Corsa verso il baratro





Autore: Elizabeth George

Traduzione: Grazia Maria Griffini

Editore: Longanesi

Genere: Giallo

Pagine: 486 p., R

Anno di pubblicazione: 2008

Prima pubblicazione in  Italia: 1992

Sinossi. Come ogni mattina, malgrado il freddo, Elena Weaver, giovane e bella studentessa del St Stephen’s College di Cambridge, esce all’alba per andarsi ad allenare lungo il fiume. Qualcuno, però, la sta aspettando. Un delitto assurdo, perpetrato con spietata ferocia. Elena, benché sordomuta, era piena di vita, di sensualità e al tempo stesso di innocenza e nessuno riesce a spiegarsi una fine tanto orribile. La tragedia ha un impatto devastante sul mondo dorato del college inglese, cui appartiene anche il padre della ragazza, stimato professore che aspira a una cattedra di prestigio. E forse la verità va ricercata proprio in quell’universo rarefatto, oltre che nella cerchia familiare. Il college chiama in causa New Scotland Yard, e tornano in scena l’ispettore Thomas Lynley e il sergente Barbara Havers, pronti a rovistare negli armadi più oscuri dell’esclusivo ambiente di Cambridge, sicuri di trovarvi, fra ampie toghe e letture shakespeariane, ben più di uno scheletro. Ma incontrano subito grossi ostacoli, primo fra tutti la difficoltà di inquadrare la personalità della vittima.

L’esperienza gli aveva insegnato che il delitto spesso era qualcosa di semplice e chiaro, che si poteva risolvere in quattro e quattr’otto, e che la persona più logica da sospettare era effettivamente il colpevole. Però sapeva anche che, in qualche caso, la morte nasceva dagli angoli più bui e oscuri dell’anima, e aveva moventi ben più complicati e tortuosi di quello che lasciassero pensare inizialmente indizi e prove.”

Recensione di Loredana Cescutti


Ho ripreso in mano da capo questo libro dopo anni. Quando mi sono per la prima volta imbattuta nei romanzi di Elizabeth George ne sono rimasta rapita, tant’è che i primi quattro della serie li ho praticamente letti di fila, salvo poi, rimanere bloccata a nemmeno un quarto di questo, che è il quinto capitolo delle avventure dell’ispettore Linley e della sua collega Havers.

Probabilmente non era il momento, oppure, avevo già fatto indigestione, fatto sta che ho ritenuto più saggio metterlo da parte, riservandomi però di riprovare in un momento più opportuno.

Va chiarito, che la prima volta, ho avuto fra le mani “Per amore di Elena” (edizione Mondadori 1992) presa in biblioteca e ristampato da Longanesi nel 2008 con un nome diverso tant’è, che poi, ritrovarlo è stato complicato, dal momento che aveva cambiato casa editrice e addirittura titolo, una linea editoriale che non condivido e in cui spesso purtroppo mi imbatto, che molte volte risulta fuorviante quando una traduzione del titolo viene totalmente alterata, rendendo anche le aspettative tutt’altro che corrette.

Comunque, a dispetto del primo approccio, questa volta ho sicuramente apprezzato il contenuto.

Quando vi è una morte è sempre un brutto affare, quando a morire è una giovane ragazza con tutta una vita davanti, però, è sicuramente peggio.

Soprattutto nella prima parte la storia ha un ritmo lento, o almeno rallentato da tutto ciò che assumerà le sembianze di ricordi sbiaditi di una figura controversa, che nel momento in cui verrà a mancare, lascerà dietro di sé le tracce, le briciole di tante personalità distinte, che piano piano emergeranno, finendo per disegnare un quadro estremamente sconvolgente di ciò che è stata, di ciò che ha vissuto ma soprattutto ci fornirà i perché.

Perché una ragazza che nonostante il suo handicap avrebbe potuto avere tutto, decide di vivere una vita così fuori dagli schemi, tanto da risultare sgradevole a molti e fino a trasformarsi in un giocattolo disposto a tutto, mettendosi nelle mani di gente egoista e priva di coscienza?

Sarà proprio seguendo i fili dell’indagine intessuti da Linley e Havers che la verità che si dipanerà ai nostri occhi, fatta di disagi evidenti, di malesseri, di assenza di empatia, di mancanze e di un’affettività malata e utilizzata solo per mero interesse personale, oltre a dei legami familiari vuoti, freddi, ricolmi di gelida apparenza e privi di ogni minimo calore umano.

In questo romanzo l’analisi psicologica dei sentimenti scaverà nelle profondità di anime ormai svuotate, prosciugate o che forse, non hanno nemmeno mai avuto nulla di buono dentro di sé ma allo stesso tempo, fortunatamente, ti conduce, dopo profonde e travagliate riflessioni, a renderti conto che ancora si può migliorare, si può aspirare alla gioia più semplice della vita, una volta tolta la corazza, la maschera con la quale ci difendiamo anche da noi stessi.

Basta volerlo.

La George racconta bene, non ha paura di scavare a mani nude nell’animo dei suoi personaggi, anche se, questo significherà farli soffrire prima di aiutarli a raggiungere almeno una parvenza di gioia e normalità.

La scrittura è feroce, non nasconde alcunché e una pagina alla volta ti guida verso una verità che ferisce chiunque avrà il coraggio di arrivare in fondo alla storia ma, grazie all’umanità che si respirerà dentro le pagine, la lettura si rivelerà intensa e irrinunciabile, nonostante tutto.

Linley e Havers finiranno per seguire l’indagine ma allo stesso modo, si ritroveranno ad analizzare anche la loro vita, le loro scelte e a tirare una riga, a fare un bilancio su dove sono e su cosa, da adesso in poi vorrebbero realizzare o che orientamento avrebbero piacere che la loro vita prendesse, una volta messi da parte il distintivo e le loro eterne chiusure protettive, i loro blocchi difensivi e sicuramente, solo dopo aver fatto una valutazione obiettiva di loro stessi.

È stato un piacere immergermi dentro queste pagine, riassaporare l’atmosfera dei college inglesi e soprattutto, ritrovare dei personaggi così assurdamente diversi, ma anche estremamente uguali seppur inconsapevoli, quando si tratta di riuscire a riconoscersi e ritrovare sé stessi, quando nonostante l’apparenza, soffrono spesso in modo struggente e vengono scalfiti più di quanto lasciano intravvedere agli altri.

Perché anche loro sono essere umani e, a ogni indagine, sembrano riscoprirsi e accettarsi di più.

E anche il loro legame, così facendo, sarà destinato a rinsaldarsi sempre più.

A questo punto, non mi rimane altra scelta che aspettare che arrivi il turno per il mese di dicembre, definito a quanto pare dall’autrice, un mese particolarmente crudele per cui più che interessante.

Buona lettura!

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Elizabeth George


 La stampa ha detto di lei che «è la regina incontrastata del mystery» (Entertainment Weekly) e che, con la sua scrittura, «dimostra che i grandi scrittori di romanzi gialli sono anche grandi romanzieri» (New York Times). Nei suoi libri – tutti bestseller internazionali – ha dato prova di un indiscutibile talento, conferendo alla detective story classica una dimensione diversa e più complessa, che sonda l’inesauribile varietà dei sentimenti umani. È stata insignita dei prestigiosi Anthony Award, Agatha Award, Grand Prix de Littérature Policière e MIMI, riconoscimento tedesco dedicato ai gialli. Tra i suoi ultimi libri: Corsa verso il baratro (Longanesi 2008), La donna che vestiva di rosso (Longanesi 2009), Dicembre è un mese crudele (Longanesi 2010), Questo corpo mortale (Longanesi 2011), Un castello di inganni (Longanesi 2012), Un piccolo gesto crudele (Longanesi 2014), Le conseguenze dell’odio (Longanesi 2015), Punizione (Longanesi 2018), il manuale L’arte di costruire un romanzo (Longanesi 2020) e Una cosa da nascondere (Longanesi 2022).