Dossier Afghanistan





Recensione di Cristina Bruno


Autore: Craig Whitlock

Editore: Newton Compton

Traduzione: Marta Lanfranco e Anna De Vito

Genere: saggistica storica

Pagine: 352

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Un racconto su come tre presidenti degli Stati Uniti e i loro capi militari abbiano ingannato il mondo per venti lunghi anni per giustificare un conflitto infinito costato oltre 2300 miliardi di dollari e 241.000 morti. Proprio come I Pentagon Papers hanno cambiato la comprensione del pubblico del Vietnam, gli Afghanistan Papers riportati nel libro contengono rivelazioni sorprendenti di persone che hanno avuto un ruolo diretto nella guerra, dai leader della Casa Bianca e del Pentagono ai soldati e agli operatori umanitari in prima linea. Il resoconto si basa su interviste con più di 1000 persone che sapevano che il governo degli Stati Uniti stava presentando una versione distorta, e talvolta interamente inventata dei fatti. Craig Whitlock, reporter del «Washington Post» e tre volte finalista al Premio Pulitzer, mostra che il presidente Bush non conosceva il nome del suo comandante in Afghanistan e non aveva alcun interesse a incontrarlo. Il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld ha ammesso di non avere «nessuna idea su chi fossero i cattivi».

Recensione

Gli Stati Uniti e i loro alleati non erano in grado di concordare se stessero effettivamente combattendo una guerra in Afghanistan, se fossero impegnati in un’operazione di mantenimento della pace, se stessero conducendo una missione di addestramento o se stessero facendo qualcos’altro.”

Questa è una delle più significative frasi del libro e forse quella che meglio si presta a riassumerne il senso. I documenti pubblici e le testimonianze riportate dall’autore servono a descrivere un preciso quadro della lunga permanenza di USA e NATO in Afghanistan.

Quella che era iniziata come una ricerca dei terroristi che avevano organizzato l’attentato delle Torri Gemelle è diventata a poco a poco un pantano mediatico e bellico. Gli USA che avevano assicurato di non voler ripetere la loro catastrofica esperienza nel Vietnam e nemmeno di ricalcare quella altrettanto fallimentare dell’URSS proprio in Afghanistan, si sono trovati nel classico cul-de-sac e hanno ripetuto tutti gli errori dei loro predecessori.

Il p grande errore è stato quello, secondo l’autore, di non avere avuto una precisa strategia. Benché cambiassero le amministrazioni e i Presidenti negli USA, la linea politico-militare è nata ed è rimasta confusa fino all’epilogo. Dopo l’uccisione dei principali capi del movimento terrorista gli USA hanno avuto la presunzione, come l’URSS in precedenza, di creare un governo locale sotto il loro controllo.

Non hanno però tenuto conto della tradizione del paese, della sua estrema frammentazione e di tutti gli attori in gioco. I capi tribù, spesso collusi con i trafficanti di oppio, si accordavano con chi assicurava loro maggior convenienza o facevano il doppio gioco. Gli USA si sono così trovati invischiati in una realtà che non conoscevano, in un territorio impervio e per quanto investissero, ad anni alterni, risorse e uomini, non riuscivano a venire a capo della situazione.

Quello che mancava inoltre era l’idea di chi fosse iil nemico. La frase che ricorre spesso nel libro è

Chi erano i cattivi?” Erano i talebani? Erano i signori della guerra? Era il popolo afghano? Uno nessuno e centomila verrebbe da rispondere. Gli USA si alleavano ora con gli uni ora con gli altri senza nessuna logica se non quella di una precaria affermazione della loro influenza. E così l’autore ci racconta come i talebani fossero stati armati dagli USA per contrastare l’URSS negli anni ’80 per poi diventare il nemico nella prima decade del 2000.

E altrettanto i signori della guerra, i capi fazione delle diverse tribù, ora venivano riforniti di armi ignorando il loro comportamento fuori dalle regole democratiche e civili, e ora venivano combattuti. I primi a essere confusi dalla situazione erano proprio le forze armate, semplici militari e comandanti, che non sapevano più chi o cosa dovevano combattere e soprattutto perché. E tutto questo mentre i vertici USA e NATO hanno distorto per anni la verità raccontando all’opinione pubblica dati falsi o almeno non del tutto veritieri.

Una spesa immane, migliaia di vittime anche tra i civili, e alla fine cosa è stato ottenuto?

Un disastro annunciato che già da anni era stato denunciato da molti studiosi inascoltati, tra i quali ricordo Giulietto Chiesa…

 

A cura di Cristina Bruno

https://www.cristinabruno.it/

Craig Whitlock


è un giornalista investigativo del «Washington Post». Si è occupato della guerra globale al terrorismo dal 2001 come corrispondente estero e specialista della sicurezza nazionale. Nel 2019 ha vinto il George Polk Award for Military Reporting, lo Scripps Howard Award for Investigative Reporting, l’Investigative Reporters and Editors Freedom of Information Award e il Robert F. Kennedy Journalism Award per la copertura giornalistica sulla guerra in Afghanistan. Tre volte finalista al Premio Pulitzer, vive a Silver Spring, nel Maryland.

 

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