Corpi minori




Recensione di Claudia Cocuzza


Autore: Jonathan Bazzi

Editore: Mondadori

Genere: narrativa letteraria

Pagine: 324

Anno di pubblicazione: febbraio 2022

Sinossi. I corpi minori sono corpi celesti di dimensioni ridotte: asteroidi, meteore, comete, ma in questo romanzo “minori” sono tutti i corpi osservati sotto la lente del desiderio. Desiderio che fa gravitare i personaggi attorno ai sogni e alle ambizioni di una vita, o solo di una stagione. Come accade al protagonista, che all’inizio della storia ha vent’anni, più di un talento ma poca perseveranza. Di una cosa però è sicuro, vuole andarsene da Rozzano, percorrere in senso inverso i tre chilometri e mezzo di via dei Missaglia, lasciarsi alle spalle l’insignificanza e la marginalità e appartenere per sempre alla città, dove spera di trovare anche l’amore, che sin dall’adolescenza insegue senza fortuna, invaghendosi di ragazzi tanto belli quanto sfuggenti. In una Milano ibrida e violenta, grottesca e straripante – che sembra tradire le promesse di quiete e liberazione immaginate da lontano –, il protagonista dovrà fare i conti con le derive del desiderio, provando a capire quale sia il suo posto nell’ordine geografico ed emotivo di questi anni irradiati di cortocircuiti tra reale e virtuale, tra immagine ed esperienza incarnata. Quando inizia una relazione con un ragazzo più giovane di lui e bellissimo, si sente finalmente dentro il cono di luce dorata della felicità: ama, ed è corrisposto. Eppure non basta trovarsi nel luogo che si è sempre sognato, non basta l’amore. Si è inchiodati a se stessi, in carne e ossessioni: per riuscire a occupare il proprio posto nel mondo non si può ignorarlo. Partendo da una attitudine rigorosa, analitica, fenomenologica nei confronti del reale, Bazzi trova sintesi espressive illuminanti e restituisce tutta la potenzialità estetica latente in ogni nostro gesto e manifestazione, disegnando un percorso di formazione ricchissimo e ultracontemporaneo.

Recensione

Ho ucciso il mio amore una sera di dicembre inoltrato, tra le vetrine e i passanti, perché non sapevo come si fa, com’è che si continua ad amare, a lungo, nel tempo. Non me l’ha mostrato, non ce lo mostra, nessuno.

È stata una lettura difficile, sofferta, e anche adesso scriverne per me non è semplice.

Dovrei dire di cosa parla Corpi minori.

Eh, di cosa parla?

Parla di un uomo alla ricerca dell’amore, del riscatto, dell’accettazione.

Di un bambino che non è cresciuto come in uno spot Barilla e che non ha mai

avuto un modello relazionale sano, un abbozzo di prototipo amoroso da replicare”.

Di un ragazzo in fuga dalla periferia di Milano, che diventa l’emblema della periferia del mondo, del degrado sociale, della morte dei sogni.

Allora inizia un viaggio in cui ogni tappa, ogni capitolo, ha il nome di una via che man mano ci avvicina alla meta, Milano centro.

Ed è qui che iniziamo a capire cosa sono i corpi minori,

quei frammenti di Universo che gravitano attorno a un centro, che nell’universo della vita può essere un desiderio da realizzare, un obiettivo da raggiungere.

A ogni costo.

Arrivare al centro: c’è chi ci riesce col duro lavoro.

Io, che non ne sono capace, lo faccio affittando me stesso.

Lui, che per comodità chiamerò Jonathan dopo capirete perché , si imbarca in una storia d’amore in cui c’è tutto, tranne l’amore.

Perché Pietro lo ama, lo porta a vivere da lui, a Milano; non gli chiede di dividere l’affitto, va a lavorare, fa la spesa, le pulizie, lo mantiene agli studi, in cambio di qualcosa che non esiste. Di finzione.

Teatro, direbbero i miei conterranei.

Nel frattempo rimbalza da una passione, effimera, all’altra: smetto di fare le cose che mi piacciono senza neanche concedergli un commiato.

Musica, canto, yoga, arte, filosofia: amori immensi, presi e lasciati, di rado ripresi. Per fortuna la filosofia è uno di questi.

Gli unici di cui non si stancherà mai sono Rosaspina e Léon, i suoi gatti.

Dopo Pietro, arriva Marius: il sogno di una vita che diventa carne, ossa, barba e occhi verdi piegati all’ingiù.

Nato per innamorarmi, nei fatti la mia vera aspirazione professionale.

Ecco quindi un’altra accezione di “corpo minore”: davanti alla collezione di immagini del suo profilo io sono un corpo celeste che dalle orbite più esterne avanza verso il centro del sistema, piccolo meteorite miracolato, raggiunto senza preavviso dal calore diretto del Sole.

Costruiamo dunque il secondo binomio, Jonathan/Marius, dopo il primo, Jonathan/Milano, dove Jonathan è il corpo che tende al centro.

A questo punto ha tutto ciò che vuole: vive a Milano, non più ai margini, e ha trovato l’amore.

The end?

No.

L’amore è finito, Milano, il centro, ha tradito, non regge, il centro si è rivelato vuoto e io non sento più niente.

Corpi minori è l’analisi chirurgica di una storia, di una società, di un mondo.

Accanto alla vita di Jonathan scorrono miriadi di altre vite, costellazioni infinite di corpi minori; narrando questa storia, l’autore trascina con sé ciò che incontra nel suo cammino e lo butta dentro: denuncia sociale (la necropoli sotterranea di Rozzano, in cui vivono decine di famiglie nascoste come topi), pressappochismo e tecnica dell’approssimazione applicati all’ambito professionale (maestro di yoga senza averne le competenze, giornalista improvvisato) e quotidiano (basta googlare quello che non si conosce e prendere per buono l’esito della ricerca); solitudini mascherate da vetrine social spumeggianti.

Corpi minori è l’applicazione del metodo scientifico all’irrazionale, è la catalogazione dei sentimenti; è la filosofia delle relazioni interpersonali.

E se un appunto mi sento di fare è proprio nel dilungarsi – perdersi per poi riemergere – in certi discorsi che assumono la forma dell’elucubrazione, a scapito del ritmo della narrazione.

Le persone: esseri narrativi che non si appartengono, fatti per essere ricomposti, raccontati dagli altri.

Corpi minori è un esperimento, non un’autobiografia.

Jonathan non è Jonathan, Marius non è Marius, ovvero non lo sono del tutto.

Esistono tipi di scrittori diversi, ci sono i grandi inventori di trame e personaggi e poi quelli troppo fedeli ai nomi e ai volti, troppo incarnati. A me, secondo tipo o figlio del mio tempo, interessa raccontare la realtà ulteriore che talvolta ammanta quella che vedono tutti, il piano già narrativo, già di suo letterario, che taglia di traverso questo nostro mondo ma che non entra nella frugalità approssimativa dei discorsi quotidiani. […] la distinzione tra romanzo e autobiografia, oltremodo sopravvalutata, feticcio merceologico: ciò che mi accade non accade davvero a me, non mi è davvero accaduto, mi si dà già come un fatto esterno, un esproprio, tutti noi spettatori della nostra stessa vita.

E a me non resta che utilizzare le sue parole, perché meglio di così non si può spiegare.

A cura di Claudia Cocuzza  

www.facebook.com/duelettricisottountetto/

Jonathan Bazzi


Jonathan Bazzi è nato a Milano nel 1985. Cresciuto a Rozzano, estrema periferia sud della città, è laureato in Filosofia con una tesi sulla teologia simbolica in Edith Stein e appassionato di tradizione letteraria femminile e questioni di genere. Nel 2015 ha iniziato a collaborare con varie testate e magazine pubblicando articoli, racconti e personal essay. Alla fine del 2016 ha deciso di parlare pubblicamente della sua sieropositività con un articolo pubblicato da “Gay.it”. Febbre (Fandango Libri, 2019) è il suo primo romanzo.

 

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