Cinema speculation




 CINEMA SPECULATION

di Quentin Tarantino

La Nave di Teseo 2023

Alberto Pezzotta ( Traduttore )
Autobiografia, pag.528

Sinossi. Cinema Speculation è una preziosa panoramica e prospettiva sul cinema, resa possibile grazie agli occhi e alla mente di uno dei più grandi praticanti della forma d’arte di sempre. “Cinema speculation” è la storia di un bambino innamorato del cinema che passa le serate con i genitori nelle sale di Los Angeles. Quello spettatore vorace, che preferisce ai giochi l’incanto del grande schermo, cresce affascinato da una nuova generazione di attori e registi – come Steve McQueen, Burt Reynolds, Clint Eastwood, Sam Peckinpah, Don Siegel, Brian De Palma, Martin Scorsese – che dalla fine degli anni Sessanta spazza via la vecchia Hollywood. Sono pellicole rivoluzionarie che ispirano l’immaginario di quel ragazzo, un incontro che si rivelerà decisivo per la sua carriera dietro la macchina da presa. Quentin Tarantino è uno straordinario appassionato di cinema, in tutte le sue forme: “Cinema speculation” è il racconto di come è nato.

 Recensione di Davide Piras

È un libro che parla di cinema, della sua storia, di tante storie, ma soprattutto della vita di Quentin Tarantino, uno dei registi più controversi e discussi di sempre. Ci si aspetterebbe un saggio, invece l’autore mostra grandi doti da affabulatore e ci conduce per mano nella sua esistenza, che sembra un romanzo a lieto fine, alla scoperta di tutto ciò che lo ha segnato portandolo inevitabilmente a sviluppare il proprio gusto artistico.

All’epoca i miei genitori andavano spesso al cinema e di solito mi portavano con loro. Avrebbero potuto piazzarmi da qualche parte (mia nonna Dorothy era quasi sempre disponibile), ma invece mi portavano con loro.”

Inizia così “Cinema Speculation”:

negli anni Settanta un giovanissimo Quentin Tarantino veniva portato al cinema, senza distinzione di genere, a vedere film più per adulti che per bambini: Il braccio violento della legge, M.A.S.H., Il Padrino, Conoscenza carnale, Una squillo per l’ispettore Klute, Il mucchio selvaggio. Sua madre Connie preferiva fargli vedere film vietati ai minori piuttosto che il telegiornale, ritenuto decisamente più velenoso per l’educazione di un bambino. In casa Tarantino si abitua alla legge del silenzio: per suo padre le parole in più sono parole superflue, non ne dice lui e non accetta che ne dicano gli altri. Quentin cresce quindi ascoltando, osservando il mondo degli adulti e cercando di interpretarlo con i suoi occhi che di vita ne hanno vista ancora troppo poca.  

Questo preambolo sugli aspetti familiari dei Tarantino torna utile, poiché analizzandolo si possono ipotizzare le cause che abbiano portato il regista a produrre film di grande successo ma anche pellicole ritenute da lui stesso poco riuscito.
Comprendere le dinamiche infantili e adolescenziali vissute da Tarantino equivale a comprendere come egli abbia interpretato la settima arte durante la sua carriera. Sono una miriade i film citati, sviscerati, discussi a livello tecnico e valutati anche in base all’impatto emotivo che essi hanno suscitato.

A tredici di essi, Tarantino dedica un intero capitolo: tra  i più noti  

“Fuga da Alcatraz” di Siegel, “Un tranquillo weekend di paura” di John Boorman, “Taverna Paradiso” di Sylvester Stallone, “Hardcore” di Paul Schrader, “Taxi Driver” di Martin Scorsese.

Tarantino loda e distrugge tutti senza filtri, dai critici agli attori, e non nasconde una certa repulsione   per Schrader torna ricorrente per tutto il libro e che, probabilmente, dà il titolo Cinema Speculation: cosa sarebbe successo se Taxi Driver lo avesse diretto Brian De Palma e non Martin Scorsese?

Da qui Tarantino si sbizzarrisce provando a ipotizzare quanto diverso sarebbe stato il film.
Le sue teorie sono credibili e a volte divertenti, e vanno persino a modificare il cast e la sceneggiatura, trasformando radicalmente una delle pietre miliari della storia del cinema. Perché il cinema è questo, speculazione, e Tarantino lo sa, muovendosi sempre sul filo sottile tra l’essere amato o odiato.

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Quentin Tarantino


Quentin Jerome Tarantino è un regista e sceneggiatore statunitense. Autore tra i più influenti degli anni ’90, a dispetto di una filmografia relativamente esigua è circondato da un alone di culto che ne fa uno dei registi più imitati e saccheggiati del cinema contemporaneo. Dopo aver lavorato a lungo in una videoteca dove ha modo di nutrire la sua onnivora e vorace passione cinefila, esordisce con Le iene (1992), straordinario ingranaggio narrativo incentrato su una rapina e sulle sue sanguinose conseguenze: vagamente ispirato nella struttura a Rapina a mano armata (1956) di S. Kubrick e provocatoriamente giocato sull’ellissi della scena-madre (la rapina non si vede mai), il film brilla per lo straordinario equilibrio tra macabra ironia e senso dell’efferatezza e per la attenta investigazione sul tema del tradimento. Dopo l’uscita di due film scritti da T. prima dell’esordio alla regia (Una vita al massimo, 1993, di T. Scott e Assassini nati, 1994, di O. Stone), arriva la consacrazione con Pulp Fiction (1994), vincitore di un Oscar per la migliore sceneggiatura e della Palma d’oro al Festival di Cannes. Riprendendo le atmosfere della narrativa popolare di ambientazione criminale (i pulp magazines stampati su carta di infima qualità negli anni ’40), T. crea un bizzarro incastro cronologico fra quattro storie ambientate nel mondo della malavita di Los Angeles: il trionfo del film (che diventa modello per svariati registi e oggetto di culto in tutto il mondo) si deve all’affilata ironia dei dialoghi e delle situazioni fumettistiche, agli omaggi che vanno dalle scomposizioni temporali di J.-L. Godard fino alla cultura trash, al cinema di serie B e alla trattazione della violenza in chiave grottesca e caricaturale. Un J. Travolta in forma smagliante, una U. Thurman di algida bellezza e un S.L. Jackson nei panni di un killer logorroico e misticheggiante contribuiscono in maniera decisiva al successo del film e alla consacrazione del suo autore. Nel 1995 T. dirige un episodio di Four Rooms e l’anno seguente scrive e interpreta Dal tramonto all’alba di R. Rodriguez, divertente omaggio al cinema spazzatura da lui tanto amato. Jackie Brown (1997) sorprende tutti per la sobrietà della narrazione e la precisione con cui T. evita le trappole della maniera di sé stesso costruendo un film classico e solido che dimostra come il suo talento possa resistere al passare delle mode. Il film successivo, distribuito in due episodi (Kill Bill vol.1, 2003, e Kill Bill vol.2, 2004), conferma il suo eccezionale talento visivo e la sua sterminata cultura cinefila con un’opera che – contaminando western, mélo, kung fu, samurai, horror e noir – vede la prediletta U.Thurman nei panni di una «sposa» impegnata a vendicarsi dell’uomo che ha tentato di ucciderla proprio nel giorno delle sue nozze. Dopo aver diretto alcune scene di Sin City (2005) dell’amico R. Rodriguez (che firma la pellicola con F. Miller), i due forzano ulteriormente il loro gusto postmoderno per la produzione cinematografica di serie Z (quella che trovava distribuzione solo nelle sale di periferia, le grindhouse, appunto) e realizzano il progetto Grindhouse (2007), una sorta di doppio action-horror movie alla maniera di quelli degli anni ’70 (compresa la pellicola graffiata), proiettati uno di seguito all’altro per una durata superiore alle tre ore. Come avvenuto per Kill Bill (uscito in sala in due «volumi»), tuttavia, anche questo film compare in Italia in due tranche distinte: la parte tarantiniana esce col titolo Grindhouse – A prova di morte (2007) e inscena lunghi dialoghi e avventurosi inseguimenti tra Stuntman Mike, un killer donnaiolo asserragliato nella sua automobile modificata «a prova di morte», e svariate agguerrite fanciulle, degne eredi della «sposa». Nel 2021 ha pubblicato con La Nave di Teseo C’era una volta a Hollywood. Nello stesso anno ha ricevuto il Premio alla Carriera al Festival del Cinema di Roma.