Di pietra e furore




 Di pietra e furore

Francesca Diotallevi 

Mondadori Electa 2022

Saggio, biografia, pag.189

Sinossi. Di Andrea Mantegna si dice che fosse un piantagrane: litigioso, permaloso, irascibile e prepotente. Un Caravaggio ante litteram, insomma, un uomo che sapeva dare agli altri il meglio ma anche il peggio di sé, sempre e comunque. Solido come la roccia, ambiziosissimo e talentuoso, nonché colto e sempre al passo con le novità culturali del suo tempo, Mantegna fu in vita uno dei pittori più richiesti. Tutti lo vogliono, ma pochi lo sopportano a causa del suo carattere. Dai prodigiosi esordi giovanili al riconosciuto ruolo di artista di corte, fino alla vecchiaia, Francesca Diotallevi tesse la vicenda umana e artistica di un uomo duro come la pietra, pieno di furore, eppure capace di incantare e commuovere profondamente con la propria arte. La storia di un pittore che attraverso le sue invenzioni “difficili e capricciose” ha impresso un segno profondo nella storia dell’arte, divenendo un riferimento per i contemporanei e lasciando dietro di sé un’eredità destinata a durare nei secoli.


Recensione di Salvatore Argiolas


Nella lunga e straordinaria storia di Mantova e della dinastia Gonzaga, ricchissima di uomini illustri, spicca per personalità e bravura un pittore arrivato da Padova dove fece opere notevoli ma che diventò celebre proprio in terra lombarda, Andrea Mantegna.

Quel vero scrigno d’arte che è la città in riva al Mincio ha ospitato numerosi grandi pittori e artisti ma è famosa soprattutto per la “camera picta” chiamata anche “Camera degli Sposi”, una meravigliosa stanza senza pari, affrescata dal Mantegna per il marchese Ludovico III Gonzaga.

Mantegna fu un artista di grandissimo impatto sui suoi contemporanei e cambiò completamente il modo di intendere la pittura mettendo in primo piano la possente corporeità dei personaggi ritratti in un modo che verrà ripreso anche da Michelangelo Buonarroti.

La vita di questo gigante vissuto alla fine del Medioevo è raccontata nel libro di Francesca Diotallevi “Di pietra e furore. Vita e arte di Andrea Mantegna” dove la storia della vita di Mantegna

viene integrata con inserti narrativi in cui l’autrice dà voce e racconta in prima persona emozioni e pensieri dell’artista patavino.

Da anni sopportavo a stento le vessazioni cui Squarcione mi sottoponeva: m’aveva più in antipatia di tutti. E più m’aveva in antipatia, più sfruttava le capacità che, fin dal principio, avevo dimostrato d’avere. Mio padre, ormai un volto sbiadito fra i miei ricordi, mi aveva ceduto a quell’uomo che, con la promessa di istruirmi, si era assicurato i miei servigi a titolo gratuito. I miei sentimenti, al riguardo, erano contrastanti: non c’era giorno che non lo detestassi per avermi abbandonato in quella bottega in cui ero spremuto peggio di un servo” racconta Mantegna rievocando la svolta della sua giovinezza quando entrò nella bottega di Squarcione un “azzeccagarbugli che si vanta di aver formato, nella sua “scuola d’arte”, ben centotrentasette pittori di grandi capacità, sebbene nell’ambiente venga ritenuto nulla più che un mediocre esecutore.”

Con Squarcione, che lo adottò per poterlo sfruttare con più comodità, il giovane Andrea ebbe rapporti tesi e conflittuali ma imparò con facilità un mestiere per cui era molto portato e soprattutto sviluppò una vera fascinazione per le statue e i busti che facevano bella mostra nel laboratorio dove lavorava e che poi utilizzò come standard privilegiato per le figure che dipingerà, contraddistinte proprio come un vero marchio di fabbrica, con la grande fisicità che spicca nel panorama artistico contemporaneo, come si può vedere nel confronto con i dipinti del cognato Giovanni Bellini, più ligio ai canoni dell’epoca.

Francesca Diotallevi traccia con passione l’evoluzione della carriera di Andrea Mantegna con una particolare attenzione alla sua psicologia, originale e difficile da contenere, che lo fece litigare con pontefici e potenti, e mette in evidenza il furore creativo che lo mette in ideale comunicazione con i grandi artisti come Caravaggio, Van Gogh e Leonardo dove il genio e la sregolatezza convivono in un binomio scomodo ma di esplosiva creatività.

La parabola esistenziale di Andrea Mantegna viene esplorata in tutti le sue tappe, mostrando anche le splendide immagini dei quadri e delle opere che nel tempo divennero tanto conosciute quanto seminali definendo e plasmando le sensibilità e i canoni iconologici degli amanti dell’arte.

Il suo dipinto più straordinario è quello che fece per sé e che fu trovato alla sua morte nel suo laboratorio “Cristo morto”.

Nel dipingere quel corpo, lo ammetto, non avevo alcun interesse a inseguire la perfezione: non è un esercizio di tecnica, né uno sfoggio di abilità. No, quel dipinto è un viaggio nell’abisso. “

Questo quadro, uno dei vertici della creatività umana, racchiude in sé tutto il dolore del mondo e mostra in modo plastico la tecnica e la poetica di Andrea Mantegna e lo conferma come uno dei più dotati pittori in assoluto con la grandissima attenzione ai minimi particolari, dove tutto contribuisce alla creazione di un quadro, un universo di emozioni e di dolore che non ha eguali.

Scrive Francesca Diotallevi:

Di fronte al Cristo morto ogni difesa viene meno: è una lama che scava nella carne, uno strazio tanto penetrante quanto persistente. Se uno degli scopi dell’arte è quello di cantare il dolore del mondo, riplasmando l’irreparabile e il tragico, la tela di Mantegna assolve pienamente questo compito. Per farlo, Andrea utilizza l’errore come catalizzatore di un dramma che, altrimenti, sfumerebbe nella correttezza delle proporzioni.”
e chiunque abbia visto, dal vivo o da qualsiasi riproduzione non potrebbe obiettare niente.

In questo quadro, dipinto solo per se, per ricordare, superare ed elaborare il lutto per il figlioletto morto, c’è una concentrazione, un tessuto emozionale di straordinaria potenza che stupisce e sconcerta da più di seicento anni ed è diventato tanto famoso da aver ispirato foro come quelle della morte di Ernesto Guevara che pare proprio una copia del capolavoro del Mantegna.

Il “Cristo morto” è un costante paradigma iconologico che ipnotizza e che rende umano il divino e divino l’uomo, mettendo come comun minimo denominatore il dolore e tutto il cammino terreno di Andrea Mantegna sarebbe stato grandemente valorizzato da questo capolavoro custodito nella Pinacoteca di Brera a Milano ma nella sua vita il pastorello di Isola di Carturo ebbe occasione di creare tante meraviglie che pochi pittori possono vantare e l’ottimo saggio romanzato di

Francesca Diotallevi ha il grande merito di far conoscere nelle sue complesse vicissitudini, da giovane pastore a grande artista, passando per tanti anni da allievo maltrattato, con tutti i contrasti che ebbe per far trionfare la purezza dell’arte non dimenticando anche la sacrosanta ricerca della ricchezza.

Artista di eccezionale talento, Andrea Mantegna è stato un innovatore ispiratore di tanti colleghi che hanno, implicitamente o chiaramente, assimilato la sua lezione e si può azzardare il pensiero che se avesse continuato a fare il pastore l’arte avrebbe percorso una strada molto diversa e forse molto meno coinvolgente e attraente.

Di pietra e furore” è un libro che già nel titolo propone gli schemi interpretativi di un uomo che ha fatto la storia, talmente importante e fenomenale, malgrado i suoi difetti caratteriali che il marchese Ludovico Gonzaga scrisse ad un querelante

Havemo più cara una sola ponta della scarpa di Andrea che mille poltroni come lui”

e questo meritorio libro di Francesca Diotallevi ne rende alla perfezione la sua caleidoscopica personalità, strappando Andrea Mantegna dalla schematicità libri di storia dell’arte presentandolo in tutto lo spettro delle sue esperienze, rivelando un uomo dominato da passioni violente e mutevoli, oltre che da umori eccentrici se non addirittura irrazionali, visto che si lamenta col marchese anche di chi gli ruba le mele dal giardino, ma pienamente rappresentative di questo moderno Apelle, come viene chiamato nella cappella funeraria all’interno della basilica di Sant’Andrea a Mantova, (“tu che vedi le sembianze di bronzo del Mantegna, saprai che questi è pari, se non superiore ad Apelle”).

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Francesca Diotallevi


(Milano 1985), laureata in Scienze dei Beni Culturali, è autrice di romanzi. Tra i suoi libri ricordiamo Le stanze buie (Ugo Mursia Editore 2013), Amedeo, je t’aime (Mondadori Electa 2015), Dentro soffia il vento (Neri Pozza 2016), e il racconto pubblicato in e- book Le Grand Diable, prequel di Dentro soffia il vento. Nel 2018 ha pubblicato, sempre con Neri Pozza, Dai tuoi occhi solamente.