Cose che non si raccontano




 COSE CHE NON SI RACCONTANO

di Antonella Lattanzi

Einaudi 2023

narrativa, pag.216

Sinossi. Ci sono cose che non si raccontano perché le parole sono scogli nel mare. Ci sono cose che non si raccontano per vergogna, rabbia, troppo dolore, e perché se non le racconti, in fondo puoi sempre credere che non siano successe. Antonella e Andrea vogliono un figlio: adesso lo vogliono proprio, lo vogliono assolutamente. Ma è come se non ci fosse niente di semplice, nel desiderio più naturale del mondo: tutto ciò che può andare storto andrà storto, anche l’inimmaginabile. Antonella Lattanzi ha trovato parole esatte per questa storia, che è sua e di tutte le donne – ambiziose, indecise, testarde, libere di scegliere. Un libro emozionante, che non si riesce a smettere di leggere, straordinariamente contemporaneo. «Questo libro mi ha toccato nel profondo. La letteratura è un’arte magica, e Antonella Lattanzi ha scritto un romanzo che è una benedizione, una maledizione, una catarsi» (Nicola Lagioia). Non è mai il momento giusto per fare un figlio. Prima vogliamo vivere, viaggiare, lavorare. Antonella vuole diventare una scrittrice: la sua è un’ambizione assoluta, senza scampo. Per questo a vent’anni, per due volte, interrompe volontariamente la gravidanza. Quando anni dopo si sente invece pronta, con un compagno a fianco, è il suo fisico a non esserlo. E così inizia l’iter brutale dell’ostinazione, dell’ossessione, della medicalizzazione. Certi supplizi, le aspirazioni inconfessate, la felicità effimera e spavalda, la sofferenza e la collera. Si direbbe una storia già scritta, ma qui non c’è nulla di consueto: è come raccontare da dentro una valanga, con la capacità incredibile, rotolando, di guardarsi e non crederci, e sfidarsi, condannarsi, sorridersi per farsi coraggio. In un crescendo di indicibile potenza narrativa, Antonella Lattanzi descrive (sulla sua pelle) la forza inesorabile di un desiderio che non si ferma davanti a niente, ma anche i sensi di colpa, l’insensibilità di alcuni medici, l’amicizia che sa sostenere i silenzi e le confidenze più atroci, il rapporto di coppia sempre sul punto di andare in frantumi, la rabbia ferocissima verso il mondo (e le donne incinte). Tenendo il lettore stretto accanto a sé, incollato alla pagina, con un uso magistrale del montaggio, capace di creare una suspense da thriller. La cosa strabiliante è che pur raccontando una storia eccezionale, e cruda, questo romanzo riesce in realtà a parlare in modo vero, e profondamente attuale, di tutte le donne – madri e non madri – che in un punto diverso della loro vita si sono chieste: desidero un figlio? qual è il momento giusto? dovrò rinunciare a me stessa, alle mie ambizioni? e perché tutte restano incinte e io no? «Ho una diga nella testa dove stanno nascoste tutte le cose che fanno davvero troppo male. Quelle cose, io non voglio dirle a nessuno. Io non voglio pensarle, quelle cose. Io voglio che non siano mai esistite. E se non le dico non esistono».


COSE CHE NON SI RACCONTANO

A cura di Silvana Meloni


 Recensione di Silvana Meloni

Oriana Fallaci in Lettera a un bambino mai nato (1975) dava voce alle inquietudini di una generazione di donne che, pur non volendo ripercorrere le strade antiche che le vedevano ‘angelo del focolare’, non desideravano rifiutare la maternità vissuta in maniera consapevole, senza esser costrette a rinunciare alle proprie aspirazioni e al lavoro. Io lo lessi a diciotto anni e mi ritrovai, seppur giovanissima, in quel turbamento sociale e personale.

Antonella Lattanzi in Cose che non si raccontano, riprende quel tema dopo 48 anni riportando la sua dolorosa esperienza autobiografica recente.

Con molte primavere e inverni sulle spalle e due figlie che sono donne adulte, tendo a veder superata dalla storia quel tipo di inquietudine legata alla maternità responsabile, non solo perché sono dall’altra parte della barricata ma soprattutto perché oggi sono molto diminuiti i limiti sociali al viversi la maternità in modo libero e consapevole. Gli ostacoli son semmai di carattere pratico, dati dalle condizioni economiche, dalle difficoltà presenti in uno Stato che non provvede in alcun modo a supportare le esigenze delle famiglie.

È pur vero che nel rincorrere momenti economici favorevoli, esser sfiduciati sulle proprie capacità genitoriali o assillati da preoccupazioni di altro genere, si affronta la maternità in tarda età, spesso scontrandosi con la difficoltà oggettiva legata all’orologio biologico, e che, nonostante gli sviluppi scientifici e la possibilità di aiuto che fornisce la P.M.A., non sempre le gravidanze riescono ad andare in porto.

Per ogni donna che affronta tutto questo si apre il baratro della medicalizzazione, dell’ossessione e, spesso, della disperazione per il desiderio frustrato.

L’autrice, in quest’opera di autofiction, rincorre sulla pagina i fantasmi evocati da questo dramma vissuto sulla propria pelle.

Una storia significativa ed emozionante perché vera, raccontata con una scrittura pregevole e un ritmo incalzante, quasi da thriller, che tuttavia a mio parere ha un pesante limite: il romanzo non ha spazio, non va oltre il vissuto personale. 

Si chiude infatti rispetto alla possibilità tematica dell’analisi sociale sul vissuto femminile in ordine alla maternità, anche mancata, limitandosi al racconto dell’esperienza privata che, per quanto drammatica e coinvolgente, rimane fine a se stessa.

In conclusione, ci troviamo davanti a una scrittura di qualità che è capace di grande coinvolgimento, tuttavia, da lettrice, ho sofferto il confine della cronaca autobiografica. 

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Antonella Lattanzi


Antonella Lattanzi è nata a Bari nel 1979 e vive a Roma. È scrittrice e sceneggiatrice. Ha pubblicato i romanzi Devozione (Einaudi 2010 e 2023), Prima che tu mi tradisca (Einaudi 2013), Una storia nera (Mondadori 2017) e Questo giorno che incombe (Harper Collins Italia 2021), Cose che non si raccontano (Einaudi 2023). Per il cinema ha scritto, tra le altre, le sceneggiature di Fiore di Claudio Giovannesi, Il campione e Una storia nera (tratto dal suo romanzo omonimo) di Leonardo D’Agostini. Collabora con il «Corriere della Sera». È tradotta in diverse lingue.

A cura di Silvana Meloni

Instagram/silvana.meloni