Filio non è a casa




Sinossi. In un’isola remota e dalla natura insolita uomini e donne vivono separati, ma i primi esercitano il loro dominio sulle seconde con la violenza. Tutti però sono sottomessi alle regole infami di un proprietario senza nome che risiede sulla terraferma. In questa realtà è cresciuta Filio, insieme alla nonna Helena e al giovane Uri: le tre voci alle quali Berta Bojetu affida il racconto di un inquietante altrove dominato dall’istinto di sopravvivenza e da sentimenti che non vanno oltre la paura, l’odio e il sospetto nei confronti del prossimo. Un’opera di sconvolgente crudezza in cui i protagonisti cercano di reagire alla progettata distruzione della loro individualità con forza vitale e creativa.

 FILIO NON È A CASA

di Berta Bojetu

Voland 2023


Patrizia Roveggi ( Traduttore )

narrativa, pag.288


Filio non è a casa

A cura di Marina Toniolo


 Recensione di Marina Toniolo

Osservai il mare davanti a me, poi riandai al lontano passato e pensai a quanto fossimo soli, tutti noi che eravamo vissuti in entrambe le città. Sul continente avevo sentito dire che negli ultimi anni la gente scappava spesso da qui e nessuno sapeva perché. Mi presi la testa tra le mani e piansi. Non lo facevo da molto tempo. Era successo in barca, la notte della fuga. Avevo pianto per la paura, l’impotenza e il terrore che non sarei arrivata da nessuna parte”.

Filio non è a casa’ è un’opera prima imprescindibile della poetessa Bojetu in cui la lirica usata nei suoi versi viene rimodellata per l’uso in prosa con effetto dirompente. Il linguaggio crudo, senza mezzi termini, eppure lieve come una piuma si stende sopra il lettore con un effetto coperta che provoca sentimenti contrastanti. Da un lato l’accettazione di ciò che si legge, dall’altro la consapevolezza di trovarsi in un mondo totalmente ostile e terrificante che produce incredulità e repulsione. 

Essendo un romanzo distopico, non c’è alcuna connotazione né temporale né di luogo: è universale. Fulcro delle vicende è un’isola lontana dalla terraferma in cui gli abitanti vengono costantemente divisi dal volere capriccioso di un padrone sulla terraferma.

Gli uomini nella Città bassa, le donne nella Città alta. Ogni contatto affettivo è interrotto, ogni tentativo di amicizia e solidarietà crudelmente osteggiato dal Guardiano e dalle sue alacri sottoposte.

Diviso nelle tre voci narranti, ‘Filio non è a casa’ racconta del ritorno della ragazza per accudire la nonna morente; lei che è pittrice e ritrae donne immensamente infelici che si tramutano in uccelli spicca nuovamente il volo verso l’isola lasciata anni prima.

Solo con la maturità acquisita sul continente è capace di confrontarsi con vecchie conoscenze e prendere il controllo. La seconda voce narrante è della nonna di Filio, Helena Brass, scampata ad un naufragio e accolta con riluttanza dalla comunità isolata. Helena, donna indipendente fino a poco prima, decide di restare per amore del Guardiano con cui inizia una relazione fatta di incontri notturni e sguardi fugaci sul sagrato della Chiesa. Con lei ci sono la figlia e un ragazzo di nome Uri che salva dal naufragio e accoglie con sé. La parte dedicata proprio al ragazzo ha uno stile molto particolare: narrato all’inizio in terza persona da un osservatore e che racconta della sua crescita, passa improvvisamente alla prima persona verso il finale.

Avevo paura, ma di che cosa? Non riuscivo a identificare la causa. Non era chiara, ma la paura non passava. Portava con sé la memoria di un’angoscia che si andava rinnovando, che mi era nota e che ora stavo reiterando”.

Romanzo che esplora le dinamiche di potere in ogni possibile campo, privando le persone di dignità e di qualsiasi altro sentimento che li identifichi come esseri umani meritevoli da dare e ricevere amore. L’isola dove risiedono, l’abbigliamento codificato, i luoghi proibiti dove giocare o svolgere le attività, i rapporti interpersonali sono elementi che condizionano l’intera esistenza, dalla nascita alla morte.

L’arrivo della straniera Helena, con i cambiamenti che lei stessa richiede pur volendo restare sull’isola, scatena la rabbia delle altre donne per la sovversione a cui devono assistere.  Il potere è forte quando gli individui vi si assoggettano e le dinamiche descritte illustrano gli scambi tra donne-donne, uomini-uomini, donne-uomini, adulti-anziani.

La sessualità è prepotente, dura, uno stupro legalizzato. Non dimentichiamo che la Bojetu visse tra due guerre e la più recente, quella dei Balcani, ha fatto storia per le barbarie perpetrate. Helena è la figura centrale che ama e cresce la nipote e Uri e i due giovani avranno la forza di allontanarsi e di non soccombere alla grigia monotonia delle due città è alla violenza onnipresente.

Filio intuisce che la nonna ha ben seminato nella sua esistenza. Prova ne è quando porta la bara al cimitero. Un atto che solo la ragazza poteva mettere in scena e che suscita un sentimento comunitario nelle altre donne che si presentano per un ultimo omaggio. Profondo il significato di donne che, seppur divise, riescono comunque ad avvicinarsi l’una alle altre per una sorellanza fatta di parole scambiate sottovoce o semplice presenza.

Ammirevole il lavoro svolto dalla traduttrice Patrizia Raveggi che, con estrema sensibilità, riesce a farmi entrare in quest’opera spiazzante e moralmente disturbante. Ogni frase, ogni parola è calibrata e capace di produrre immagini visive ad alta densità.

Consigliato? Certo che sì: i temi trattati sono molteplici e al di là della visibile sofferenza la speranza soffia sempre come la Bora sull’Isola.

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Berta Bojetu


È nata nel 1946 in una famiglia di Maribor da madre Berta Oberčkal e padre Manuel Boeta Rafanello, originari di Barcellona. Il cognome Bojetu nasce a causa dell’errata ortografia del cognome Boeta al momento della nascita di Berta, quando suo padre era già scomparso. Dopo aver terminato il liceo a Maribor, ha studiato studi slavi alla Facoltà di scienze della formazione di Lubiana, ha insegnato per diversi anni e successivamente si è iscritta a recitazione presso l’Accademia di teatro, regia, cinema e televisione (AGRFT). A diciannove anni sposò Viktorj Trbovšek e diede alla luce una figlia, Apolonia Bojeta. Nel 1973 si risposò con Zmag Jelinčič, dal quale nello stesso anno ebbe il figlio Klemno Jelinčič Boet. Ha suonato per quindici anni al Teatro delle marionette di Lubiana ed è stata una delle fondatrici e attrici di Koreodrama, dove nel 1984 è stato presentato per la prima volta il suo dramma poetico ‘Conversazione nella casa di Karlstein’. Quattro anni dopo fu pubblicata come raccolta di poesie l’opera teatrale ‘Parole dalla casa Karlstein’. Nel 1995 ha scritto e messo in scena l’opera teatrale per bambini ‘Andiamo dalla nonna – Osama’, e nello stesso anno Nova Revija ha pubblicato un breve lavoro indipendente in prosa, ‘Šira’, che è tematicamente correlato all’intera opera dell’autrice. Ha recitato anche nella commedia ‘De Profundis’ e nei film ‘Trespass’ (1980), ‘Love’ (1984), ‘Rams and Mammoths’ (1985), ‘Wind in the Net’ (1989) e ‘When I Close My Eyes’ (1993). Dal 1976 pubblica poesie su Dialogi, Tribuna e Mentor, e successivamente su Literatura e Nova revija. Seguirono le raccolte di poesie indipendenti ‘Žabon’ (1979) e ‘Parole dalla casa Karlstein’ (1988). Ha poi pubblicato i romanzi ‘Filio ni doma’(1990) e ‘Ptičja hiša’ (1995), scritti in un linguaggio poeticamente elevato e riccamente simbolico. Tra il 1992 e il 1993 ha vissuto in Israele, precisamente a Gerusalemme. Dopo la sua morte, suo figlio Klemen consegnò 600 dei suoi libri all’ambasciata slovena a Tel Aviv.La poesia in entrambe le raccolte di poesie è principalmente legata all’amore e all’erotismo. La sua creazione artistica è correlata in termini di contenuto, motivo, tema e stile, poiché entrambe le raccolte di poesie contengono motivi come uccelli, casa, sessualità, soldati, ragazzo, violenza, potere, che utilizza anche nei suoi romanzi. Intreccia la tradizione biblica in entrambi i generi con motivi di esilio, oggetti religiosi biblici e festività. In entrambe le opere in prosa viene trasferito il discorso poetico delle raccolte ‘Žabon’ e ‘Besede za Karlstein’, in cui si mostra l’elaborazione linguistica e il ricco discorso simbolico. Anche le questioni dei due romanzi sono simili, poiché l’attenzione è rivolta alle donne, alle questioni relative alle emozioni, all’amore, alla sofferenza e alla disperazione. Nel maggio 2002 si è svolto a Maribor il primo simposio internazionale su Berta Bojeta Boeta. Nel 2005 è stata pubblicata una raccolta degli atti del simposio, a cura di Katja Sturm Schnabl.

A cura di Marina Toniolo 

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