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Recensione di Kate Ducci


Autore: Stephen King

Traduttore: L. Briasco

Editore: Sperling & Kupfer

Genere: Thriller

Pagine: 194

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. Scott Carey sta percorrendo senza fretta il tratto di strada che lo separa dal suo appuntamento. Si è lasciato alle spalle la casa di Castle Rock, troppo grande e solitaria da quando la moglie se n’è andata, se non fosse per Bill, il gattone pigro che gli tiene compagnia. Non ha fretta, Scott, perché quello che deve raccontare al dottor Bob, amico di una vita, è davvero molto strano e ha paura che il vecchio medico lo prenda per matto. Infatti Scott sta perdendo peso, lo dice la bilancia, ma il suo aspetto non è cambiato di una virgola. Come se la forza di gravità stesse progressivamente dissolvendosi nel suo corpo. Eppure, nonostante la preoccupazione, Scott si sente felice, come non era da molto tempo, tanto euforico da provare a rimettere le cose a posto, a Castle Rock. Tanto, da provare a riaffermare il potere della parola sull’ottusità del pregiudizio. Tanto, da voler dimostrare che l’amicizia è sempre a portata di mano. In questo racconto, che è anche un omaggio ai suoi maestri, King si prende la libertà, più che legittima, di dare una possibile risposta alle tristi derive del nostro tempo.

RECENSIONE


Un racconto lungo che parla di solitudine e amicizia, che incanta e commuove, al punto da relegare la trama in secondo piano, per dare più spazio alle emozioni.

Scott è un uomo solo, che d’improvviso si trova afflitto da una condizione che non trova spiegazioni in natura e che lo porta a perdere peso corporeo giorno dopo giorno, mentre il suo aspetto resta immutato.

Eppure, proprio nel momento in cui la sua esistenza sta sfumando, aggiungendo connotati ancora più drammatici alla sua solitudine, Scott si sente vivo più che mai.

Stringe amicizia, difende i più deboli, condivide un segreto per non subirne da solo il peso.

Scott esiste, a riprova del fatto che sono gli affetti a renderci reali, che possiamo essere pesanti o trasparenti a seconda dell’importanza che gli altri danno alla nostra presenza.

Con una prosa perfetta, King ci regala un racconto delicato, dal finale sospeso e con un messaggio di fondo che viene voglia di tenersi stretti: se mettiamo le radici nel cuore di qualcuno, saremo vivi per sempre, anche mentre ci volatilizziamo, anche mentre perdiamo consistenza.

Unica pecca: il prezzo. Nonostante ne valga sempre la pena quando l’autore è Stephen King, un racconto di questa lunghezza dovrebbe costare qualche euro in meno.

Qualche nota in più:

I lettori di King conoscono bene il suo amore per i gatti e per le lunghe camminate pomeridiane, che pratica ogni giorno mentre riflette sugli sviluppi del libro che sta scrivendo.

Questo racconto dedica spazio a entrambe le passioni: Bill, il gatto di Scott, gli tiene compagnia durante i lunghi momenti di solitudine e sarà il suo ultimo pensiero prima di andarsene; grazie al problema che lo affligge, Scott scopre il piacere della corsa e dell’attività fisica, che gli regala una sensazione mai provata prima, lo fa sentire sveglio e produttivo, così come accade al Re durante le lunghe passeggiate solitarie a cui dobbiamo molti dei suoi capolavori.

Stephen King


Stephen Edwin King (Portland, 21 settembre 1947) è uno scrittore e sceneggiatore statunitense, uno dei più celebri autori di letteratura fantastica, in particolare horror, del XX e XXI secolo. Scrittore prolifico, nel corso della sua carriera, iniziata nel 1974 con Carrie, ha pubblicato oltre ottanta opere, anche con lo pseudonimo di Richard Bachman fra romanzi e antologie di racconti, entrate regolarmente nella classifica dei best seller, vendendo complessivamente più di 500 milioni di copie. Buona parte dei suoi racconti ha avuto trasposizioni cinematografiche o televisive, anche per mano di autori importanti quali Stanley Kubrick, John Carpenter, Brian De Palma, J. J. Abrams, David Cronenberg, Rob Reiner, Lawrence Kasdan, Frank Darabont, Taylor Hackford e George A. Romero. Pochi autori letterari, a parte William Shakespeare, Agatha Christie e Arthur Conan Doyle, hanno ottenuto un numero paragonabile di adattamenti. A lungo sottostimato dalla critica letteraria, tanto da essere definito in maniera dispregiativa su Time “maestro della prosa post-alfabetizzata”, a partire dagli anni novanta è iniziata una progressiva rivalutazione nei suoi confronti. Grazie al suo enorme successo popolare e per la straordinaria capacità di raccontare l’infanzia nei propri romanzi è stato paragonato a Charles Dickens, paragone che lui stesso, nella prefazione a ‘Il miglio verde’, pubblicato a puntate nello stile di Dickens, ha sostenuto essere più adeguato per autori come John Irving o Salman Rushdie.