Carrie




Recensione di Fiorella Carta


Autore: Stephen King

Traduttore: Brunella Gasperini

Genere: Horror

Pagine: 174

Editore: Bompiani

Anno: 1984

Sinossi. Carrie è un’adolescente presa di mira dai compagni, ma ha un dono. Può muovere gli oggetti con il potere della mente. Le porte si chiudono. Le candele si spengono. Un potere che è anche una condanna. E quando, inaspettato, arriva un atto di gentilezza da una delle sue compagne di classe, un’occasione di normalità in una vita molto diversa da quella dei suoi coetanei, Carrie spera finalmente in un cambiamento. Ma ecco che il sogno si trasforma in un incubo, quello che sembrava un dono diventa un’arma di sangue e distruzione che nessuno potrà mai dimenticare.

RECENSIONE


E’ una porta oscura, il percorso è buio, l’anima è sola con se stessa, non aspettatevi altro che una strada tortuosa attraverso le paure più profonde e sincere, il vostro alter ego perfido e assetato troverà soddisfazione.

46 anni fa Stephen King iniziò a regalarci le chiavi del suo mondo e lo fece con un’ opera che affronta temi attuali, amalgamandoli con un’ aura paranormale da insonnia.

Carrie è vittima e carnefice, il suo rapporto morboso e malato con una madre religiosamente fanatica, la porterà a diventare l’angelo vendicatore di tutte le vittime di bullismo.

La cattiveria che conosciamo inizialmente non ha niente di demoniaco o paranormale ma risiede quotidianamente nel nostro animo, a noi la scelta di scatenarla nei confronti dei più deboli; il bullismo è atto vile, è coalizione maligna contro chi invece avrebbe più bisogno, è totale mancanza di empatia e se perpetrato e non bloccato diventa pura cattiveria.

Il cammino di Carrie è a senso unico, fin da piccola: beffeggiata per il suo abbigliamento, per il suo essere fuori da stereotipi, per una madre stramba ed eccentrica.

La sua telecinesi viene enfatizzata da ciò che subisce, dallo stress, dalla crescita…e lei, stanca delle angherie ne farà un’ arma letale che non saprà mai dosare e che le darà un potere ingestibile.

La madre rappresenta tutto ciò che ora minaccia la nostra vita, i nostri piccoli gesti quotidiani: la religiosità portata all’ estremo, manie e persecuzioni che uccidono senza pietà che portano lo scettro di una ragione che non esiste…la morte non è giustificabile in nome di nessun Dio.

Eppure Margaret vaneggia in questi termini peccatrice e giudice, crudele aguzzina di un’ anima debole, subirà anche lei le conseguenze delle sue ossessioni.

Un romanzo angosciante, graffiante e oscuro… un’ opera prima che regala al mondo un talento unico, una mente geniale che guarda in faccia tutto ciò che spesso nascondiamo perché l’ estrema paura non ci permette di guardarci allo specchio e ammettere che i nostri desideri spesso non sono così puliti, così scevri da cattiveria.

A cura di Fiorella Carta

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Stephen King


Stephen Edwin King (Portland, 21 settembre 1947) è uno scrittore e sceneggiatore statunitense, uno dei più celebri autori di letteratura fantastica, in particolare horror, del XX e XXI secolo. Scrittore prolifico, nel corso della sua carriera, iniziata nel 1974 con Carrie, ha pubblicato oltre ottanta opere, anche con lo pseudonimo di Richard Bachman fra romanzi e antologie di racconti, entrate regolarmente nella classifica dei best seller, vendendo complessivamente più di 500 milioni di copie. Buona parte dei suoi racconti ha avuto trasposizioni cinematografiche o televisive, anche per mano di autori importanti quali Stanley Kubrick, John Carpenter, Brian De Palma, J. J. Abrams, David Cronenberg, Rob Reiner, Lawrence Kasdan, Frank Darabont, Taylor Hackford e George A. Romero. Pochi autori letterari, a parte William Shakespeare, Agatha Christie e Arthur Conan Doyle, hanno ottenuto un numero paragonabile di adattamenti. A lungo sottostimato dalla critica letteraria, tanto da essere definito in maniera dispregiativa su Time “maestro della prosa post-alfabetizzata”, a partire dagli anni novanta è iniziata una progressiva rivalutazione nei suoi confronti. Grazie al suo enorme successo popolare e per la straordinaria capacità di raccontare l’infanzia nei propri romanzi è stato paragonato a Charles Dickens, paragone che lui stesso, nella prefazione a ‘Il miglio verde’, pubblicato a puntate nello stile di Dickens, ha sostenuto essere più adeguato per autori come John Irving o Salman Rushdie

 

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