Da quella prigione




IL CASO MORO

( edizione aggiornata)


Autore: Marco Belpoliti 

Editore: Guanda 

Genere: saggio

Pagine: 144

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Sono trascorsi oltre quarant’anni dall’uccisione di Aldo Moro per mano delle Brigate Rosse, ma la sua immagine nelle polaroid scattate durante la prigionia all’interno del «carcere del popolo» resta impressa nella memoria individuale e collettiva. Quelle due fotografie, più una terza, quella del suo corpo acciambellato nel baule della R4, non sono mai state lette in profondità. L’attenzione si è sempre concentrata sulle vicende oscure del sequestro e della prigionia, sulle lettere e sull’esecuzione del leader democristiano. In questa nuova edizione del libro, che è anche un racconto, Marco Belpoliti analizza l’uso delle immagini compiuto dalle Brigate Rosse durante gli anni di piombo, rilegge le foto di Moro attraverso l’opera di autori come Andy Warhol, Marshall McLuhan, Pier Paolo Pasolini, John Berger, Marco Bellocchio, Ferdinando Scianna, e interpreta quegli scatti come il segno di un cambiamento in corso negli anni Settanta nell’utilizzo del corpo da parte degli uomini politici. Moro appare come l’ultimo esempio del passato, mentre il corpo stava divenendo lo strumento principale della comunicazione politica. Fotografandolo come un re deposto, i brigatisti hanno umanizzato Aldo Moro, così che la sua immagine continua a interrogarci ancora oggi sul potere, sul terrorismo e sull’idea di un’utopia politica realizzata con il sangue.

 Recensione di Silvana Meloni 


Si tratta dell’edizione aggiornata del saggio dallo stesso titolo pubblicato nel 2018. 

“La mia intenzione non è quella di illuminare i segreti del sequestro, di svelare aspetti nascosti, connivenze, complicità, responsabilità più o meno occulte… Il mio intento è diverso e, tutto sommato, più problematico di quello di far luce: procedere a una lettura simbolica delle immagini di Aldo Moro, le polaroid, appunto.”

Dalle parole dello stesso autore apprendiamo dunque la finalità e il contenuto della sua opera e ci inoltriamo nei meandri dell’analisi del senso profondo di quelle foto che, ai tempi del sequestro, ebbero minore attenzione rispetto agli scritti dello statista prigioniero. Iniziamo così un viaggio, trasportati dall’immagine, per interpretare il significato che a quelle polaroid volevano dare i rapitori contro il risultato raggiunto, completamente opposto rispetto alle intenzioni. 

Per le Brigate Rosse l’immagine dello statista prigioniero aveva principalmente un valore pubblicitario, doveva mettere in evidenza il loro attacco riuscito al cuore dello Stato e portare le masse dalla loro parte. Ma le foto di Aldo Moro prigioniero hanno raccontato al popolo italiano una storia ben diversa: hanno mostrato un uomo, non più rappresentante politico, e al mondo è apparsa la brutalità di un atto che aveva perso tutto il suo valore simbolico, mantenendo il valore aggressivo di uno scontro sproporzionato contro un uomo indifeso che chiedeva soltanto di tornare alla sua famiglia. L’ultima immagine, poi, la terza quella del corpo inerme dello statista nella R4, ancora più emblematica dell’enorme errore di valutazione politica nella scelta del rapimento e dell’omicidio, rappresenta la sconfitta delle BR insieme con quella dello Stato: accasciato, come un cumulo di stracci, solo nella morte così come lo era stato nella vita. 

E nella solitudine dello statista che Belpoliti aggancia la dimensione che Bellocchio ha voluto dare dell’affaire Moro nei suoi due film (Buongiorno, notte ed Esterno notte), l’ultimo appena trasmesso dalla RAI come serie televisiva in sei episodi.

Se infatti il primo film ripercorreva gli eventi in una dimensione onirica attraverso l’occhio di una brigatista (si tratta di una libera interpretazione del romanzo autobiografico da lei pubblicato), la rivisitazione degli eventi in Esterno notte ci trasmette un’immagine ucronica che dipinge in maniera paradossale e grottesca i personaggi principali del dramma. Su tutti si erge la figura di Aldo Moro, tratteggiato come un sovrano triste, che persegue con pazienza distaccata un percorso di lungimiranza politica che nessuno intorno a lui comprende, né i compagni di partito, né gli avversari. Non è mai davvero insieme agli altri, è solitario e incompreso anche in famiglia. Emblematica la scena in cui lo si vede cenare in solitudine, in maniera spartana, mentre si prepara due uova al tegamino in cucina.

Un testo non facile questo di Belpoliti, ma di grande interesse per chi abbia piacere, anche dopo aver visto la Serie TV appena trasmessa, di inoltrarsi su un percorso nuovo nella lettura di un evento storico di così grande importanza per il nostro paese

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Marco Belpoliti


Marco Belpoliti, (Reggio Emilia 1954) si laurea presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Bologna nel 1978, discutendo una tesi in Semiotica con Umberto Eco. Saggista e scrittore, insegna Critica letteraria e Letterature e arti visuali presso l’Università di Bergamo, collabora all’Espresso e alla Repubblica ed è condirettore della collana Riga (Marcos y Marcos) e della rivista on line doppiozero.com. Dal 1981 collabora stabilmente alle pagine culturali del quotidiano Il Manifesto, e in particolare all’inserto Alias. Presso Guanda sono usciti: Il tramezzino del dinosauroIl corpo del CapoSenza vergognaPasolini in salsa piccanteLa canottiera di BossiDa quella prigioneL’età dell’estremismoPrimo Levi di fronte e di profilo (vincitore del premio The Bridge 2016), La strategia della farfalla e La prova. Per Einaudi ha pubblicato L’occhio di Calvino e Settanta, oltre ad aver curato varie opere di Primo Levi e l’edizione delle sue opere complete.

A cura di Silvana Meloni

Instagram/silvana.meloni