Assassino senza volto




Recensione di Marcella Gangemi


Henning Mankell in questo romanzo ci presenta la genesi del suo personaggio, Kurt Wallander, un poliziotto di provincia. Egli però è solo, la moglie lo ha lasciato, ha perso i contatti con la figlia e gli amici di un tempo sono lontani, ed ha un padre a cui badare, ciò che gli rimane è la passione per la musica lirica e l’alcool che lo aiuta nei momenti di solitudine, senza contare il lavoro su cui si tuffa senza riserve. L’incipit del romanzo cattura subito l’attenzione e promette una storia interessante, ma questo quasi perde d’importanza di fronte alla dimensione umana del protagonista cui l’autore dedica ampio spazio e le descrizioni dell’ambiente in cui si svolgono gli eventi descritti. Troviamo quindi il protagonista che affronta il senso di perdita del passato, i sensi di colpa e tenta di andare avanti in un certo modo, malgrado gli eventi negativi, in poche parole vediamo come Kurt Wallander abbandoni i panni del poliziotto per vestire quelli di uomo comune. L’andamento della narrazione rallenta, come già detto, anche a causa del delitto che sembra non lasciare indizi rilevanti. Certamente questo procedere quasi a tentoni dona al racconto un certo ritmo dal quale nasce quel coinvolgimento che permette di arrivare fino alla fine. Assassino senza volto è anche una storia di razzismo, come disse lo stesso autore, e credo sia l’aspetto più importante di questo romanzo da mettere in luce, infatti Mankell ha dipinto un quadro molto chiaro della Svezia. Una nazione dal clima freddo e da una pace sociale fittizia poiché al suo interno dimorano atteggiamenti intolleranti nei confronti dei profughi (una tematica molto attuale nonostante il romanzo sia ambientato negli anni 90’).

Personaggi


di Giusi Ranzini e Ilaria Calveri


Kurt Wallander è un commissario di polizia svedese, protagonista di molti romanzi di Hanning Mankell, vive e lavora in una piccola cittadina, Ystad , vicino a Malmö, nella contea di Scania.
La Scania si trova nella parte meridionale della Svezia dove, quando il libro “Assassinio senza Volto” è stato pubblicato, il conflitto intorno all’accoglienza di profughi e immigrati era già in una fase avanzata. Qual è il pensiero del commissario Wallander nei confronti dell’immigrazione? In questa parte del libro, dove va in scena il processo a due estremisti che hanno ucciso un immigrato di colore, si comprende la posizione del commissario Wallander nei riguardi del problema dell’immigrazione. “Durante il processo, Wallander capì che qualcosa di importante stava accadendo in Svezia. Ma in alcuni momenti, non riusciva a evitare di provare una sorta di simpatia contraddittoria per alcuni dei motivi che erano alla base dell’ostilità contro gli immigrati che erano emersi durante i dibattiti e negli articoli apparsi sulla stampa nel corso del processo. Il governo e la Direzione generale per l’immigrazione avevano veramente il controllo delle persone che entravano in Svezia? Chi poteva distinguere tra un profugo e una persona che chiedeva asilo politico? Era veramente possibile fare una distinzione? Per quanto tempo sarebbe stato possibile applicare il principio di una politica per i profughi aperta e generosa prima che scoppiasse il caos? Esisteva veramente una linea di confine? Durante tutto il processo, Wallander fece degli sforzi non troppo convinti per dare una risposta a quelle domande. Si rese conto che, come tutti, provava uno strano e oscuro senso di inquietudine. Inquietudine per l’ignoto, per quello che è estraneo”. È stato sposato con Mona, una parrucchiera conosciuta sul traghetto Copenaghen-Malmö. La coppia ha una figlia, Linda. Il rapporto con Mona è stato travagliato fin dall’inizio: prima del matrimonio i due litigavano spesso, e il motivo era quasi sempre attribuibile al suo lavoro di poliziotto: Mona lo accusava spesso di non arrivare in orario e di non rispettare gli appuntamenti. Il matrimonio di Kurt e Mona entra in crisi e la figlia adolescente tenta il suicidio. Si arriva alla separazione e Mona torna a vivere a Malmö portando Linda con sé, mentre kurt rimane nell’appartamento in Mariagatan a Ystad. Solo, conduce una vita piuttosto squallida: mangia in modo non regolare, beve troppo, non pratica attività sportive ed è affetto da diabete, una malattia che condiziona la vita di una persona e, in particolare, quella di un poliziotto. Gli resta la sua grande passione: la musica lirica. Da ragazzo sognava di diventare cantante lirico, ma ha poi scelto di diventare poliziotto, decisione fortemente contrastata dal padre, e fonte di problemi e discussioni tra genitore e figlio per molti anni. È un poliziotto taciturno, sempre sul
filo del dubbio, di anno in anno, sempre più afflitto e disincantato. È un uomo che combatte tra la vita privata e il lavoro: il divorzio, una figlia lontana, un padre affetto da demenza senile, i pochi amici che si sono allontanati dalla Svezia, la solitudine, la brutta sensazione di invecchiare in un mondo che corre troppo velocemente per lui e il suo lavoro: un lavoro di squadra, minuzioso, sotto certi aspetti, certosino, al quale Wallander dà il suo contributo di logica e intuito che diventa indispensabile per la risoluzione dei casi. Non c’è nulla di straordinario ed eccezionale in lui: non è un super eroe, non è James Bond, non incute paura, non è un poliziotto “cattivo”. Proprio queste caratteristiche, sono il motivo del suo successo: egli incarna l’uomo di oggi, l’uomo comune in cui ti puoi identificare. Il commissario Wallander, diventa per il lettore un amico, il vicino di casa che tu vorresti! Un buon libro deve coinvolgerti a tal punto da farti venire la voglia di entrarci dentro e di metterti a chiacchierare con i personaggi; nel nostro caso con Kurt, i componenti della sua famiglia e la sua squadra.

Un adolescente fragile, che assiste impotente alla rottura insanabile del rapporto tra i genitori. Poi, all’improvviso, la stessa ragazzina, quasi annientata dalla sofferenza, muta il suo essere in una donna determinata e sicura di sé. A fare da leitmotiv, il legame profondo ma non meno burrascoso con un padre non privo di spigolosità che risponde al nome di Kurt Wallander. Le tracce fin qui elencate, ci indirizzano verso il personaggio di Linda , creato magistralmente dalla penna del compianto autore svedese Henning Mankell. Una figura, quella di Linda, che potrebbe apparire secondaria, come se fosse stata ideata per muoversi in secondo piano rispetto al celebre genitore, costantemente in azione al fine di risolvere i crimini che minacciano la tranquillità sonnacchiosa della cittadina di Ystad. Invece Linda, giovane donna dall’animo inquieto, del commissario Wallander è il principale punto debole, nonché la sola persona in grado di portare un poco di luce nell’esistenza solitaria del padre, di scalfirne la corazza e di comprenderne a fondo gli stati d’animo. Kurt e Linda si somigliano dal punto di vista caratteriale, ma, per quanto riguarda la condivisione di prospettive in merito alla realtà svedese di fine millennio, viaggiano su due corsie divergenti.
Il padre, avendo vissuto in un contesto temporale differente, ha delle concezioni di vita probabilmente poco inclini al cambiamento e all’innovazione. La figlia, testimone dei suoi tempi e portatrice di una mentalità priva di pregiudizi, guarda con interesse all’evolversi della situazione attuale del suo Paese. Già a partire dal primo romanzo giallo della fortunata serie, intitolato Assassino senza volto, il lettore può assistere allo scaturire del conflitto generazionale che vede protagonisti Kurt e Linda. Il commissario, appreso che i presunti colpevoli dell’atroce delitto potrebbero essere stranieri, manifesta delle perplessità riguardo alla necessaria accettazione del crescente fenomeno dell’immigrazione da parte degli svedesi. Linda, per contro, accoglie di buon grado culture e tradizioni differenti dalla propria, rivelando al genitore di essersi innamorata, ricambiata, di un medico di origine araba. Kurt e Linda, nonostante le incomprensioni, troveranno la via della riconciliazione. Così simili tra loro, essi si accorgeranno di guardare nella stessa direzione, quella indicata dal preoccupante dilagare del problema del razzismo.

Henning Mankell


Viveva tra la Svezia e il Mozambico, dove a Maputo dirigeva il teatro Avenida. È l’autore della fortunatissima serie del commissario Wallander, pubblicata in molti paesi. Tra i riconoscimenti internazionali al suo lavoro, ricordiamo The Academy of Swedish Crime Writers’ prize per Faceless Killers (1991); Scandinavian Crime Society prize, The Glass key, per Faceless Killers (1991); The Academy of Swedish Crime Writers’ prize per Sidetracked (1995); the British Crime Writers’ Association prize, the Golden Dagger, per Sidetracked (2001).

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