Comincia a Brooklyn




Recensione di Francesca Mogavero


Autore: Federica Piacentini

Editore: Nutrimenti

Pagine: 176

Genere: Narrativa

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Martin Gale ha nove anni eppure è già pronto a liberare la forza di chi sente che non c’è più tempo, non si può aspettare ancora, bisogna rimboccarsi le maniche e cominciare a giocare. Giocare sul serio. Martin ama moltissimo ed è riamato, dai nonni emigrati dalla Grecia e dalla madre Leah, così come da Mama Jean, la bizzarra sconosciuta che ha deciso di ospitare lui e la madre dopo lo sfratto. Ama moltissimo anche Jack Gale, quel padre che langue, ma in compenso si sente riamato dal quartiere in cui è nato e cresciuto: Brooklyn. Il luogo di un amore duro eppure dolcissimo, vulcanico e trasformista, così empatico e diverso da Manhattan e dalla New York che il mondo canta, idolatra, accusa. Martin Gale ha un motivo per cominciare a giocare sul serio: la madre Leah non sta bene e ammalarsi, a Brooklyn così come negli Stati Uniti tutti, ha un costo. E giocare a scacchi, per vincere il lauto premio messo in palio da un torneo, è allora un atto di ribellione contro le circostanze, le regole, le costrizioni fatali in cui ciascuno si ritrova – volente o nolente – quando viene al mondo. Quello che Martin scoprirà, mentre impara il gioco sulla scacchiera, è che proprio là nel mezzo si spalanca la vita adulta.

Recensione

Comincia a Brooklyn il viaggio di un piccolo eroe: un viaggio spaziale giù nella gola della metropolitana e tra gli alberi dei parchi di New York, e un viaggio epico – perché non lo si potrebbe definire diversamente – che dall’infanzia porta all’età adulta, saltando le tappe.

Martin Gale ha nove anni, gli occhiali mezzi rotti, una chioma riccioluta e tutta la bellezza e il mistero dei geni e delle culture che si mescolano dando il meglio di e piantando radici, nonostante le frustrazioni e gli abbandoni; ama l’Iliade e Achille, sa leggere il cielo, trasformare le coperte, una torcia e un libro in un magico rifugio e ha un “guasto” da riparare.

La madre Leah, sua stella polare, mittente e destinataria di tanti messaggi, interrogativi e segreti scambiati attraverso le pagine di un diario, si è ammalata – lei ha provato a nasconderglielo dietro ai sorrisi, le amorevoli colazioni e i pomeriggi distesi sull’erba, ma “No, non si dicono le bugie, e il ragazzino ha fiuto e occhi attenti.

Pochi soldi per curarsi e forse ancora meno speranze, salvo una: vincere la finale del torneo nazionale di scacchi (sezione giovanissimi) e portare a casa un montepremi da quarantamila dollari.

Il fatto che Martin non sappia giocare è soltanto un piccolo, insignificante dettaglio, di quelli che non possono certo frenare l’impeto e le astuzie dei guerrieri omerici: il richiamo all’avventura, ma soprattutto la posta in gioco, sono troppo forti, troppo importanti. In ballo c’è non solo la possibilità di salvare la mamma, di trascorrere insieme altri anni preziosi, ma anche l’occasione di ricomporre un equilibrio perduto o che forse non c’è mai stato, di far sì che il padre cambi idea, perché “Tutte le persone che vanno via, dopo un po’ ritornano”.

Così il percorso procede, corre tra falsi mentori, prove, alleati bricconi, cadute, fino al vertice della tensione, all’ingresso nella caverna più buia, nel labirinto in cui incontrare il proprio Minotauro e lasciare che il cambiamento si compia… E noi amanti delle storie, di Vogler e di Campbell, confidiamo e ci aspettiamo i passi successivi, la ricompensa, il ritorno, la resurrezione e l’elisir, perché è questo che di solito accade e che deve accadere, cosicché possiamo sentirci al sicuro e chiudere gli occhi nell’oscurità, rassicurati che ogni cerchio aperto prima o poi si chiuda, che ci sarà sempre qualcuno a combattere con noi e per noi.

E il romanzo di Federica Piacentini non delude… ma ci ridimensiona, ricordandoci che non siamo in una fiaba, nel territorio del “e vissero per sempre felici e contenti”, bensì nel campo del mito nel suo significato più stretto: una storia di fondazione, che illustra la nascita di un mondo, sia esso un pianeta, una società o il microcosmo, altrettanto complicato e inestimabile, di un bambino. In quest’ottica sì, anche le lacrime hanno un senso, e i maestri imperfetti, i padri latitanti, addirittura le sconfitte trovano posto nel grande disegno; e la ricompensa e l’elisir ci sono eccome, ma hanno una forma e una sostanza diverse da ciò che noi e Martin ci saremmo aspettati all’inizio.

Comincia a Brooklyn è un romanzo toccante e delicato che cala in un contesto attualissimo una vicenda antica come Gea e senza tempo: un cucciolo che acquista consapevolezza di ciò che lo circonda e del proprio potenziale e, tra inciampi, lotte, incontri fortunati e graffi, morde la vita e compie il suo destino… diventando grande.

 

A cura di

Francesca Mogavero

 

Federica Piacentini


è nata a Gaeta nel 1983. Si è laureata in editoria e giornalismo presso l’Università La Sapienza di Roma. Ha frequentato la scuola biennale di scrittura creativa di Roberto Cotroneo, la Luiss Writing School ed è infine diventata una professional creative coach, dedicandosi alla creatività a trecentosessanta gradi. Ha viaggiato molto, vive a New York insieme alla sua famiglia. Comincia a Brooklyn è il suo primo romanzo.

 

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