Breve storia del




romanzo poliziesco

Recensione di Salvatore Argiolas 


(Prefazione di Eleonora Carta)

Autore: Leonardo Sciascia

Editore: Graphe.it Edizioni

Genere: Saggio

Pagine: 43

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Pubblicato per la prima volta nel 1975 su Epoca in forma di duplice articolo, più tardi confluito nella raccolta “Cruciverba” edita da Adelphi, il breve saggio riproposto in questo volume consente una preziosa visuale su come apparisse il cosiddetto “giallo” all’interpretazione di uno straordinario scrittore come Leonardo Sciascia. Non che quest’ultimo si riconoscesse come appartenente a tale genere letterario, per alcuni aspetti del quale non risparmia anzi le critiche; eppure i lettori appassionati della sua opera si rendono certo conto di come Sciascia abbia sfiorato e talvolta percorso – a suo modo – le strutture del noir e del poliziesco, e troveranno estremamente interessanti le parole che egli spende sul tema.

La presente edizione è arricchita dalla curatela di Eleonora Carta, che firma la corposa prefazione.

Recensione

Leonardo Sciascia è stato, con Carlo Emilio Gadda, uno dei pochi grandi scrittori italiani del Novecento che hanno usato gli schemi del romanzo giallo nelle loro opere, riconoscendone la grande potenzialità.

Il primo articolo di Sciascia riguardante il giallo fu pubblicato nel 1953 con il titolo di “Letteratura del “giallo” su “Letteratura” ma dobbiamo arrivare al 1975 per trovare una trattazione esaustiva e definitiva sul fenomeno nell’articolo “Breve storia del romanzo poliziesco” pubblicato su Epoca e che ora la Graphe.it Edizioni ripubblica con l’illuminante prefazione di Eleonora Carta.

La prefazione è preziosissima e indispensabile per capire la traiettoria narrativa di Sciascia che gradatamente si rende conto della grande capacità attrattiva e della flessibilità del genere che consente di coniugare la possibilità di raggiungere tanti lettori e gli strumenti per comunicare la sferzante critica sociale e politica.

Dal suo primo articolo in cui critica Spillane perché nei suoi romanzi ci sono cocainomani, omosessuali, lesbiche e case equivoche, non rendendosi conto che non sono invenzioni di Spillane ma che è la rappresentazione della realtà di quell’epoca, in seguito Sciascia riconosce che il giallo che è uno strumento potente per rendere manifesta la complessità e la contraddittorietà della vita contemporanea.

Nei romanzi “gialli” di Sciascia il colpevole non è mai soltanto l’assassino. Dalle indagini di Bellodi, il protagonista del suo primo romanzo, “Il giorno della civetta” del 1961, si scopre che il colpevole infatti che non è un uomo solo ma tutto l’ambiente sociale, che Sciascia condanna duramente anche con il successivo “A ciascuno il suo” in cui il maestro di Racalmuto raggiunge forse il suo risultato migliore, fondendo la critica sociale al romanzo giallo, innervato da una grande tensione civile. Il romanzo narra della morte di due persone su cui indaga, prima per gioco poi con interesse crescente, un intellettuale del posto, il professor Laurana. Quando questi scopre gli autori e i mandanti degli omicidi viene ucciso a sua volta, ma la morale più amara è che tutti in paese conoscevano la verità e tacevano per quieto vivere, per cui Laurana non era un abile investigatore dilettante, così frequente nei romanzi “Whodunit”, ma un “cretino” come lo chiama sprezzantemente uno dei colpevoli.

In “A ciascuno il suo”, come ne “Il giorno della civetta” l’inchiesta poliziesca procede e riesce a risolvere il caso ma non esiste soluzione giudiziaria, quasi a voler significare la totale inutilità perché sono altre le leggi che comandano il mondo.

Come Eleonora Carta mette in evidenza, Sciascia sembra dialogare e riprendere tesi e intuizioni di Borges e Gadda.

Carlo Emilio Gadda nel suo giallo metafisico “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” esplica la sua convinzione dell’irredimibilità della società italiana che sarà sempre vittima dei suoi difetti mostrati però come virtù.

La scelta stessa del finale aperto è conseguente a questo pensiero. Le regole non scritte del giallo prescrivono un finale in cui il colpevole viene identificato e portato di fronte alla giustizia in modo che la ferita sociale creata dal delitto venga cicatrizzata e l’ordine venga ristabilito.

Strutturato come un giallo, il “Pasticciaccio” è un indagine sì, ma su un ambiente, una città e un periodo che Gadda analizza e stigmatizza in modo feroce e fantasioso come la sua scrittura.

“Sciascia”, scrive Elonora Carta,

pur avendo affermato, muovendo dal “Pasticiaccio” di Gadda e quasi parafrasando Calvino, l’impossibilità dell’esistenza del romanzo giallo in un Paese come l’Italia, in cui i crimini non trovano mai soluzione ufficiale, né i colpevoli adeguata punizione, inaugurò una nuova stagione, codificando il giallo problematico o intellettuale, che trovò in lui profondità inattese, respiro filosofico, spessore erudito e una dimensione che rimanda più volte a una metafisica.”

Ed è proprio questa la grandezza di Leonardo Sciascia, portare gli stilemi del romanzo giallo per stravolgerli a capovolgerli.

Nella sua ultima intervista concessa a Domenico Porzio, pubblicata di recente nel libro “Fuoco nell’anima”, Sciascia dice che, rispetto alla letteratura novecentesca rappresentata da Pirandello,

Kafka, Borges e Proust il romanzo poliziesco sia più moderno, attuale e onesto.

Credo che questa commistione, mescolanza di generi, mi sia stata stimolata da Malraux, quando parla di “Santuario” di Falkner e dice che “la tragedia greca si è calata nel romanzo poliziesco. Ho pensato che il mondo pirandelliano, questo posto che vivevo e respiravo, valeva la pena di esprimerlo in forma di romanzo poliziesco.”

Sciascia influenzò notevolmente anche l’esordio di Andrea Camilleri che ne “Il corso delle cose” mette in piedi una trama prettamente ispirata dal suo conterraneo.

Il romanzo ricorda direttamente, per la trama e per l’ambientazione psicologica alcune delle migliori opere di Sciascia come “Il giorno della civetta” e “A ciascuno il suo” e costruisce sin dall’inizio una comunità peculiare in cui la comunanza di certi simboli e di consolidate abitudini cementa un visione del mondo condivisa.

Un morto ammazzato nelle campagne di Vigata e un tentato omicidio creano nel paese un clima teso ma proprio il minacciato non ne capisce il motivo

perché è uno scecco gessaro che fa sempre la stessa strada avanti e indietro per trent’anni senza alzare mai la testa.”

Come il professor Laurana in “A ciascuno il suo” Vito paga la sua incapacità “semiologica” a capire i segni, l’aria che tira in un paese che tutto sa e tutto tace.

La metafisica nel giallo viene esplicitata, dice Sciascia nell’articolo,

“nell’esistenza di un mondo “Al di là del fisico, di Dio e della Grazia, e di quella Grazia che i teologi chiamano illuminante. Della Grazia illuminante anzi l’investigatore si può anzi considerare il portatore.”

Qui si sentono gli echi di quanto scritto da W.H. Auden nel suo saggio “La parrocchia del delitto” che ha il sottotitolo significativo di “Considerazioni di un drogato del giallo”:

“Compito del detective è ristabilire quello stato di grazia di quando l’estetica e l’etica non erano in contrapposizione.”

Anche Jorge Luis Borges si cimentò in un’analisi del giallo nell’articolo “Il romanzo poliziesco” dove affermò “Io direi, in difesa del romanzo poliziesco, che non ha bisogno di difese; letto con un certo disdegno, ora sta salvando l’ordine in un mondo di disordine. E questa è una prova meritoria, di cui dobbiamo essergli riconoscenti.”

La grande, sublime innovazione che Sciascia ha apportato al genere è stato il rovesciamento totale degli schemi soliti, nei suoi romanzi “gialli metafisici” è l’investigatore che turba l’equilibrio e l’ordine mantenuto dai condizionamenti sociali e proprio lui deve essere rimosso per tornare allo Status quo.

Eleonora Carta individua brillantemente l’essenza sia del libro presentato, sia della narrativa sciasciana:

E se attraverso un breve saggio divulgativo pensato per essere obiettivo, Sciascia avesse voluto perseguire un suo personale intento?

Per esempio, segnare un punto di confine. Codificare le esistenti regole di stile per arrivare, con i suoi gialli, a sovvertire, scomporle, rovesciarle, apportando complessità, sovrapposizioni di piani di lettura, raffinando la tecnica e i possibili sviluppi narrativi, e arrivando in ultimo a decretarne lo strumento d’elezione per raccontare una società e i suoi mali.”

Non si potrebbe analizzare meglio la narrativa di Leonardo Sciascia che, come Friedrich Dürrenmatt, nel suo capolavoro “La promessa” sancisce il “requiem per il romanzo giallo” come racconto di un eroe che salva la società ma lo esalta come filtro per decifrare e capire i meccanismi nascosti che regolano le nostre vite e “Breve storia del romanzo poliziesco” e, in particolare la prefazione di Eleonora Carta, ci offrono le chiavi interpretative adeguate per riuscirci perché come affermava lo storico delle religioni Mircea Eliade

I miti del romanzo poliziesco soddisfano le nostalgie segrete del l’uomo moderno che, sapendosi decaduto e limitato, sogna di rivelarsi un giorno un personaggio eccezionale, un eroe…”.

 

 

Leonardo Sciascia


Leonardo Sciascia. Scrittore e uomo politico italiano. Esordisce sotto il segno di una prosa poetica (Favole della dittatura, 1950; La Sicilia, il suo cuore, 1952) che lascia però presto il passo ad una vena che si rivelerà per lui più feconda. A dire dello stesso Sciascia, la sua cifra più autentica affonda infatti le radici in «una materia saggistica che assume i modi del racconto». Questa direzione è subito evidente fin da Le parrocchie di Regalpetra (1956) e Gli zii di Sicilia (1958), che mostrano come gli spunti di cronaca isolana si sappiano fare pretesto e cornice per indagare sul costume sociale e le sue degenerazioni. Esempi ancor più compiuti in tal senso sarann Il giorno della civetta (1961) e A ciascuno il suo (1966), che affrontano il tema della mafia, i suoi delitti e le eterne connivenze fornite da un abito mentale e culturale di condiscendenza.

Eleonora Carta. È nata nel 1974. Conseguita la laurea in Legge, ha capito che i palazzi di giustizia non facevano per lei. Vive tra Torino e la Sardegna. Per la Newton Compton ha pubblicato i romanzi “La consistenza dell’acqua”(2014, poi uscito con il titolo “Delitto al museo”nel 2016),”L’imputato”(2016) e il racconto “Ultima notte nella vecchia casa, incluso nell’antologia “Delitti di Capodanno”(edizione 2014). Nel 2020 per Piemme edizioni ha pubblicato il racconto”La nuova stagione” presente nell’antologia “Giallo sardo” e il legal thriller “Piani inclinati”. È presidente dell’Associazione di promozione sociale ArgoNautilus che, tra le altre cose, organizza la Fiera del libro di Iglesias e il Big Blue Festival di Portoscuso.

 

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