Recensione di Claudia Cocuzza
Autore: Davide Mosca
Editore: Salani, collana Le stanze
Genere: Narrativa storica
Pagine: 264
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Nell’Alta Langa erano potenti e temuti, i Costamagna. Quando passava uno di loro, la gente mormorava e si toglieva il cappello. Poi è arrivata la guerra, che ha portato via troppi uomini e stravolto ogni equilibrio. Adesso i padroni di un tempo devono vendere le loro terre per far quadrare i conti, e rompersi la schiena in quelle rimaste. Virginia, coi suoi diciannove anni e la sua sfacciata vitalità, è la più giovane della famiglia, l’ultima dei Costamagna, e non ha alcuna paura di faticare per costruirsi un futuro diverso. Un giorno, tra i campi spunta uno sconosciuto. È un ex partigiano e ha percorso mille chilometri a piedi, dice, dal nord della Francia, soltanto per restituire un medaglione d’oro ai genitori del compagno d’armi che gliel’ha affidato in punto di morte. Avrebbe potuto venderlo e con quei soldi imbarcarsi per l’America, dimenticare l’orrore, ma ha preferito onorare quel debito morale. Accolto dalla Duchessa, l’anziana donna che tiranneggia sui destini e sugli affari sempre più incerti dei Costamagna, il ragazzo viene messo alla porta: vadano a quel paese lui, il medaglione e anche la memoria di quel nipote traditore che ha combattuto al fianco dei ‘rossi’. E così se ne va con la coda tra le gambe, ma qualche sera più tardi ricompare in una cascina vicina, con una chitarra in mano e una voglia di suonare che fanno eco alla splendida irrequietezza di Virginia. Con una formidabile sensibilità ai moti dell’animo umano, Davide Mosca ha scritto un romanzo di parole precise e vere, di paesaggi sanguigni, di uomini che escono smarriti dalla guerra e di donne che hanno cuore e gambe per inseguire il loro destino.
Recensione
Che colore ha l’amore? Corrisponde a un giorno della settimana? E, soprattutto, quante volte si può amare nel corso della vita?
Virginia e Italo hanno una risposta per ciascuna di queste domande:
“Verde fu il colore del mio amore. […] La domenica fu il suo giorno.”
E non si può amare davvero che una sola volta, gli amori precedenti “sono anticipazioni, tentativi per approssimazione, e quelli che arriveranno dopo saranno solo emulazioni.”
Amare una volta è un romanzo struggente e lirico.
Ha la forza della passione di due giovani che si amano visceralmente e che vengono ostacolati come moderni Romeo e Giulietta; ha la tragicità, mista a coraggio, di un’Italia contadina che cerca di rialzarsi dopo la seconda guerra mondiale; ha la freschezza e la spensieratezza dei ragazzi ‒ fidanzati, fratelli ‒ che, nonostante tutto e tutti, credono nel futuro e ci si aggrappano con tutte le forze; infine, ha la poesia di un paesaggio che è protagonista tanto quanto gli altri personaggi.
Siamo nell’ Alta Langa, tra le colline e i vigneti bagnati dalle acque del Belbo.
Qui i Costamagna possedevano territori che si estendevano a perdita d’occhio e davano da mangiare a intere famiglie di mezzadri. Ma poi è arrivata la guerra, che si è portata due figli sotto terra, Beppe e Nuto, sconvolgendo gli equilibri: il capofamiglia, un tempo l’uomo più bello della zona, totalmente annichilito lascia il governo delle proprietà al figlio Sandro, il quale, a sua volta, soffre il confronto con i fratelli morti, essendo sopravvissuto dandosi alla macchia, così trascina le sue giornate tra donne, alcol e gioco d’azzardo, svendendo pian piano le terre.
Cesare e Virginia cercano di mettere al riparo quello che resta con il loro lavoro, supportati dalla madre, saggia e silenziosa. A completare la famiglia la Duchessa, sulle cui nobili origini si nutre più di qualche dubbio, inacidita dalla morte della figlia, prima moglie di Costamagna.
Questa situazione sarebbe rimasta uguale a sé stessa per chissà quanto tempo se non fosse arrivato Italo, il forestiero che ha percorso migliaia di chilometri per riportare alla sua famiglia il medaglione che Beppe gli ha consegnato in punto di morte, e se Virginia non se ne fosse innamorata.
Da qui parte l’intera vicenda, narrata in prima persona da Virginia.
Amare una volta è la storia delle peripezie vissute da due giovani che chiedono soltanto di godere del loro amore, ma è anche uno squarcio su un’epoca e sulla società di quella parte di Italia.
La prosa è alta e si sposa perfettamente con la potenza della narrazione, con la poesia dei sentimenti e con la magia dei paesaggi, dove tutto è animato e niente sarebbe accaduto in questo modo se l’ambientazione fosse stata diversa; qui anche gli odori hanno un colore ‒verde, rosso, blu, violetto, lilla‒ grazie al ricorso a delicatissime sinestesie, basta annusare l’aria per mettere i piedi al posto giusto anche al buio e su un terreno accidentato, e gli eventi umani hanno una corrispondenza con il ciclo della natura ‒ “il cuore era un fiore di gelso allo scoppiare della primavera”‒.
Non mancano momenti di tensione, scanditi da corse contro il tempo e imprevisti di ogni genere, e fino alla fine rimane il dubbio che non tutto sia come appare: il papà, Sandro e la Duchessa sembrano personaggi negativi e si contrappongono a Virginia, Cesare e la mamma, ma poi, addentrandoci nella storia, non ne siamo più così sicuri, visto che il destino, come nella vita, ci mette del suo per rimescolare le carte.
E Italo? Rimane un’incognita. Dove ha preso quel medaglione? Davvero è colui che dice di essere?
Il suo commiato, “Perdono tutti…e a tutti, a tutti domando perdono…”, ci lascia con un grosso punto interrogativo.
A cura di Claudia Cocuzza
www.facebook.com/duelettricisottountetto/
Davide Mosca
(Savona, 1979) è autore di diversi romanzi storici, tra cui ricordiamo i best-seller Il profanatore di biblioteche proibite (Sperling & Kupfer 2012), La cripta dei libri profetici (Sperling & Kupfer 2013) e Breve storia amorosa dei vasi comunicanti (Einaudi 2019).
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