Casa è dove fa male




Recensione di Antonella Bagorda


Autore: Massimo Cuomo

Editore: Edizioni e/o

Genere: Narrativa contemporanea

Pagine: 188

Pubblicazione: 2021

Sinossi. Le nostre case ci osservano. Ascoltano, ricordano. Percepiscono anche pensieri ed emozioni per le vibrazioni dei corpi sul pavimento,la pressione delle dita sui mobili, gli sguardi davanti a uno specchio. E, certe volte, le case raccontano. Dalla nebbia della periferia di Mestre, come in un flusso di coscienza, in una rivelazione privata, emerge la voce di questo palazzo di tre piani che ci confessa le abitudini di chi lo abita. Uno sguardo lucido, impietoso, sui sette appartamenti e sulle famiglie, le coppie, sui singoli individui mostrati soltanto per ciò che nascondono oltre pareti e porte chiuse: manie, vizi, debolezze, fragilità, deviazioni e segreti occultati. Un documentario letterario nero eppure leggero. Un distillato poetico dei guai e dei guasti, delle colpe degli inquilini che degenerano in atteggiamenti di squilibrio e oscenità, in collisioni violente e passioni eccessive. Il lettore gode della seducente occasione di spiare nelle case degli altri. E, con la cadenza ritmica del miglior pettegolezzo, anche il condominio cede a una natura quasi umana, lasciandosi andare al giudizio, esprimendo opinioni con tono sentimentale mentre ci descrive chi lo popola in un affresco intimo dell’umanità e dei suoi peccati capitali. Uomini e donne così lontani eppure così vicini alla colonia di topi che vivono nel sotterraneo e che, per una misteriosa ragione, penetrano nelle abitazioni di notte, si addossano ai loro corpi addormentati. Un romanzo da leggere con la lentezza con cui viene narrato: una parola alla volta, come in una confessione religiosa. Una storia che in qualche modo ci riguarda tutti e che, mostrandoci per quello che siamo, ci offre l’unica possibilità di salvezza: ammettere – per amare o tentare di correggere – la nostra natura imperfetta.

Recensione

Chi può affermare di non aver mai desiderato il potere dell’invisibilità? Beh, io penso che chiunque lo affermi mente sapendo di mentire.

La voglia di vedere, di conoscere, di spiare, di curiosare appartiene a molti. Può capitare di voler ficcanasare nelle vite altrui per dimostrare a se stessi che non è tutto oro quello che luccica; che la famiglia del mulino bianco non esiste; che tutti, nell’intimità delle nostre mura domestiche, nascondiamo segreti più o meno inconfessabili. E spiando potremmo scoprire di non essere gli unici ad avere dei segreti, e questo ci rincuorerebbe. E potremmo perciò sentirci meno soli, meno strani, forse molto più normali di quello che pensiamo di essere.

Casa è dove fa male è un romanzo ambientato in un appartamento di tre piani, abitato da sette famiglie, o forse sarebbe meglio dire otto se contiamo anche il sotterraneo. La narrazione fa rimbalzare il lettore di casa in casa come fosse una pallina da flipper impazzita, ma nessuna delle visite nei vari appartamenti è casuale: tutti gli spostamenti sono collegati da vari fili e tutti i fili sono colorati con tinte più o meno noir. E il narratore, pezzo forte del romanzo, è nientepocodimenoche: l’appartamento. La casa. Quella stessa casa del titolo. Quella casa che fa male.

Ma andiamo con ordine.

Siamo a Mestre ma potremmo essere ovunque. Siamo in un appartamento qualsiasi, abitato da famiglie qualsiasi con vite qualsiasi. O almeno questo è ciò che pare visto dall’esterno. Ma il narratore di questo romanzo ci regala un’esclusiva: ci rende degli squallidi voyeur di queste famiglie; ci fa spiare cosa accade una volta oltrepassati gli zerbini, posizionati sempre alla perfezione davanti alle porte d’ingresso; ci accompagna in un viaggio meravigliosamente inquietante nel lato oscuro che appartiene quasi a tutti e che non viene mai rivelato quasi a nessuno.

La voce che ci svelerà ciò che si nasconde al di là di queste porte è una voce lucida, invadente, pettegola, spesso molto cinica. È la voce dell’appartamento ma è una voce che risulta essere tanto umana. Come se tutto ciò che ha vissuto e ciò che ha visto l’avesse resa simile a chi negli anni l’ha sovraccaricata di sotterfugi, di tristezza, di violenza e di quella necessità di giudicare che tanto appartiene all’essere umano.

Spieremo famiglie, coppie, individui; scaveremo nella solitudine, nella violenza, nella depressione, nella depravazione, nel disturbo ossessivo compulsivo; ci indigneremo, ci scopriremo disgustati e contrariati, potremmo anche riconoscerci in qualcuno degli aspetti in cui andremo a rovistare e ne saremo spaventati; faremo tutto questo e sarà difficile rifiutarsi di andare avanti e di sapere come andrà a finire. Se mai tutto questo possa avere una fine.

Forse non sarà il massimo dell’originalità e l’autore non sarà stato il primo e non sarà l’ultimo a fare un esperimento del genere, ma ho trovato questo libro perfetto nel suo insieme. Pochi capitoli e molto lunghi intervallati da altrettanti capitoli molto brevi; niente lasciato al caso; si passa di persona in persona e di famiglia in famiglia e quindi di nomi in nomi, tutto senza mai sentirsi persi nel tentare di capire di chi si stia parlando e a chi si stia rivolgendo l’attenzione; sono ben chiari persino i personaggi che vengono citati ma non appaiono mai.

A volte le situazioni sono esagerate, è vero, sono portate quasi all’assurdo, ma tutto risulta sempre credibile. Chiunque tra gli abitanti di questo appartamento potrebbe essere il vicino di casa di chiunque. Chiunque tra gli abitanti di questo appartamento potrei persino essere io. Quando rientriamo a casa, tra le nostre quattro mura, solo noi sappiamo chi siamo realmente. Solo noi. E la casa.

È la prima volta che incontro Massimo Cuomo sulla mia strada di lettrice e sono molto felice che questo incontro sia finalmente avvenuto. Mi è parso di capire, leggendo qua e là notizie su di lui, che di solito scrive in altri toni e che alcuni dei suoi affezionati lettori si sono sentiti spiazzati dalle tinte troppo noir di questo romanzo. A questo punto sono molto curiosa di leggere altro dello stesso autore. Piccola osteria senza parole, ad esempio, mi incuriosisce molto ed è già finito nella mia fin troppo lunga wishlist.

Se consiglio questa lettura? Dannazione, sì!

 

 

Massimo Cuomo


Massimo Cuomo è nato a Venezia nel 1974. Si è laureato in Scienze della Comunicazione a Bologna e dopo alcuni anni di esperienza come giornalista di cronaca, per La Nuova Venezia e per Televenezia, si è dato alla scrittura d’invenzione, esordendo nella narrativa italiana con il romanzo Malcom, storia di un trentenne in crisi, pubblicato nel 2011 dalle Edizioni E/ONel 2014 è uscito Piccola osteria senza parole, che narra l’incontro fra un meridionale e gli avventori di un’osteria sperduta sul confine veneto-friulano. Inserito da Panorama.it fra i dieci romanzi italiani migliori dell’anno e da E/O nella lista dei 40 libri più significativi della sua storia.E’ anche un reading che, insieme a tre musicisti, l’autore porta ancora oggi sul palco di locali, teatri e festival. Nel 2017 è in libreria Bellissimo, il racconto della vita di due fratelli stravolta dalla bellezza eccezionale del più giovane, nello Yucatán, in Messico. Ripubblicato in edizione tascabile, nel 2020 è stato tradotto da Europa Editions per gli Stati Uniti, il Canada e il Regno Unito e segnalato nella prestigiosa selezione “Globetrotting” del New York TimesIl 24 febbraio 2021 ho pubblicato il mio quarto romanzo: Casa è Dove fa Male, la storia nera di un condominio di quattro piani e degli inquilini dei sette appartamenti che li abitano, narrata dalla viva voce del condominio.

 

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