da un posto come quello dove lei è nata, dove è difficile tenere insieme tutti i propri pezzi – spiega l’autrice – che paradossalmente si capisce qualcosa di profondo su di sé. A ovest tutto quello che Alma è, la sua familiarità con i Balcani e la cultura esteuropea, vengono guardate come una bizzarria”. La guerra nei Balcani, la follia dei matti, i confini, tutte le cose che per Alma erano normali per gli altri in realtà non lo sono affatto. Spesso per rendersi conto delle cose bisogna allontanarsene.

Fra flashback sull’Isola, residenza estiva del Maresciallo Tito, per il quale il padre lavora scrivendogli i discorsi (sarà Vili a dirglielo, lei in realtà non ha mai saputo davvero che lavoro lui facesse), su Trieste, i nonni, la madre, e su Vili, la loro storia e la storia di quella guerra nel cuore dell’Europa vissuta invece dai più come lontana. E dimenticata.

Federica Manzon racconta le storie di persone che, come Vili, si trovano dalla parte sbagliata della Storia, dilaniate tra l’amore per il proprio Paese e l’odio per le cose terribili che vi accadono. 

“Tu non hai idea cosa significa crescere senza sapere qual è il tuo posto. Ho passato più anni con voi che con i miei genitori, ma io non ero parte della vostra famiglia, non ero come voi, lo capisci? Non so a cosa volevo correre incontro. Se alla piccola storia familiare che mi attanagliava da quando ero nato oppure alla Storia grande e terrificante che ha rovinato le vite di quelli come me, che mi ha obbligato a essere uno che mente, un falsario, un vigliacco, ad alzare il calice a brindisi disgustosi illudendomi che cosi avrei salvato qualcuno. A un certo punto non capivo più chi ero, dove stavo. Mentivo, mentivo e basta, mentivo sempre”.

E in mezzo a tutto questo, ad un certo compaiono i libri. I libri che accompagnano, i libri che salvano, i libri del padre di Vili:

“Vorrebbe raccontarle che da solo, in quell’appartamento di Belgrado senza elettricità, in quelle stanze dove era stato bambino, da solo e morto di paura nell’attesa che venissero a prenderlo, in quegli infiniti giorni di zinco aveva letto i libri di suo padre. Si era aggrappato ai libri, alla letteratura, come all’ultimo argine davanti alla violenza che stava facendo di loro qualcosa di mostruoso. Aveva letto e letto, e tutte le sciocchezze che gli scriveva suo padre – la libertà e la fratellanza, l’ideale – gli erano parse l’unica cosa capace di salvarli. Magari non avrebbero salvato lui, ma qualcuno, quelli che sarebbero venuti dopo, i nuovi bambini del suo popolo maledetto”

Alma e Vili, storia e geografia, amore e morte, e il “caos delle loro vite lontane”.

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Federica Manzon 


Nata nel 1981 a Pordenone. Autrice dei romanzi: “Come si dice addio” (Mondadori), “Di fama e di sventura” (Mondadori; Premio Rapallo Carige per la Letteratura Femminile e Premio Campiello Selezione Giuria dei Letterati) e “La nostalgia degli altri” (Feltrinelli). Ha curato l’antologia “I mari di Trieste” (Bompiani, 2015). è stata editor della Narrativa a Mondadori, direttrice alla Scuola Holden di Torino, ora direttrice editoriale nella casa editrice Guanda.

A cura di Sara Zanferrari

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