Fame d’aria




 Fame d’aria

di Daniele Mencarelli

Mondadori 2023

Narrativa, pag.180

Sinossi. Tra colline di pietra bianca, tornanti, e paesi arroccati, Pietro Borzacchi sta viaggiando con il figlio Jacopo. D’un tratto la frizione della sua vecchia Golf lo abbandona, nel momento peggiore: di venerdì pomeriggio, in mezzo al nulla. Per fortuna padre e figlio incontrano Oliviero, un meccanico alla guida del suo carro attrezzi che accetta di scortarli fino al paese più vicino, Sant’Anna del Sannio. Quando Jacopo scende dall’auto è evidente che qualcosa in lui non va: lo sguardo vuoto, il passo dondolante, la mano sinistra che continua a sfregare la gamba dei pantaloni, avanti e indietro. In attesa che Oliviero ripari l’auto, padre e figlio trovano ospitalità da Agata, proprietaria di un bar che una volta era anche pensione, è proprio in una delle vecchie stanze che si sistemano. Sant’Anna del Sannio, poche centinaia di anime, è un paese bellissimo in cui il tempo sembra essersi fermato, senza futuro apparente, come tanti piccoli centri della provincia italiana. Ad aiutare Agata nel bar c’è Gaia, il cui sorriso è perfetta sintesi del suo nome. Sarà proprio lei, Gaia, a infrangere con la sua spontaneità ogni apparenza. Perché Pietro è un uomo che vive all’inferno. “I genitori dei figli sani non sanno niente, non sanno che la normalità è una lotteria, e la malattia di un figlio, tanto più se hai un solo reddito, diventa una maledizione.” Ma la povertà non è la cosa peggiore. Pietro lotta ogni giorno contro un nemico che si porta all’altezza del cuore. Il disamore. Per tutto. Un disamore che sfocia spesso in una rabbia nera, cieca. Il dolore di Pietro, però, si troverà di fronte qualcosa di nuovo e inaspettato. Agata, Gaia e Oliviero sono l’umanità che ancora resiste, fatta il più delle volte di un eroismo semplice quanto inconsapevole..


Recensione di Paola Iannelli

Scrivere di disabilità non è mai semplice, se la prospettiva di osservazione parte da chi assiste una persona affetta da deficit. Evidenziare le oggettive difficoltà vissute da chi è privato della propria libertà, è forse oggi non ben accetto, prendersi cura del prossimo è un dovere morale, ma può trasformarsi in altro. Quando le ombre del disagio psicologico sfiorano gli interni del proprio Io, allora bisogna fare i conti con ciò che noi chiamiamo: autonomia.

Mencarelli apre uno squarcio su chi deve affrontare la presenza di un figlio ammalato, parliamo di grave autismo. L’interpretazione del padre copre un ruolo non difficile da immagine in certe situazioni, l’uomo si accompagna al figlio disabile lamentandone ogni difficoltà, da quella motoria a quella cognitiva. Gli ha addirittura affibbiato un soprannome “lo Sgrondo”, paragonando il figlio a un personaggio televisivo degli anni ottanta, interpretato da un attore romano, il quale prendeva in giro, con forte accento romanesco, il marcio della televisione nazionale.

Jacopo. Il figlio, vive attraverso quella maschera che il padre Pietro gli ha dato, senza esserne disturbato, ma vivendo il presente chiuso nella bolla perpetua che lo rende unico e solo. 

Il viaggio verso un luogo che lega Pietro a sua moglie, nel festeggiamento del loro anniversario di matrimonio, è al centro della scoperta di sé. L’uomo è costretto a sostare in un paesino di montagna, causa un guasto della vecchia utilitaria, e riprende le fila di una riflessione interiore, dove gli spiriti del passato ritornano per ricordargli chi era e chi è.

Pietro si lascia incantare dall’invitante possibilità di riciclare la sua vita, spera di rimettersi in gioco, vuole abbandonare tutto, fuggire, ha per l’appunto fame d’aria. Scopre un lato lugubre della sua anima, è ossessionato dall’idea di far morire quel figlio disgraziato.

S’illude di potere ricominciare persino in campo amoroso, rivolgendo alla giovane ostessa un accenno di complicità amicale, ma sarà proprio Jacopo a tendere una mano a suo padre. La semplicità e la genuinità dei suoi sentimenti non lo tradiranno, precorrendo quel rivolo di sano amore che solo un essere pulito sa donare. Pietro troverà negli occhi di suo figlio le certezze che aveva perso, un filo conduttore ormai usurato dal tempo sarà sostituito da una fune spessa, forte, stabile, come la consapevolezza che esiste sempre un domani nonostante tutto. 

Un monologo interiore che arpeggia tra le ambientazioni di questo romanzo che poteva trasformarsi in un noir, e che invece è complice della narrazione diretta a sollevare un problema social emolto profondo e diffuso.

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Daniele Mencarelli


Daniele Mencarelli nasce a Roma, nel 1974. Le sue poesie sono apparse su numerose riviste letterarie e in diverse antologie tra cui L’opera comune (Atelier) e I cercatori d’oro (clanDestino). Le sue raccolte principali sono: I giorni condivisi, (clanDestino, 2001), Guardia alta (La Vita felice, 2005). Con nottetempo ha pubblicato Bambino Gesù (vincitore del premio Città di Atri, finalista ai premi Luzi, Brancati, Montano, Frascati, Ceppo) nel 2010 e Figlio nel 2013. Sempre nel 2013 è uscito La Croce è una via, Edizioni della Meridiana, poesie sulla passione di Cristo. Il testo è stato rappresentato da Radio Vaticana per il Venerdì Santo del 2013. Nel 2015, per il festival PordenoneLegge con Lietocolle, è uscita Storia d’amore. Del 2018 è il suo primo romanzo La casa degli sguardi, Mondadori (premio Volponi, premio Severino Cesari opera prima, premio John Fante opera prima), nel 2020 esce sempre per Mondadori, Tutto chiede salvezza, nel 2021 Sempre tornare (candidato al Premio Europeo della Letteratura 2022) e nel 2023 Fame d’aria. Collabora scrivendo di cultura e società con quotidiani e riviste.

A cura di Paola Iannelli

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